Reportage - Uno spaccato ipogeo della città partenopea con le affascinanti escursioni tra lunghi cunicoli, reperti archeologici, grandi cisterne, catacombe millenarie, rifugi antiaerei e le grandiose «stazioni d’arte» della metropolitana
È quasi inimmaginabile quanta storia stratificata possa nascondersi nel sottosuolo, dove continua a vivere anche solo per farsi ammirare dai turisti una realtà tutta da scoprire. Parliamo di quanto sta al di sotto delle strade e dei quartieri, che ha preso forma nei lunghi secoli della storia di Napoli, a partire dai Greci. Nelle viscere dei suoi rioni centrali si trovano infatti quaranta chilometri di gallerie scavate dall’uomo di cui però solo un decimo sono accessibili al pubblico. Noi cominciamo da tre itinerari ben definiti e fruibili solamente con l’accompagnamento di guide preparate.
Inoltriamoci dunque nel ventre della metropoli che ci riserva gradite escursioni, specialmente quando fa un caldo insopportabile, o troppo freddo; è, infatti, molto piacevole scendere a grande profondità sotto il livello del suolo perché la temperatura è costante attorno ai 20°C o anche meno.
La «Napoli Sotterranea»
L’itinerario denominato «Napoli Sotterranea» che parte da Piazza San Gaetano 68 (Basilica di San Paolo Maggiore, centro storico) è quello più attempato e maggiormente frequentato, dura poco più di un’ora e permette di conoscere le vicende millenarie della città. L’ingresso si trova proprio sotto la scritta omonima scolpita sulla traversa dell’entrata e accompagnata da una figura apotropaica (mascherone) che, secondo la superstizione locale, ha la funzione di tenere lontani gli spiriti malvagi dalle gallerie sotterranee.
In gruppo scendiamo i 136 scalini e a 40 m dalla superficie ci fermiamo davanti a una grande nicchia allestita a cava. Sotto la città troviamo soprattutto una pietra d’origine lavica chiamata tufo giallo napoletano, un ottimo materiale edile, di buona consistenza e facile da lavorare. La guida ci spiega che prima di tutto furono i Greci, attorno al V-IV secolo a.C., a scavare dei pozzi per estrarre i blocchi di pietra che servirono a costruire ai bordi del mare un nuovo insediamento chiamato Neapolis, dal greco Neá polis cioè Nuova città.
Asportato il tufo, rimanevano molte cavità ipogee e i cunicoli di collegamento che i Romani trasformarono in rete idrica con grosse cisterne d’acqua potabile alimentate dal Serino, un fiume a 70 km di distanza. Questa fonte sotterranea rimase in funzione per molti secoli, ampliandosi fino all’Ottocento, con un bel po’ di pozzi pubblici e privati che permettevano di attingere acqua fresca direttamente dai palazzi e alimentare le fontane dei rioni in espansione.
Ci fermiamo nel bel mezzo di un’enorme cisterna e con il naso all’insù scorgiamo le bocche dei pozzi rischiarate dalla luce del cielo. La guida ci narra dell’avventuroso mestiere di pozzaro (il munaciello) che teneva puliti vasche e condotti arrampicandosi su per i cunicoli verticali grazie e dei fori nelle pareti tuttora ben visibili. L’acquedotto fu ampliato nel periodo borbonico (1734-1861) in modo che tutti gli abitanti avessero acqua potabile a portata di mano.
Stringendo un po’ le spalle, passiamo in fila indiana attraverso un cunicolo molto stretto e buio (tutti subito con la luce dei cellulari accesa) e arriviamo a una cisterna con acqua limpida sopra la quale si apre un pozzo; si tratta di una raccolta d’acqua a scopo dimostrativo perché l’approvvigionamento idrico di Napoli da parecchio tempo non si serve più dell’antico acquedotto. L’ambiente che percorriamo è molto umido tant’è che in una postazione hanno piazzato un orticello illuminato da lampade a dimostrazione che si possono coltivare piante senza l’uso d’acqua, solo con l’umidità; un esperimento in corso d’opera.
Ci fermiamo poi davanti a una cancellata dove scorgiamo un piccolo carro armato e resti militari a testimoniare che durante la Seconda guerra mondiale queste gallerie sono state trasformate in rifugi anti aerei e hanno salvato i napoletani dai pesanti bombardamenti degli Alleati, tranne in un caso che fece 72 vittime per una bomba penetrata dall’apertura di un pozzo.
Usciamo ora all’aperto, ma l’itinerario di «Napoli Sotterranea» non è concluso perché la guida ci porta a vedere i resti dell’antico Teatro Romano oggi inglobati in un’abitazione. Entriamo e ci lasciamo sorprendere da un letto a scomparsa che libera una botola, la apriamo e scendiamo una rampa di scale per vedere ciò che rimane del manufatto romano risalente al I-II secolo d.C. Cava per tufo, cisterne per acqua potabile, rifugio antiaereo e adesso itinerario per turisti, insomma, un sotterraneo polivalente e un’ora al fresco per 2500 anni di storia della città.
Il percorso Laes
Molto simile, il secondo percorso, quello offerto dalla Libera associazione escursionisti sottosuolo che parte da Vico Sant’Anna di Palazzo 52 e poi sbuca in via Chiaia. Anch’esso dura un’ora e comincia da una lunga scala a chiocciola che scende a circa 40 m sotto le stradine dei Quartieri Spagnoli.
La Galleria Borbonica
Non lontano da Piazza Plebiscito, in Vico del Grottone 4, troviamo l’entrata del terzo itinerario di esplorazione della città sotterranea, la Galleria Borbonica. Questa è di gran lunga più recente dei cunicoli descritti sopra perché venne promossa da Ferdinando II di Borbone, che regnò su Napoli dal 1830 al 1859, come via di fuga dal Palazzo Reale verso Piazza della Vittoria che si trova vicino al mare. L’escursione guidata dura un’ora e un quarto e comprende alcune tappe che permettono alla guida di spiegare l’evoluzione del cunicolo che, in fase di esecuzione, s’intersecò con l’acquedotto ancora in uso.
Dopo l’Unità d’Italia (1861), queste cavità furono abbandonate e riempite di detriti. Durante la guerra furono trasformate in ricovero temporaneo dei napoletani rimasti senza casa a causa dei bombardamenti (c’era anche la sala parto) e poi, fino al 1970, la Galleria Borbonica fu usata come deposito giudiziale comunale, ecco perché lungo il percorso troviamo carcasse d’auto d’epoca e il cimitero delle moto arrugginite, tutti veicoli sequestrati dalla polizia locale per infrazioni varie.
Neapolis sotterrata
Una mattina ci spostiamo nel nucleo storico carico di stradine caratteristiche e arriviamo al maestoso Complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore con la splendida Basilica, il chiostro, la Sala capitolare e il refettorio. Qui ci preme però segnalare l’area archeologica che si trova sotto la chiesa con i resti della città romana (cardo e decumano). Scendiamo quindi una rampa di scale e ci troviamo immersi in un caratteristico criptoportico con le volte a botte. Su un lato poco distante, tutte in fila, le aperture delle varie botteghe (tintoria, forno, lavanderia…) di duemila anni fa a testimonianza che i mestieri di una volta ci sono ancora adesso.
Catacombe di San Gennaro
Prendiamo ora in considerazione altri luoghi della Napoli nascosta sotto la coltre terrestre, come lo sono le catacombe dell’antico rione Sanità, un tempo luogo privilegiato per l’inumazione dei corpi perché era al di fuori dell’area urbana. Ci sono quelle di San Gaudioso nel sottosuolo della Basilica di Santa Maria della Sanità che abbiamo visitato, ma vi parliamo di quelle più grandi dette di San Gennaro in via Capodimonte 13, la cui visita è sempre accompagnata da ragazzi della Cooperativa La Paranza, una bella iniziativa per valorizzare i beni culturali di Napoli partita nel 2006, promossa da giovani del quartiere che intendono lavorare nella legalità e con successo, vista l’evoluzione dei visitatori nei due complessi sepolcrali da loro gestiti. Ci sono sempre un sacco di turisti italiani e stranieri, tanto che è necessario prenotare giorno e ora per entrare in comodità. Aspettiamo il nostro turno al bar della struttura e all’ora stabilita arriva la nostra guida.
Il sostantivo catacombe viene dal greco catá cùmbas, ossia «presso le grotte» sotterranee, ecco perché scendiamo anche qui un bel po’ di gradini per imboccare l’ingresso. Queste cavità – ci spiega la ragazza – sono state scavate come cimitero dei pagani e dei primi cristiani attorno al II-III secolo d.C. e usate per tanti secoli. Siamo nel bel mezzo del regno dei morti, l’ambiente è stato ripulito dai giovani della cooperativa che hanno pure tracciato un percorso con queste tappe esplicative: i vari tipi di sepoltura (tombe a terra, loculi a parete, arcosoli per famiglie), gli ampliamenti a opera dei fossori (scavatori di tufo) sia in verticalità, con due livelli visitabili, sia in orizzontalità con circa 6mila mq, gli affreschi per decorare le tombe dei più abbienti, l’iconografia cristiana, la Basilica e la cripta dei vescovi.
Arriviamo poi al centro della cittadella sotterranea dove troviamo la tomba di San Gennaro (di lì il nome delle catacombe, lui morì martire il 19 settembre del 305), cioè il luogo dove dimoravano i suoi resti mortali prima che venissero traslati nel duomo di Napoli.
Al livello inferiore vediamo anche un battistero dell’VIII secolo, la lunga galleria con ambulacri, loculi e cripte, la Basilica di Sant’Agrippino e la Basilica di San Gennaro fuori le mura (VI sec. d.C.). In conclusione, possiamo certamente asserire che la passeggiata di un’ora nella necropoli del protettore di Napoli è stata una bella lezione di storia antica, un momento di pace fuori dal caos di superficie e pure un memento mori per tutti noi.