Il cuore batte a mille. Pulsa come un martello. Quando ci si spinge al limite, e anche oltre, ogni muscolo del proprio corpo è reattivo, l’adrenalina scorre a fiotti nelle vene. Sensazioni, queste, con cui Fabio Guglielmini ha imparato a convivere. Anzi, rappresentano una sorta di pane quotidiano per il giovane ventinovenne che ha fatto della costante ricerca dei suoi limiti personali una sorta di credo.
Sciatore? Bodybuilder? Strongman? Sì e no. In lui c’è sicuramente un po’, o parecchio, di tutto questo. Ma egli non si identifica con nessuna delle tre discipline. «Sono conosciuto come una “figura sportiva” e non solo, ma non ho una disciplina particolare in merito. O, meglio, ho quella di inseguire un sogno, e questo sogno si chiama record», tiene a chiarire come preambolo della chiacchierata.
Per raccontare la vita di Guglielmini in seimila caratteri e spiccioli occorre fare un non indifferente esercizio di sintesi. La sua è una costante sfida nella sfida, alla ricerca dell’apice della prestazione. «Voglio un primato, un record del mondo, di quelli che entrano di diritto nel Guinness dei primati, per intenderci. Ne ho uno in attesa di certificazione, ma finché non sarà nero su bianco non voglio rivelare di cosa si tratta. La concorrenza, in questo campo, è parecchia».
Ci sono sostanzialmente due vie per ottenere un riconoscimento: una direttissima costosa, una con «corsia preferenziale», pure onerosa, e quella «fai da te», senza grosse spese ma per questo più lunga da percorrere. Lui ha scelto quest’ultima, anche perché, appunto, Fabio Guglielmini è sempre in evoluzione e alla ricerca di collaborazioni aziendali. Fabio è un ragazzo che si è costruito da sé. Arrivato dalle favelas brasiliane, passando poi dalle piste da sci, dalle palestre come pure dalla piscina.
Entrare nel Guinness dei primati per la prima volta, a ogni buon conto, per lui sarebbe solo il punto d’inizio, «il passo più importante da fare del percorso, oltre che il più complicato. Poi la via sarebbe un po’ più in discesa: potenzialmente potrei realizzare un’altra trentina di primati, di nuovi o battendone altri». In cosa di preciso? «È relativo. Perché alla fine dei conti non è la disciplina che fa il campione, ma la mentalità. Ci vuole tanta organizzazione, studio, pianificazione e disciplina, oltre che, ovviamente, il fisico e l’animo. Per questo ogni cosa nella mia vita è scandita come fosse un cronometro, divisa tra il lavoro e la preparazione, fisica e mentale». La determinazione non gli manca, forgiata anche da un’infanzia segnata dalla strada, quella delle favelas brasiliane e dall’orfanotrofio, dove ha vissuto prima di arrivare in Ticino.
Poi le piste da sci, sulle quali è arrivato da giovanissimo, seguendo la scia di famiglia (e in particolare del papà, allora membro dei quadri tecnici di Swiss Ski) e facendosi notare sin dalle prime gare. Facendo leva sulla sua doppia nazionalità, svizzera e brasiliana, ha optato per difendere i colori della nazionale sudamericana sulle piste. «Con tutti i limiti che questa scelta comporta, visto che, logicamente, in Brasile lo sci non è propriamente uno sport nazionale, anzi, ne consegue che per competere a un certo livello devi fare affidamento quasi esclusivamente sulle tue risorse, anche finanziarie».
Fabio però non è il tipo da arrendersi alla prima difficoltà, per nulla. Anzi, è proprio quel genere di persona che di fronte a un ostacolo, per insormontabile che possa apparire, cerca la soluzione che gli permetta di superarlo. «Questa è la mia filosofia di vita. Nello sport per eccellere occorrono sì le qualità, su questo non ci piove, ma non è tutto e, anzi, direi che non è la componente fondamentale per il successo. Per arrivarci è necessaria anche la mentalità giusta, quella “fame” e allo stesso tempo quella resilienza necessarie a scalare le montagne». Questo ragazzo, dopo aver lasciato le piste da sci («Ma non è che lo sci sia un capitolo chiuso: quella è una porta che resta sempre socchiusa per me. Dopotutto è anche grazie allo sci che ho forgiato la base dello sportivo che sono diventato ora») è approdato in palestra. Ma non per fare la «semplice» muscolatura in vista della successiva stagione bianca: per plasmare la sua corazza.
Qui entra in scena lo strongman, disciplina molto spettacolare nata come arte circense. «Lo strongman mi ha sempre appassionato, sin da piccolo. Appena avevo la possibilità guardavo quei marcantoni sollevare ogni tipo di peso, trascinare una macchina piuttosto che la carlinga di un piccolo aereo. Sì, quella, mi sono detto, è una disciplina che voglio provare e grazie a Francesco Gioia e al suo Bunker 48 ho potuto conseguire il certificato di allenatore».
Detto e fatto, quasi fosse come bere un bicchier d’acqua per un ragazzo che energia (e forza) pare averne da vendere. «Mi sono dedicato anima e corpo alla cura del mio fisico, della mia forza. Ore e ore passate in palestra a sollevare bilancieri, o a correre (spesso e volentieri di notte, sembra un paradosso, ma sono un tipo schivo, non mi piace la “folla”), oppure ancora a nuotare in piscina, zavorrato con un giubbotto di 15 kg (cosa che ovviamente non manca di suscitare l’attenzione degli altri bagnanti). Un po’ in Ticino e un po’ in Italia, perché non è facile da noi trovare le strutture adatte e le persone predisposte per questo genere di sport».
L’incontro con Francesco Gioia gli ha permesso di certificarsi e identificarsi in una disciplina funzionale, segnando una svolta nella sua evoluzione. «Mi sono allenato nella sua palestra seguendo il corso per diventare istruttore strongman, il primo e sinora unico in Svizzera». E questo, se si vuole, è già un primato che nessuno gli può togliere. Ma Fabio Guglielmini non si vuole certo fermare qui. La sua determinazione è quella di un ragazzo che vuole e può arrivare al successo del riscatto in diversi ambiti e, soprattutto, il suo è un fisico che quando si trova davanti a una montagna, se non riesce a scalarla, gli permette di sollevarla per lasciarsela alle spalle.
Non resta dunque altro da fare che chiudere questa chiacchierata, prima di lasciarlo tornare al lavoro con gli allenamenti (e una speciale maschera per accentuare lo sforzo, per non farsi mancare niente), con un augurio, quasi scontato… preso a prestito da George Lucas e Guerre Stellari: «Che la forza sia con te…».