L’inclusione fin dai primi passi

Quando l’inclusione inizia dal principio. C’è un luogo dove questo è possibile, grazie a un’idea lungimirante che ha portato tanti bambini diversi tra loro a crescere insieme nello stesso modo. Un luogo di socializzazione aperto a tutti, dove condividere, imparare l’uno dall’altro attraverso il gioco e il sapiente accompagnamento di educatrici specializzate e volontarie. Una casa colorata che accoglie bambini di età compresa tra i 2 e i 4 anni, la fascia prescolastica, alcuni dei quali presentano difficoltà dello sviluppo o ritardo evolutivo. Questi sono i preasili inclusivi Atgabbes, un progetto che ha appena compiuto trent’anni ed è in continua crescita.

Sono stata accolta in quello che è stato il primo progetto inclusivo, a Bellinzona, il preasilo di Pedevilla. L’educatrice responsabile della struttura Claudia Müller Grigolo e la coordinatrice dei preasili Atgabbes Lisa Jorio mi presentano la struttura. Una casa fatta di colori, echi di voci, vita, dove si sente il gioco e si respira la creatività.

Nel 1993 questo luogo è nato per volere e intraprendenza di Denisia Bordoli, educatrice di Atgabbes, che con le sue colleghe ha realizzato quella che è considerata la prima esperienza di inclusione in Ticino. L’allora Comune di Giubiasco, dove sorge la sede, mise a disposizione i locali di via Ravecchia che sono stati arricchiti di tutto il materiale necessario. «È un progetto che nasce come integrazione tra i bambini a sviluppo regolare e i bambini con bisogni particolari. Si trattava allora di creare un centro, un luogo di socializzazione che permettesse ai bambini di ritrovarsi e utilizzare il gioco come strumento di comunicazione» ci racconta Claudia Müller Grigolo mentre ripercorre queste prime tappe.

I preasili sono tra le ultime intuizioni del progetto associativo di Atgabbes, l’Associazione ticinese di genitori e amici dei bambini bisognosi di educazione speciale. Vale un piccolo excursus per conoscere meglio questa associazione. Sorta nel 1967 proprio per la mancanza, all’epoca, sul territorio di strutture che già esistevano oltralpe, è stata fondata e pensata dai genitori per i figli: un invito all’apertura e alla collaborazione tra famigliari, persone con disabilità, professionisti e volontari. La copertura di tutto il territorio è assicurata da 5 Comitati regionali che delegano dei rappresentanti nel Comitato Cantonale, l’organo direttivo di Atgabbes. Non solo preasili, come detto: Atgabbes si occupa anche di consulenza individuale e di gruppo, attività per il tempo libero, politica sociale, informazione e sostegno alle persone coinvolte dalla disabilità così come dei loro famigliari, formazione continua.

Ma torniamo ai preasili, il principio pedagogico inclusivo permette ai bambini con bisogni educativi particolari di relazionarsi con i coetanei, che a loro volta si avvicinano alla diversità in tenera età e in maniera propositiva. Come detto, priorità per la socializzazione viene offerta dal gioco e dalle piccole attività di gruppo. Nei locali del preasilo di Pedevilla, sui due piani che comunicano con una gialla scalinata, lo spazio fisico sembra rivolto proprio a questo: tappetini sul pavimento e molti giochi riposti ai lati, uno spazio dedicato al movimento. Claudia Müller Grigolo ci dice di più: «I bambini a sviluppo tipico possono approcciarsi con capacità diverse, che ognuno possiede. Esiste una complementarietà: la diversità è una ricchezza. Ognuno poi ha dei bisogni che vanno rispettati e seguiti, è fondamentale che questi si compensino. L’integrazione è condivisione. I bambini riescono a capirsi, anche se comunicano con la mimica. La diversità è vista soprattutto dall’adulto, che ha tendenza a etichettare».

Molta attenzione viene inoltre data al difficile momento della separazione dalle figure di riferimento e all’allenamento di piccole autonomie quotidiane. L’insegnamento avviene empiricamente attraverso la sperimentazione e si allenano i piccoli, senza fretta, all’entrata nella scuola dell’infanzia.

«Il distacco dovrebbe avvenire nella maniera più dolce possibile – ci racconta l’educatrice – i genitori possono rimanere le prime volte per dare la rassicurazione affettiva necessaria. Si crea anche un rapporto di fiducia con l’educatore, che riconosce il loro lavoro». Questo fa sentire accolte le famiglie. Questa prima fase è per l’educatrice caratterizzata anche dalla «scoperta, esplorazione del luogo. Una volta che tutti i bambini hanno integrato questo aspetto, il gruppo inizia a prendere una dinamica. Il gioco è il vettore, e importante rimane lo stimolo dell’educatore, che col tempo deve diventare dispensabile. La forza sono i bambini tra di loro, l’integrazione con il gruppo».

Solitamente un terzo dei bambini, nel preasilo che sto visitando, ha bisogni educativi particolari. Ma sono dati che dipendono anche dalle segnalazioni dei servizi regionali. Per quanto riguarda i bambini a sviluppo regolare, scopriamo dall’educatrice che «le persone che si rivolgono a noi condividono la nostra linea pedagogica». La frequenza suddivisa nelle mattine dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 11, non necessariamente è comoda per genitori che lavorano, si tratta quindi di una scelta mirata, un’esperienza che arricchirà notevolmente la crescita di ogni bambino.

Lisa Jorio, la coordinatrice dei preasili, ci spiega: «Da due o tre anni presentiamo con l’aiuto dei Comuni il progetto a tutte le famiglie attraverso un volantino. Poi, i bambini con bisogni educativi particolari vengono segnalati direttamente dai servizi presenti sul territorio, quest’anno siamo riusciti ad accoglierne 26 in tutto il Cantone».

Un’esperienza in continua espansione: nato trent’anni fa come primo progetto inclusivo, oggi il preasilo Pedevilla, frequentato dai figli dei primi bambini accolti, da parenti e amici delle vicinanze e non, e da tanti nuovi piccoli ospiti, continua la sua importante attività educativa e associativa. Vi lavorano educatrici specializzate e personale volontario che crede fortemente nel progetto Atgabbes. La coordinatrice ci racconta poi che dopo Pedevilla «sono nati altri progetti inclusivi: il preasilo di Lugano all’inizio degli anni 2000, poi quello di Locarno nel 2017. Ma non solo, sono fiorite anche collaborazioni con Nidi già esistenti dove i bambini con bisogni educativi particolari vengono accolti. Come per esempio il Nido di Novazzano, il Nido di Biasca e anche il Nido di Manno». Una buonissima copertura del territorio, con strutture che solitamente ospitano due/tre bambini per anno, rendendo il progetto a poco a poco la normalità. E viene da augurarsi, come dice Lisa Jorio, che questa inclusione abbia ripercussioni anche nel mondo esterno: insomma, che questa «esperienza possa promuovere una cultura sempre più inclusiva e meno settaria nella nostra società».

Related posts

Che cosa significa casa per te?

Il fluxing, ovvero l’arte di adattarsi

Lo sportello che ti accompagna nel mondo digitale