Beat Jans deve riuscire a ridare forza e capacità d’azione al Dipartimento di giustizia e polizia, uscito malconcio dalla gestione di Elisabeth Baume-Schneider. I dossier più caldi che lo attendono: asilo e immigrazione specie d’origine europea
E ora son due i batteristi in Consiglio federale. Dopo Albert Rösti, in carica ormai da un anno, anche il neo-eletto Beat Jans si diletta con la batteria, strumento che suona da quando aveva 10 anni. Entrato in Governo da un mese soltanto, il ministro basilese ha davanti a sé uno spartito politico tutto da scrivere, e da buon percussionista dovrà riuscire a trovare il ritmo giusto per poter affrontare le tante sfide che assediano il Dipartimento che è chiamato a dirigere, quello di giustizia e polizia. Il primo problema sta proprio nella nomea di questo Dipartimento, che da qualche tempo a questa parte viene visto come una sorta di «angolo del castigo», da cui scappare il prima possibile. Non per nulla negli ultimi vent’anni sono stati ben sei i ministri che si sono succeduti in quella carica.
Nessun altro Dipartimento ha conosciuto una rotazione così frequente del proprio numero uno, segno appunto che al momento la reputazione di «Giustizia e polizia» non è un granché. La ragione principale di questa scarsa considerazione è da ricercare nel tipo di problemi che questo settore deve affrontare, primi fra tutti l’asilo e l’immigrazione. Temi sui quali si rischia di finire facilmente nel mirino delle critiche, anche feroci, in arrivo in particolare dall’UDC, partito che attorno a questi argomenti ha costruito il suo successo e che in questi ultimi 20 anni solo in un’occasione – con Christoph Blocher in persona – ha assunto la guida di quel Dipartimento.
Per Jans si tratta ora di riuscire a ridare forza e capacità d’azione a questo settore, uscito un po’ malconcio dalla gestione di Elisabeth Baume-Schneider. Non per nulla la ministra giurassiana appena ha potuto è andata ad accasarsi altrove, ora è agli Interni dopo aver trascorso solo un anno in veste di ministra di giustizia e polizia. Beat Jans si è così ritrovato tra le mani l’unico Dipartimento rimasto libero. «Giustizia e polizia» sembra così essere scivolato all’ultimo rango, superato anche dal Dipartimento della difesa, storicamente il meno gettonato del nostro Governo. In questi ultimi anni, sotto la guida di Viola Amherd, la sua reputazione sta tuttavia riprendendo quota, anche perché le contingenze internazionali hanno riportato il tema della sicurezza militare al centro delle preoccupazioni e anche degli investimenti finanziari.
Al di là di queste vicende va detto che in queste sue prime settimane in Consiglio federale Beat Jans è stato subito catapultato in prima linea. «Un inizio in salita», ha fatto notare lo stesso neo-Consigliere federale. Come ogni anno in gennaio quasi tutti i ministri del nostro Governo si trasferiscono per diversi giorni a Davos, per partecipare al Forum economico mondiale. Una vetrina internazionale che, al di là delle foto di rito e delle strette di mano, permette anche di affrontare alcuni temi concreti. Per lui, da discutere c’erano soprattutto questioni legate all’asilo, in particolare il futuro dei profughi ucraini che in Svizzera usufruiscono ancora dello statuto di protezione «S» e la questione degli accordi di riammissione dei richiedenti che non ottengono asilo nel nostro Paese, tema affrontato a Davos in particolare con il ministro degli Esteri iracheno, Faud Hussein. Da notare che il Consiglio federale ha finora sottoscritto ben 66 accordi di questo tipo, nessun altro Paese europeo dispone di un numero così alto di intese sul tema della riammissione. Sul settore dell’asilo pende comunque la spada di Damocle dei risparmi.
Proprio mercoledì scorso il Governo ha adottato una serie di decisioni per arginare il deficit di bilancio, con un disavanzo previsto di due miliardi e mezzo di franchi, a partire dal 2025. E l’asilo sarà uno dei settori in cui si prevede di ridurre i fondi a disposizione. In primavera se ne saprà di più, ma in ogni caso Beat Jans rischia di dover ridurre le spese per la gestione dei profughi in arrivo nel nostro Paese. Oltre all’asilo, l’altro grande ambito d’azione del neo-ministro è quello dell’immigrazione, in particolare quella d’origine europea. Tema politicamente scottante, che ha direttamente a che vedere con l’accordo sulla libera circolazione delle persone, e più in generale con il dialogo in corso per rilanciare le relazioni bilaterali tra Svizzera e Unione europea. Un nodo che per il neo-ministro va sciolto al più presto; a suo dire il nostro Paese ha più che mai bisogno di relazioni stabili con l’Ue. E lui, da basilese, sa di cosa parla, viste le tante interconnessioni del suo Cantone d’origine e le regioni circostanti d’oltre frontiera, in Germania e in Francia. E qui val la pena sottolineare che Jans, da ministro di Giustizia e polizia, avrà un ruolo particolare. Spetta a lui partecipare in nome del nostro Paese alle riunioni dei ministri degli interni dei Paesi membri dell’Unione europea.
Un vertice di questo tipo si è tenuto proprio la settimana scorsa a Bruxelles, ed è stato il primo che ha visto anche la presenza del ministro basilese. La Svizzera fa parte dello Spazio Schengen e Dublino, che gestisce asilo, immigrazione e lotta alla criminalità, e pertanto può partecipare a queste riunioni ministeriali europee. In questa veste Jans rappresenta una sorta di avamposto svizzero nei meccanismi decisionali dell’Unione, nessun altro consigliere federale prende parte a vertici europei di questo tipo, nei propri settori di competenza. Tornando in Svizzera c’è da dire che il neo-ministro ha di certo un asso nella manica, visto che politicamente gestisce l’Ufficio federale di giustizia, il perno attorno al quale ruota l’attività legislativa di tutta l’Amministrazione federale. Le consulenze e le perizie di questo ufficio pesano come macigni. Un ambito sensibile anche per la vita concreta dei cittadini. Un paio di esempi: questo ufficio è il punto di riferimento per quanto riguarda la parità di genere tra uomo e donna, ad esempio a livello salariale. Ma l’Ufficio federale di giustizia si occupa anche delle questioni legate alle rivendicazioni delle persone trans, non binarie o appartenenti ad altre minoranze sessuali. Da presidente del Governo basilese, Beat Jans aveva promosso una riforma in questo ambito, la prima in Svizzera, approvata di recente dal Parlamento di quel Cantone. Tema di certo divisivo, visto che a Basilea si parla già di un possibile referendum. Argomento che approderà presto anche a livello federale. E così, al batterista e neo-ministro non mancheranno di certo le sfide, in questo e in tutti gli altri ambiti di sua competenza. A lui il compito di evitare di andare fuori ritmo.