Un dialogo aperto vicendevole e trilaterale

by Claudia

Malattie cardiovascolari - La connessione fra cuore, mente e psiche influenza in modo determinante la nostra salute

Secondo i dati dell’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp), le malattie cardiovascolari sono la causa di morte più frequente in Svizzera, così come nel resto del mondo: «Nel nostro Paese sono responsabili di più di 20mila decessi all’anno, pari a circa un terzo del totale». Dobbiamo innanzitutto soffermarci sul concetto di «malattie cardiovascolari»: nella sua accezione più generica, si riferisce a quelle malattie che interessano cuore e sistema circolatorio. Ma secondo la Classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati (International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems) dell’Organizzazione mondiale della sanità, il ventaglio delle patologie che le compone è ben più ampio.

Oltre alle malattie cardiovascolari note come ipertensione, cardiopatie ischemiche e via dicendo, comprende anche le patologie cerebrovascolari (del sistema vascolare del cervello) come l’ictus ischemico (infarto cerebrale) e l’ictus emorragico (emorragia all’interno del cervello). Questa premessa per sottolineare la stretta interconnessione fra cuore e cervello, pure suggellata dalla Fondazione svizzera di cardiologia che, a questo scopo, nel 2020 ha lanciato una campagna nazionale per aiutare a riconoscere i sintomi di un ictus (www.ictuscerebrale.ch) e permettere in tal modo di agire tempestivamente per salvare delle vite.

Sono ormai lontani i tempi in cui Cartesio separava drasticamente corpo e cervello: le neuroscienze hanno percorso parecchia strada dagli anni Novanta, quando il neurologo Antonio Damasio confutava questa separazione, affermando nel suo libro L’errore di Cartesio che «è come se noi fossimo posseduti da una passione per la ragione: un impulso che ha origine nel nucleo del cervello, permea gli altri livelli del sistema nervoso, ed emerge sotto forma di sentimenti (…)». Così sdoganava il legame fra ragione e sentimento, fra psiche, cervello e corpo.

«La correlazione cuore-cervello esiste: anatomica e funzionale, e l’influenza fra questi due organi è enorme», esordisce il professor Sebastiano Marra, cardiologo torinese che mette «correlazione» fra virgolette, «su quello che può essere un accordo perfetto tra i due organi che non possono non funzionare in sintonia». Il cuore è una pompa che fornisce ossigeno al cervello, e il cervello ha assolutamente bisogno di quell’ossigeno perché eventuali carenze («per ostruzioni, per emorragie vascolari») non sono tollerate che per pochissimi minuti: «Quindi il rischio di danni grandi, gravi e permanenti è molto alto».

Marra aggiunge che il cervello «non è solo tessuto. È portatore meraviglioso di un patrimonio che ci permette di essere qui, consapevoli e coscienti: la psiche, ovvero la capacità intellettiva». Cuore e cervello connessi, insieme alla psiche che, a sua volta: «Ha una forte capacità nell’influenzare la funzione del cuore e dell’apparato cardiovascolare». Tutto ciò non è stato scoperto ieri, spiega il collega neurologo Riccardo Torta: «Il reciproco condizionamento è stato definito per la prima volta nel 1628 dal medico inglese William Harvey, il primo a descrivere accuratamente il sistema circolatorio umano e le proprietà del sangue pompato dal cuore in tutto il corpo. Egli intese pure come gli aspetti emozionali fossero in grado di danneggiare cuore e circolazione».

I due specialisti concordano sulla grande intuizione di Harvey: «La medicina avanza per intuizioni, prima ancora di avere verifiche che, peraltro, sono giunte molto dopo, negli anni Cinquanta, quando Hans Selye definì come «Sindrome generale di adattamento» quella risposta che l’organismo mette in atto quando è soggetto agli effetti prolungati di diversi stimoli stressogeni». Dunque: il dialogo aperto fra cuore, psiche e cervello è vicendevole e trilaterale. Per quanto attiene l’influenza del cuore sul cervello, il professor Marra ricorda la responsabilità dell’ipertensione che: «Può influenzare la struttura delle arterie, comprese quelle del cervello; può avanzare con l’età, quindi aumenta il rischio di un evento cardiovascolare, così come aumenta il rischio di un evento cerebrale importante».

Oltre all’ipertensione: «Anche il Foramen ovale pervio (ndr: foro aperto fra cuore destro e sinistro che, generalmente, causa un aumento della pressione nel ventricolo destro e, di conseguenza, una mescolanza tra sangue venoso e sangue arterioso in grado di causare ictus ed embolie), fumo, colesterolo, sovrappeso e obesità, fibrillazione atriale, insieme a fattori genetici, sono “tanta roba” che ci danneggia e può creare problemi sull’asse cuore-cervello».

A sua volta, anche la psiche può danneggiare il cuore: «Alcuni elementi come ansia e depressione possono attivare dei precisi fattori fisiopatologici, quindi non è solo un discorso “mentale”: da anni si osserva un’alta incidenza di depressione tra soggetti cardiopatici per vari motivi, ma c’è da dire che la depressione è diventata un fattore di rischio autonomo indipendente ed è un dato di fatto che i pazienti depressi hanno un rischio da due a quattro volte superiore rispetto ai non depressi di sviluppare una cardiopatia ischemica o un danno vascolare».

Tutto è così collegato che è facile immaginare anche l’esistenza di «una depressione del sistema immunitario che, a sua volta, può portare gradualmente allo sviluppo di una malattia cardiovascolare cronica». Il quadro si chiude: «Altre problematiche del sistema nervoso autonomo alterato possono innescare una tendenza alla tachicardia, tendenza alla regolazione della frequenza cardiaca e tendenza ipertensiva».

Il professor Paolo Cerrato pure neurologo, fa a sua volta un punto della situazione sulle malattie che colpiscono il cervello, annoverando quelle neurodegenerative: «In realtà non sono naturali: una volta si viveva 40 anni e non c’erano malattie cardiovascolari, né quelle neurovegetative. Si moriva di un sacco di altre cose, di denutrizione o malattie infettive». Oggi bisogna fare i conti anche con Alzheimer e Morbo di Parkinson: «La popolazione invecchia e le malattie cerebrovascolari acquisiscono un peso epidemiologico sempre più importante».

Prevenzione è la parola d’ordine, oltre che la via adeguata da seguire: «I fattori di rischio agiscono nell’ombra, si influenzano a vicenda, spesso non danno sintomi. Ipertensione, diabete, colesterolo sono abbinabili; chi è in sovrappeso fa poca attività fisica (ndr: un toccasana per la prevenzione della salute), più facilmente avrà diabete, più facilmente fumerà. Prevenire è meglio che curare, ma come fare?».

Anche sulle raccomandazioni i medici concordano ad attribuire al medico di famiglia la regia principale: «Perché conosce il paziente e le sue abitudini di vita. Non fumare, praticare attività fisica e sportiva, sono pratiche che agiscono su peso e pressione: 30 minuti a passo sostenuto ogni giorno, in luogo salubre. Limitare alcol, correggere l’alimentazione con più frutta, verdura fresca, limitare sale nella dieta. E controllare pressione, glicemia e valori del sangue». Raccomandazioni certamente note a tutti, ma che vanno messe scrupolosamente in pratica.

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