Quasi cinquanta grotti, ricavati sfruttando gli anfratti di massi più o meno imponenti, chiusi da minuscole porte in legno, accessibili attraverso passaggi sinuosi, il tutto concentrato su un’area di poco più di dieci chilometri quadrati in mezzo alla natura. Sembra di essere in un paesaggio da fiaba e invece siamo in Valle Maggia, a Giumaglio, da vent’anni frazione del Comune di Maggia. Analogamente ad altre testimonianze della civiltà contadina, queste costruzioni sottoroccia con funzione di cantine deperiscono rischiando di scomparire. È possibile immaginare un futuro che le valorizzi attraverso una nuova finalità? La risposta è affermativa come dimostra l’iniziativa del Patriziato di Giumaglio e dell’associazione Per Giümai per i quali i grotti locali, ma pure il nucleo di Dalògh sull’altra sponda del fiume, rappresentano un patrimonio da tutelare e riportare in luce anche in un’ottica turistica. Un auspicio realizzabile attraverso le ipotesi tracciate dagli studi preliminari condotti su incarico del Patriziato da Elia Frapolli, titolare di una società di consulenza e turismo.
Partiamo dai grotti di cui sono appassionati conoscitori due patrizi, Davide Cerini e Aron Piezzi. Il primo è presidente del Patriziato, il secondo dell’associazione Per Giümai che da due anni affianca il Patriziato nel recupero del patrimonio culturale tradizionale. In parte abbandonati, minacciati dal proliferare della vegetazione, senza un intervento, per i grotti il destino è segnato. Lo scorso ottobre è stata organizzata una serata per presentare lo studio ai proprietari e alla popolazione, serata che ha già suscitato le prime reazioni. Spiegano i due patrizi: «Sei-sette grotti svolgono ancora la loro funzione originaria di conservazione degli alimenti, segnatamente il formaggio e il vino prodotto in loco. Diversi sono però trascurati e nascosti da arbusti e sterpaglie. Un primo semplice intervento è quello di effettuare una pulizia che permetta di rendere visibile il grotto e di accedervi con facilità. A seguito dell’incontro alcuni proprietari hanno provveduto personalmente o affidato l’incarico a terzi. Da parte nostra pensiamo di proporre una giornata annuale in cui i privati si ritrovano per questo tipo di lavoro».
L’interesse suscitato è quindi incoraggiante, stimolato dalla vivacità dei promotori e di chi come loro è ancora attivo a Giumaglio. Attività in gran parte legata ai vigneti terrazzati, tanto da contare ben otto etichette comprensive di vino bianco, rosato e rosso. Molte di queste bottiglie sono custodite nei grotti, in particolare quelli vicino al nucleo, dove anche Aron Piezzi ha la cantina sottoroccia di famiglia. Pure il Patriziato da un paio d’anni dispone in questa zona di un suo grotto, acquisito e restaurato con l’intento di sfruttarlo nell’ambito della valorizzazione turistica. Alcuni, come quello del Patriziato, sono tinere piuttosto ampie dove si effettuava anche la vinificazione; altri sono piccole cantine scavate sotto i massi e raggiungibili scendendo diversi gradini.
Sono cavità affascinanti la cui peculiarità è quella di garantire una bassa temperatura costante tutto l’anno. I «frigoriferi» dei valmaggesi dei secoli scorsi riservano non poche sorprese, come ci illustra sul posto Aron Piezzi. «I grotti, spesso identificati con il nome delle famiglie proprietarie, in alcuni casi hanno inciso iscrizioni o date su travi in legno, come quello più antico risalente al 1647». Le costruzioni sottoroccia di Giumaglio sono raggruppate in due zone – denominate Ai Grott e Preonz – alle estremità delle aree vignate, nella fascia pedemontana. «I massi sfruttati per realizzarli – prosegue il nostro interlocutore – sono stati portati a valle dalla frana dovuta al ritiro dei ghiacciai. Nella zona alle spalle del nucleo sono più piccoli, mentre a Preonz troviamo veri e propri macigni».
Le due zone sono collegate da un sentiero che è in fase di ripristino. Precisa al riguardo il presidente del Patriziato Davide Cerini: «Le nostre iniziative si inseriscono nel progetto “Paesaggio Giumaglio” che stiamo sviluppando da tre anni. Con gli studi di fattibilità sui grotti e sul nucleo di Dalògh desideriamo gettare le basi per permettere di valorizzare le peculiarità del villaggio. Le nostre forze sono limitate, per cui a livello di realizzazione possiamo contribuire solo con interventi mirati. È il caso del già citato acquisto di una tinera e ora del circuito dei grotti, un percorso ad anello che sarà pronto in primavera a conclusione della sistemazione del sentiero che collega la parte alta delle due aree interessate».
Il futuro dei grotti può però aprirsi a visioni più ampie realizzabili a tappe. Lo studio di Elia Frapolli contempla tre ipotesi di valorizzazione a fini turistici e ricreativi. I grotti ritroverebbero così anche quella funzione conviviale testimoniata dalla presenza esterna di tavoli e panchine in sasso dove i prodotti tradizionali venivano consumati in compagnia. Come rileva anche lo studio, il connubio fra grotti e cibo è indissolubile e merita di essere rivalutato.
«Preservare il patrimonio che i grotti rappresentano, proporre un loro utilizzo contemporaneo ma che rispecchi la funzione originaria e sfruttarli a fini educativi sono gli elementi chiave del progetto», spiega Elia Frapolli. Ecco quindi, quale prima proposta, «un percorso didattico concepito per un ampio gruppo di visitatori e basato su luoghi, strutture, storie e leggende da identificare e rendere fruibili attraverso una mappa e l’adeguata segnaletica. Questa operazione, già sperimentata con successo a Cevio, necessita interventi circoscritti senza precludere ulteriori sviluppi come ad esempio un’applicazione per una caccia al tesoro destinata ai bambini». La presenza della pista ciclabile Locarno-Cevio, ben frequentata soprattutto dai turisti, spinge a identificare nei grotti di Giumaglio, situati grosso modo a metà percorso, una tappa ristoratrice. Prosegue il consulente turistico: «Predisponendo un’area attrezzata a questo scopo, i tavoli in sasso immersi nel bosco tornerebbero a ospitare persone che pranzano, magari gustando prodotti locali di un apposito cestino-picnic da acquistare nei commerci della regione. Ciò vale anche per i camminatori e più in generale permette a tutti coloro che non possiedono un grotto di vivere questa particolare esperienza». Una visione innovativa suggerisce infine la possibilità di organizzare piccoli eventi privati nell’area dei grotti, in particolare a Preonz dove gli spazi sono più ampi. «Gli organizzatori di cerimonie, cene e workshop sono sempre più alla ricerca di questi luoghi suggestivi e carichi di storia».
Lo sguardo e le riflessioni di Elia Frapolli sono focalizzati anche sull’altro lato del fiume, dove sorge il nucleo di Dalògh composto da una decina di cascine e raggiungibile solo a piedi. Una caratteristica, quest’ultima, che lo renderebbe unico a livello ticinese dal punto di vista dell’accoglienza turistica con pernottamento. Lo studio di fattibilità, in fase di ultimazione, individua anche nella sua posizione, ai piedi delle faggete iscritte sulla Lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO, un punto a favore di una piccola destinazione per vacanze nel cuore della natura. «Questo progetto è più ambizioso rispetto a quello dei grotti – ammette il consulente – perché implica la trasformazione di almeno 6-7 edifici e quindi la ricerca dei fondi necessari attraverso il coinvolgimento di altri enti. Anche in questo caso per il Patriziato si tratta di disporre di solide basi per mostrare il potenziale della piccola località.
Se per l’eventuale trasformazione di Dalògh i tempi si preannunciano piuttosto lunghi, per la salvaguardia dei grotti i primi passi sono già stati compiuti. Queste piccole cavità rappresentano un patrimonio architettonico, sociale e culturale che dimostra un intervento dell’uomo in perfetta armonia con la natura. I promotori della loro tutela puntano a trovare le sinergie necessarie per farle rivivere secondo il medesimo principio, riaccendendo lo spirito comunitario, sfruttando al meglio la collaborazione di diversi attori e puntando sull’autenticità. Quest’ultima, unita alla mobilità lenta e a una fruizione consapevole, è infatti uno dei punti trainanti del turismo contemporaneo.