Opera ◆ La tragedia lirica di Bellini protagonista al Luzerner Theater fino a febbraio
Bellini compone la tragedia lirica in due atti I Capuleti e i Montecchi in poco più di un mese, come spesso gli capitava di fare, tanto da dover riciclare, modificandoli, motivi di opere precedenti; in questo caso, Zaira. L’opera era poi andata in scena per la prima volta con enorme successo a Venezia nel 1830, grazie anche ad un cast eccezionale, tra cui la famosa Giuditta Grisi nel ruolo di Romeo. Se già alla fine di quel secolo ci si era però poi praticamente dimenticati de I Capuleti e i Montecchi, negli ultimi anni del nostro l’opera ha incominciato a godere di ampio interesse. Per fortuna, ci sentiamo di dire, ed è possibile rendersi conto di come questo lavoro di Bellini sia un vero e proprio gioiello anche grazie alla nuova produzione in cartellone al Luzerner Theater con la direzione musicale affidata alla bacchetta di Jonathan Bloxham.
Si tratta di una realizzazione in forma di semiconcerto (semikonzertant la definiscono qui) di Christine Cyris, ma si dovrebbe piuttosto parlare di semi allestimento. Senza scenografia a parte qualche accessorio, per intenderci, ma con una sobria e così accurata guida delle dramatis personae che tutto è fuorché minimalismo registico. Un semi allestimento senza perciò nulla da invidiare alle rappresentazioni complete di scene, che finiscono a volte (non sempre, ovviamente) per banalizzare musica e testo. Librettista di quest’opera di Bellini è Felice Romani, il quale aveva riadattato un libretto che aveva scritto nel 1825 per Giulietta e Romeo di Nicola Vaccai.
Della tragedia di Shakespeare non vi è molto, in questi Capuleti e i Montecchi, in quanto il libretto si concentra sulla parte conclusiva, eliminando quasi interamente lotte, risse e, soprattutto, quell’apice di drammaturgia che è la morte di Mercuzio. Anzi, Mercuzio proprio non c’è, e i personaggi sono soltanto cinque. Jonathan Bloxham alla testa della Luzerner Sinfonieorchester riesce a trasmettere tutta la bellezza di una formidabile partitura che alterna qualche momento di alta tensione a lunghissimi flussi melodici. Il Maestro britannico dirige perfettamente calibrato, ma anche con polso ove necessario, senza tuttavia mai sottolineare eccessivamente le sonorità più intense e, soprattutto, sempre in ossequio a quella che è la struttura belcantistica squisitamente belliniana. Il cast canoro, dunque sempre in sintonia con l’orchestra, è stellare; vi campeggia Solenn Lavanant Linke che con grinta dà vita ad un Romeo brioso, dinamico e coinvolgente. Con appagante espressività e, soprattutto, sempre cogliendo i tempi, il colore e il ritmo più appropriati per ogni situazione, il mezzosoprano francese interpreta magnificamente il suo non facile ruolo sin dalla cavatina «Se Romeo t’uccise un figlio». Nel tratteggio del personaggio di Giulietta (nella foto), le è accanto il soprano inglese Elizabeth Bailey che affronta la parte con una vocalità ben modulata e timbrata, con un buon fraseggio e muovendosi senza problemi anche in zona acuta. Entrambe le cantanti fanno di ogni abbellimento vocale uno strumento espressivo e drammatico che non si limita a momenti di virtuosismo fini a se stessi; giustamente e anche secondo le intenzioni del compositore, per il quale non conta soltanto l’eleganza della melodia ma anche le emozioni dei personaggi.
Il pubblico ha accolto la nuova produzione con gratitudine e entusiasmo
Per quanto riguarda le parti maschili, ci è piaciuto Daniel Jenz nei panni di Tebaldo. Il tenore dimostra eloquentemente di saper agire con naturalezza in questo repertorio, esibendo una voce importante e un buon fraseggio. Ottima anche la prestazione dei due bassi, Christian Tschelebliew nei panni arcigni ma non troppo di Capellio, padre di Giulietta, e Vladyslav Tlushch in quelli di Lorenzo (qui medico e confidente di Giulietta), nonché quella del l’Opernchor Luzerner Theater preparato da Manuel Bethe. Gli abiti che i cantanti indossano sono creati da Ulrike Schneiderer, neri e sui toni del grigio per gli uomini, bianco per Giulietta, contrasto ancor più evidenziato dall’efficace Light Design di Ivo Schnider. Resta ancora da dire, anzi da ribadire, che grazie alla già citata guida degli interpreti e, ovviamente, alla verve drammatica di questi, anche una realizzazione senza scene può risultare, come in questo caso al Luzerner Theater, molto suggestiva e di grande impatto.
Il pubblico ha accolto la nuova produzione con gratitudine e entusiasmo. Le repliche de I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini si protrarranno ancora sino a febbraio 2024.