La Svizzera, una democrazia completa?

by Claudia

Uno sguardo a Democrazia e libertà, l’ultimo libro scritto dall’ex consigliere nazionale Adriano Cavadini

Stando al Democracy Index 2022 dell’Economist Intelligence Unit, quella Svizzera è una democrazia completa. In una graduatoria che mette a confronto la salute democratica di 165 Paesi, il nostro è al settimo posto, dietro a Norvegia (primo posto), Nuova Zelanda, Islanda, Svezia, Finlandia e Danimarca.

Tra le democrazie imperfette c’è anche l’Italia, al 34. posto (nel Belpaese il cittadino vota i nomi sulle liste ma sono le segreterie di partito a scegliere i loro rappresentanti in Parlamento). Gli Usa sono al 30. posto. Ma troviamo anche Israele, Portogallo, Belgio e numerosi altri Paesi europei. Il dato è tanto più rallegrante se si considera che i sistemi democratici nel mondo non se la passano troppo bene. Il 75% della popolazione mondiale vive in Paesi che non appoggiano la linea delle democrazie occidentali. Lo dimostra il formarsi del cosiddetto Sud globale che ruota attorno all’estensione dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) e ad altri sei Paesi tra cui Arabia Saudita e Iran. Nazioni che per cultura, religione e sistemi politici sono in definitiva contrari alla civiltà occidentale. Preoccupa che all’inizio del secolo scorso i Paesi con Governo democratico erano molti di più. Il modello occidentale non è più attrattivo, le democrazie sono in ritirata. Anche nella qualità del loro funzionamento interno. Chi avrebbe immaginato che un presidente americano, battuto alle elezioni, avrebbe spronato i suoi sostenitori a occupare la sede del Congresso?

Ma davvero possiamo considerarci un modello da seguire? Nell’immaginario collettivo la nostra è una democrazia che funziona molto bene anche perché il Paese è prospero e la stabilità ci viene invidiata nel mondo. Stando agli indicatori della graduatoria, la Svizzera se la passa egregiamente: indice della corruzione, libertà di stampa, libertà economica, competitività, capacità di innovare, sicurezza e diritti delle donne. Queste e altre considerazioni sono contenute nel libro di Adriano Cavadini Democrazia e libertà, edito da Fontana Edizioni, in cui troviamo riflessioni e testimonianze di autori, politici, intellettuali, studiosi che danno risposte a domande quanto mai attuali: che cosa significa democrazia oggi? Perché senza libertà non c’è democrazia? Quali sono i principi del liberalismo? C’è un futuro per la democrazia? Perché la neutralità è in discussione? L’opera tratta esaurientemente tutte le tematiche della scienza politica in chiave divulgativa, con una parte storica. Non mancano riflessioni teoriche e filosofiche e raffronti con le altre forme di governo.

Analizzando il nostro sistema istituzionale e il funzionamento della democrazia in Svizzera ai vari livelli, federale, cantonale e comunale, troviamo aspetti che suscitano qualche interrogativo. Perché tanta lentezza nel prendere decisioni? Perché la nostra democrazia di concordanza, modello unico al mondo, non riesce a risolvere il problema dei continui aumenti dei premi di cassa malati? Perché la disaffezione alle urne e l’ascesa di movimenti populisti? Una lucida radiografia ci viene offerta da Adriano Cavadini il quale classificando la nostra come una democrazia forte e in continua evoluzione, ricorda che il cittadino svizzero ha un privilegio unico al mondo: poter votare ed esprimere la propria opinione sui grandi soggetti dell’attualità. E i rischi? Per Cavadini la nostra democrazia incontra delle difficoltà quando prendono il sopravvento movimenti populisti, o quando nascono incomprensioni tra le regioni linguistiche del Paese. Altri cambiamenti ci aspettano, aggiunge pensando al futuro Cavadini – già in Consiglio nazionale dal 1987 al 1999 – come il voto elettronico coi suoi rischi, la crescente diffusione di notizie false, per cui sarà sempre più arduo riconoscere quelle vere, le opportunità e i rischi dell’intelligenza artificiale eccetera. Il rischio è che prevalga un’insidiosa indifferenza per la politica e le istituzioni.

Cavadini si chiede se ci sia un futuro per la democrazia. E cede la parola a Marina Masoni – «Senza libertà non c’è democrazia» – e a Franco Zambelloni sui «Principi del liberalismo». Fulvio Pelli, già consigliere nazionale e presidente del PLR svizzero, si esprime sul funzionamento della democrazia e sul ruolo dei partiti: le formule da noi adottate per eleggere i Governi, quello federale e quelli cantonali, generano composizioni di persone che rappresentano una parte importante delle forze politiche, senza però vederle coalizzate, e che divengono inevitabilmente governi che, davanti ai Parlamenti e alle decisioni popolari risultano «deboli». Non dispongono di maggioranze certe che devono costruire di volta in volta con compromessi accettabili per più Partiti, sostenuti da un probabile consenso popolare. Tendono poi a governare per tolleranza reciproca tra i loro membri, a vantaggio di un dipartimentalismo che si esprime secondo la regola del non disturbarsi a vicenda.

Malgrado l’evoluzione descritta, aggiunge Pelli, nel confronto internazionale la politica svizzera è abbastanza stabile e i partiti che ne determinano lo sviluppo (non senza sofferenze) sono sopravvissuti a un’evoluzione che in Europa ne ha fatti sparire molti. E propone un confronto con Francia e Italia, dove i partiti storici sono scomparsi, sostituiti da forze politiche spesso improvvisate, nate dalla protesta e prive di una visione politica sorretta da convinzioni culturalmente rilevanti.

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