Paraclimbing è velocità, precisione e grande intesa

Siamo al quinto minuto di arrampicata. Ne manca uno soltanto, al termine del quale il segnale acustico indicherà la fine del tempo limite. «Tendi il braccio destro alle ore quattordici per circa venti centimetri; sposta la gamba destra alle ore quindici, per una trentina di centimetri. Ora sposta il tuo baricentro sulla destra, con una forte pressione di appoggio sul piede destro». E così via. Avete presente quanto succede nelle gare di rally automobilistico? Ebbene, questa è una situazione molto simile, tranne che pilota e copilota non sono uniti dal rombo dei motori e dalle folli velocità, bensì dalla passione per l’arrampicata.

Laila Grillo è nel pieno di un allenamento. Aggrappata con forza e leggerezza a un’altezza di oltre dieci metri, sposta il suo corpo con destrezza e agilità grazie alle indicazioni che la sua guida le trasmette negli auricolari con un sistema Bluetooth. Il timer, puntato a sei minuti, squilla preciso nella palestra di arrampicata. Un sospiro di sollievo, e Laila si lascia calare all’indietro per raggiungere la sua guida, a terra, e discutere con lei i dettagli di quest’ultima sessione di allenamento. Laila sorride soddisfatta. Laila ascolta i feedback del suo allenatore. Laila è cieca.

Nata trentadue anni fa ad Allschwil, nel Canton Basilea Campagna, da genitori emigranti italiani, la giovane si rende ancora più simpatica quando alla lingua di Dante imprime il suo accento friulano. «Io e mia sorella gemella siamo venute al mondo prematuramente – spiega Laila – e questo ha avuto delle conseguenze su entrambe. Mia sorella è nata con una paresi celebrale che le ha creato un andicap motorio a un piede, mentre io ho avuto un problema alla vista». Laila nei primi anni della sua vita vede soltanto a una profondità di due metri. Negli anni anche questa vista residua è andata smorzandosi e ora ciò che percepisce sono soltanto delle ombre.

Negli anni Novanta, Laila frequenta la scuola dell’infanzia assieme a tutti gli altri bambini e poi inizia le scuole elementari in una scuola speciale nel Canton Zurigo. Lì acquisisce gli strumenti per orientarsi negli spazi, per muoversi nella città, per leggere. Viene poi introdotta, dopo la quarta elementare, in una scuola per normodotati. «Dopo le scuole dell’obbligo, si trattava di scegliere un percorso professionale. Il mio sogno era quello di lavorare nell’hotellerie, oppure con gli animali, in particolare con i cavalli, oppure ancora come infermiera. Ma tutti mi dissero che in tutti e tre i casi sarebbe stato troppo difficile per me – spiega Laila – per cui ho optato per la scuola di commercio, con indirizzo specifico nelle lingue». Già, le lingue, il suo punto forte.

E allora Laila continua a raccontare, con la sua piacevole dialettica, della sua grande passione, lo sport, fra cui lo sci. «Quando vedo sciare Marco Odermatt mi emoziono. Sì, perché se al mio fianco ho una persona competente che mi descrive nei dettagli la discesa, riesco a farmi un film mentale della sua performance», spiega Laila. E Laila di sci ne capisce, eccome. Avvicinata a questo sport da una sua amica, ticinese, la basilese si appassiona sempre di più fino a conseguire il titolo di Campionessa svizzera in varie specialità. «È uno sport che adoro, ma il tempo necessario per gareggiare ad alti livelli sarebbe stato negli anni troppo oneroso, a discapito dell’impegno da dedicare agli studi e al lavoro». Quindi la scelta, ovvero quella di partecipare nello sci alpino soltanto alla Swiss Disabled Cup (ndr. si tratta del Campionato svizzero paralimpico di sci), e di lasciarsi trasportare da quella che stava diventando sempre più la sua passione, l’arrampicata. «Ho sempre arrampicato per me stessa, ma non sapevo dell’esistenza del paraclimbing. Poi, un giorno, un mio amico che ha un braccio amputato all’altezza del gomito, mi ha chiesto se fossi interessata a partecipare ad alcune competizioni di paraclimbing. Ed eccomi qui, ad allenarmi».

Le competizioni si svolgono sull’arco di due giornate. Il primo giorno riguarda le qualifiche, il secondo le finali. Nella categoria andicap visivo del paraclimbing, esistono tre diverse categorie, ovvero B1, B2 e B3. Nella prima categoria prendono parte gli atleti che sono completamente ciechi, nella seconda chi ha una vista residua e nella terza categoria chi vede un pochino meglio. In ciascuna categoria, gli atleti sono accompagnati dalle proprie guide, le quali, la sera prima della competizione, ricevono su un foglio o su un padlet (muro virtuale) la descrizione della via di arrampicata.

Guida e atleti se la studiano assieme cercando di individuare la tattica migliore. Per sapere come e dove muovere le braccia e le gambe, viene sempre fatto riferimento al «principio dell’orologio». Ad esempio viene detto di portare un braccio alle ore tre; partendo sempre prima di ogni movimento da un sistema di coordinate che indica le ore dodici. Solo il giorno della gara viene mostrata all’allenatore la parete vera e propria, ma non vi è la possibilità di provarla prima della competizione.

E poi arriva il momento della gara. Sei minuti il tempo massimo. Vince chi per prima arriva al traguardo predefinito, oppure, allo scadere dei sei minuti viene stabilito chi è salito più in alto. Atleta e guida sono in continuo dialogo attraverso un sistema di comunicazione Bluetooth.

«L’arrampicata paralimpica è aperta alle diverse disabilità fisiche e sensoriali. Quindi, oltre alla categoria degli ipovedenti e ciechi, esistono quelle per persone amputate, emiplegiche e paraplegiche. Si tratta di uno sport ancora poco conosciuto e in divenire. Ad esempio, per spiegarmi meglio, non esiste una lingua convenzionata tra allenatore e guida nella categoria ciechi. Questo significa che ogni squadra ha sviluppato e sta sviluppando dei linguaggi, il più efficienti possibile, per spingere l’atleta verso una velocità di arrampicata il più elevata possibile», spiega Laila.

E in quanto a velocità, Laila non ha di certo scherzato durante i Campionati del mondo, che si sono disputati a Berna dal 1 al 13 agosto scorso, in cui si sono svolti anche i Campionati del mondo paralimpici. «Gli atleti statunitensi e austriaci sono decisamente a un livello superiore, in quanto loro praticano l’arrampicata paralimpica da molti anni».

Diamo allora il tempo a questo sport per maturare anche nella nostra terra. Sorride Laila sentendo la parola terra. Sì, perché la terra è diventata nel frattempo la componente più importante del suo lavoro in veste di ingegnere agronomo. Due terre, quella orizzontale professionale e quella verticale sportiva che ben si completano. E che indicano la risultante verso il successo, professionale e sportivo.

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