Un abbraccio verso la città

by Claudia

È nata da poco la nuova sede della Fondazione Bethlehem presso la ristrutturata Masseria di Cornaredo, aperta a chiunque. «Anche a Natale, con un pensiero alle persone sole» spiega Fra Martino

«It don’t matter if you’re black or white», o per i non anglofoni: non importa che tu sia nero o bianco. Con queste parole Michael Jackson nel 1991 diffondeva un messaggio chiaro e diretto; non importa la carnagione della pelle, né l’etnia che ci contraddistingue, non ci sono caratteristiche umane che possano farci sentire giudicati più o meno rispetto agli altri. Non ci possono e devono essere barriere mentali, tantomeno fisiche.

Ed è proprio sull’abbattimento delle barriere che si basa tutto il grande progetto della Masseria di Lugano fortemente voluto da Fra Martino e dalla Fondazione Francesco che la gestisce. Ce lo spiega proprio il religioso che abbiamo incontrato nella struttura inaugurata lo scorso ottobre: «La Masseria è come due braccia allargate verso la città, non possiamo mettere dei cancelli o delle siepi divisorie. Anche sul piano architettonico abbiamo deciso di puntare sull’apertura; non ci sono barriere o separazioni».

La Masseria nasce a Cornaredo dall’esigenza di trovare una sede più stabile per il Centro sociale Bethlehem che per dieci anni si trovava nella casetta gialla, dall’altra parte della collina, ospite della sezione giovanile dell’hockey club Lugano che metteva a disposizione la struttura durante il giorno. La nuova dimora della fondazione, dopo un’impegnativa ristrutturazione, presenta ora una mensa, uno spazio all’aperto dove interagire, una sala multiuso, degli spazi adibiti per il riposo, una lavanderia e un angolo docce. Oltre a questi servizi, sarà attiva dal 1. gennaio una locanda con alloggi turistici, e ci sarebbe anche l’idea di un’enoteca posta nella sala dell’antico torchio. Parte dello spazio è poi riservato all’amministrazione e alla Fondazione (che gestisce anche Casa Martini a Locarno).

Dal 2010 sono passate tante persone alla mensa di fra Martino, prima della pandemia erano in prevalenza non residenti mentre ora la tendenza si è invertita, la maggioranza degli ospiti sono residenti e cittadini svizzeri o con permesso di soggiorno. Qualche anno fa coloro che frequentavano la mensa sociale erano giovani-adulti, ora la fascia più numerosa è quella tra i 45 e i 60 anni e sono in aumento i pensionati. La missione invece è sempre quella di aiutare «le persone che vivono situazioni di difficoltà, sostenendole nell’acquisire nuova fiducia in sé stessi. L’inclusione sociale è a tutti gli effetti l’obiettivo primario su cui cerchiamo di puntare, partendo da risposte a problemi molto concreti dei nostri ospiti come possono esserlo l’alimentazione, la cura dell’igiene personale, l’orientamento sociale di base, o anche semplicemente l’ascolto». È, infatti, un aspetto che emerge di continuo, osserva fra Martino, quello della necessità di potersi esprimere senza sentirsi giudicati o incasellati o peggio etichettati. Per questo motivo fin dalla sua fondazione la mensa sociale si avvale non solo dell’aiuto di tanti volontari ma anche del lavoro di personale qualificato con formazione specifica.

Mentre insieme a fra Martino passiamo dal cortile, tre signori di una certa età si fermano per chiedere indicazioni: «È questa la mensa per i poveri?». Il frate a quel punto tiene a puntualizzare che «è una mensa sociale». In un secondo momento precisa che la fondazione è «uno spazio fruibile per l’intera popolazione, una struttura generalista aperta a tutti e senza particolari formalità». La mensa sociale è sia un luogo dove si può consumare un pasto, a un prezzo quasi simbolico, sia un posto dove si può avere un’interazione sociale con gli altri, sentirsi meno soli e accolti in una comunità che si rispetta. Non è un tema nuovo quello della solitudine: «Ci sono ospiti che frequentano il Centro Bethlehem e la mensa non per questioni finanziarie, ma per solitudine, è un fenomeno relativamente nuovo e in aumento a seguito della pandemia e delle misure restrittive che vi sono state», racconta fra Martino.

Tra una chiacchierata e l’altra è ora di mangiare e ci dirigiamo verso la sala da pranzo, passando per l’entrata esterna. Un gruppo di persone (personale qualificato e volontari) ci accoglie e con un grande sorriso chiede se vogliamo fermarci per gustare il menù del giorno: spezzatino di manzo, verdure miste, purè di patate e insalata. Ci sediamo al tavolo accanto ad altri due signori, entrambi con una storia da raccontare. Il primo proviene dallo Sri Lanka, si è trasferito in Ticino nella metà degli anni Ottanta, il secondo, invece, è ucraino, di Odessa. L’espressione triste di quell’uomo cattura la nostra attenzione; visibilmente commosso dialoga con l’ospite di fronte a lui, raccontandogli con un italiano ineccepibile il conflitto vissuto sulla propria pelle. È proprio in quel momento che le parole di fra Martino si fanno vivide e concrete.

Una volta usciti, osserviamo la striscia di prato che presto darà vita a un rigoglioso orto, utile sia per produrre alimenti freschi sia per coinvolgere ospiti e gruppi esterni in attività che «creino occasioni di socializzazione e che facciano sentire le persone partecipi e in qualche modo a casa loro».

Prima di lasciarci la domanda è spontanea: «A chi penso in questo Natale che arriva? Soprattutto a quelle persone che per vari motivi se ne resteranno sole a casa in un giorno che, indipendentemente dalle convinzioni religiose di ognuno, dovrebbe essere di convivialità». A poche settimane dall’apertura ufficiale della «sua» masseria, fra Martino Dotta non si smentisce. Il suo pensiero sta sempre dalla parte di chi fa fatica o vive situazioni di disagio e/o emarginazione anche in una città ricca, Lugano, di un Paese ricco come la Svizzera. «E infatti, per il Natale in arrivo, prevediamo di rinnovare – ma questa volta nel nuovo contesto della Masseria – il consueto pranzo di Natale gratuito organizzato assieme al Gruppo Amici del Grott Mobil. Sarà aperto a chiunque abbia voglia di festeggiare la ricorrenza in modo diverso». Non soltanto le persone indigenti o in difficoltà, quindi. «No, chi vuole venire sarà il benvenuto». Bisognerà però iscriversi (telefonando allo 091 605 30 40 o scrivendo all’indirizzo email cb@fondazionefrancesco.ch) perché i posti a sedere previsti sono un’ottantina. «Se la meteo sarà favorevole come negli scorsi Natali, però, prevediamo delle panche e dei tavoli aggiuntivi anche all’esterno; staremo a vedere».

Al di là della festa, ci spiega il religioso, «questo, per noi della Fondazione Francesco, è stato un anno davvero importante. Essere riusciti a portare a termine questo progetto secondo i programmi e rispettando i preventivi è stato il risultato più significativo, ovviamente. Poi, appena possibile, ci dedicheremo alle nuove iniziative che ci eravamo prefissi: momenti di animazione nel pomeriggio coinvolgendo i nostri ospiti e persone esterne. Significa giochi di società o atelier di piccoli lavori manuali e musica. Stiamo cercando di creare una rete di collaborazione coinvolgendo enti come l’Associazione di quartiere di Cornaredo e l’Associazione genitori di Porza».

ABBONAMENTI
INSERZIONI PUBBLICITARIE
REDAZIONE
IMPRESSUM
UGC
INFORMAZIONI LEGALI

MIGROS TICINO
MIGROS
SCUOLA CLUB
PERCENTO CULTURALE
MIGROS TICINO
ACTIV FITNESS TICINO