Le notizie non sono croissant

by Claudia

In un’epoca segnata da profonde trasformazioni nel settore dei media, il professore di giornalismo Vinzenz Wyss evidenzia le responsabilità degli editori, le sfide poste dalla digitalizzazione e le opportunità dell’intelligenza artificiale

Non passa quasi giorno senza che si sentano notizie di tagli di posti di lavoro nel giornalismo. Le cause sono il cambiamento nel consumo d’informazione da parte dei lettori e delle lettrici, la loro disaffezione nei confronti dei media tradizionali e, soprattutto, il calo delle entrate pubblicitarie della carta stampata. «Fino agli anni Novanta un giornale era così redditizio che si diceva che per gli editori fosse come stampare denaro. Per l’industria pubblicitaria il giornale locale, regionale e le radio private erano quasi gli unici canali per raggiungere il proprio pubblico», ricorda Vinzenz Wyss, professore di giornalismo presso l’Alta scuola di arti applicate di Zurigo. «Negli ultimi vent’anni il settore pubblicitario ha abbandonato gradualmente i media tradizionali, spostandosi sulle piattaforme sociali dove può raggiungere i gruppi target in maniera più mirata. Un’evoluzione che ha comportato un calo fino al 70% delle entrate per alcuni giornali». La conseguenza più diretta è la riduzione dei posti di lavoro. Dalla fine di settembre 2023 all’inizio di gennaio 2024 le misure di risparmio adottate dai vari gruppi mediatici svizzeri hanno portato alla perdita di oltre 340 impieghi nel settore.

Professor Wyss, oltre al calo delle entrate pubblicitarie ci sono altre ragioni all’origine della crisi nel settore dei media in Svizzera?

All’inizio degli anni 2000 gli editori hanno iniziato a pubblicare gratuitamente online gli articoli dei loro quotidiani a pagamento. Con questa decisione hanno promosso la cultura del gratuito e così le lettrici e i lettori non erano più disposti a pagare per il giornalismo, poiché trovavano le notizie su internet senza la necessità di sottoscrivere un abbonamento. Inoltre aziende, autorità e associazioni hanno rafforzato la loro presenza nel web. Di conseguenza la popolazione non dipendeva più dai quotidiani per ottenere informazioni sulla vita locale ma le bastava accedere a internet. La vera incognita ora è capire se e come le testate riusciranno a sopravvivere in futuro. Sono una persona ottimista per natura. Ma dobbiamo renderci conto che l’attuale modello economico basato sulle entrate pubblicitarie non funziona più. Inoltre gli editori sono ancora convinti che le persone siano disposte a sottoscrivere un abbonamento per un prodotto di qualità. Tuttavia nel settore dei media siamo confrontati con un fallimento del mercato nella nostra piccola Svizzera multilingue.

Che cosa intende esattamente con fallimento del mercato?

Le faccio un esempio. Se in una panetteria ci sono cinque croissant in vendita e io ne acquisto tre, i due rimanenti diventano merce rara e, di conseguenza, il loro valore aumenta. I croissant sono un prodotto che si esaurisce, a differenza dell’informazione. Infatti i media classici non hanno più l’esclusiva su una notizia, ad esempio la morte del Papa. Questa notizia può essere condivisa e non si esaurisce come i croissant. Dopo l’avvento di internet e dei social media abbiamo praticamente accesso a tutte le informazioni ovunque, in qualsiasi momento e gratuitamente. È un’evoluzione che gli editori hanno ignorato per troppo tempo.

Tuttavia, se il panettiere produce squisiti croissant continuerò ad acquistarli da lui anziché dalla concorrenza. La qualità non garantisce forse il successo nel settore del giornalismo?

Purtroppo non di per sé. A differenza dei croissant, il consumatore ha difficoltà a valutare la qualità dell’informazione, specialmente prima di aver letto il giornale. Inoltre, vi è un altro fattore che contribuisce al fallimento del mercato nel settore del giornalismo. I media sono considerati un bene meritorio, che non dovrebbe sottostare alle leggi del mercato, poiché sono importanti per la società ma, come l’istruzione e la cultura, non sono richiesti dal mercato nella misura auspicata. La retorica dei media, ovvero la critica dei processi e delle forme di produzione dell’informazione da parte dei moderni mezzi di comunicazione di massa, non viene apprezzata tanto quanto la società vorrebbe. In una democrazia è fondamentale che la popolazione abbia accesso e consumi il maggior numero possibile di informazioni rilevanti. In quanto cittadino o cittadina è importante che anche il mio vicino sia ben informato.

Ha delle soluzioni per salvare il mondo del giornalismo?

Sono convinto che, se gli editori collaborassero di più, condividendo conoscenze ed esperienze e anche discutendo insieme quali strategie si sono rivelate sbagliate, saprebbero trovare e sviluppare soluzioni comuni. Una cooperazione potrebbe davvero ridare slancio a un settore in grave difficoltà anche in vista della diffusione dell’intelligenza artificiale. Gli editori dovrebbero però essere disposti a esplorare nuove forme di finanziamento diretto dei media, come quelle che conosciamo per le radio e le televisioni private tramite il canone, o a investire in start-up che potrebbero trasformarsi in offerte giornalistiche di successo. Ci sono quindi molte possibilità ancora inesplorate. Questo, però, presuppone che gli editori siano disposti a collaborare.

Gli editori sono preoccupati anche dalle conseguenze che l’intelligenza artificiale potrebbe avere sui media. Vede anche dell’opportunità?

Sì, ne vedo principalmente due. Da un lato, se pensiamo al lavoro giornalistico, l’intelligenza artificiale può aiutarci nel brainstorming, nella ricerca giornalistica e nei processi editoriali. Ci sono molti modi in cui questa tecnologia può essere utilizzata per facilitare il lavoro delle giornaliste e dei giornalisti, sgravandoli di alcune mansioni ripetitive, così da permettere loro di concentrarsi di più sul loro compito principale: osservare la realtà e, sulla base di una ricerca approfondita, promuovere un discorso su ciò che ci irrita. D’altro canto, vi è un altro aspetto importante. Credo che l’utilizzo crescente dell’intelligenza artificiale porterà inevitabilmente alla diffusione di disinformazione, notizie false o con fonti non trasparenti o difficilmente verificabili. A mio avviso, questo potrebbe rafforzare il ruolo del giornalismo, se il pubblico si rende conto che questa tecnologia presenta delle lacune in termini di affidabilità. Questo è esattamente ciò che il giornalismo può offrire: selezione comprensibile, affidabilità delle fonti e trasparenza. Pertanto ci sono molte opportunità. Non bisogna demonizzare l’intelligenza artificiale o considerarla solo come una minaccia.

Ma l’intelligenza artificiale potrebbe portare a ulteriori tagli nel settore?

Se qualcuno ritiene che l’intelligenza artificiale sia ora la causa diretta della riduzione delle risorse nel giornalismo, lo considero un mero pretesto, o meglio, un’ipocrisia. È vero, l’intelligenza artificiale può semplificare alcune attività di routine, ma le giornaliste e i giornalisti saranno più che mai necessari per selezionare i contenuti rilevanti, verificarli e creare trasparenza. Questo è il vero valore del giornalismo. Ritengo anche che, se questa tecnologia viene usata in modo sensato, non porterà alla riduzione di posti di lavoro, ma piuttosto alla creazione di nuove figure professionali specializzate nell’interazione con l’intelligenza artificiale e nel suo impiego in modo efficace. Non è quindi colpa dell’intelligenza artificiale se ci sono dei licenziamenti, ma piuttosto del fatto che sono stati trascurati i nuovi sviluppi tecnologici e che c’è poca volontà a investire nell’innovazione giornalistica. Abbiamo bisogno di editori disposti a investire in tecnologie che rafforzano il giornalismo e non si limitino a rendere più efficiente il marketing o la distribuzione.

Gli editori scelgono però una soluzione più semplice: ridurre i posti di lavoro per contenere i costi.

In realtà sappiamo da almeno dieci anni che abbiamo a che fare con una trasformazione digitale. Tuttavia gli editori, e questa è una critica, se la sono presa comoda e non affrontato di petto la situazione. Ora il tempo stringe e giustificano i tagli di personale, soprattutto nelle redazioni, con la necessità di investire nell’innovazione. Le ondate di licenziamenti sono diventate ormai socialmente accettabili. Allo stesso tempo, però, alcuni gruppi mediatici continuano a guadagnare molto e a distribuire dividendi cospicui. È ciò che fa, ad esempio, il TX Group, che da un lato riconosce il proprio importante ruolo nel dibattito democratico in Svizzera, ma dall’altro non è disposto a finanziare trasversalmente la produzione giornalistica con una parte delle proprie divisioni redditizie.

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