Gjirokastra, la perla dell’Albania

Le strade che collegano i quartieri vecchi e nuovi di Gjirokastra (Gjirokastër in albanese, Argirocastro in italiano secondo l’origine greca, che letteramente significa «Fortezza argentata») si incontrano nella piccola piazza Qafa e Pazarit, centro del bazar e fulcro della città storica. Da questo punto strategico, mentre si riprende fiato dopo la ripida salita, si può ammirare il castello della città, uno dei più grandi dell’area balcanica.

Il cronista Giovanni VI Cantacuzeno, già imperatore bizantino, fece per la prima volta il nome di questa graziosa città albanese in un documento del 1336 nel quale descriveva una rivolta del popolo Arberi contro l’impero bizantino in una città chiamata «Argyrokastron», che nel 1419 fu occupata dall’impero ottomano. Il nome «Argyro» era legato alla leggenda di una principessa che saltò da una rupe con il suo bambino per sfuggire agli ottomani. E guarda caso Gjirokastra si estende sul fianco di una collina alta 1200 metri, simile a una gigantesca nave di pietra.

Iscritta all’UNESCO nel 2005, Gjirokastra è considerata un raro esempio di carattere architettonico tipico del periodo ottomano. Situata nella valle del fiume Drinos, nel sud dell’Albania, la città presenta infatti una serie di case a due piani sviluppatesi nel XVII secolo, una moschea del XVIII secolo e due chiese dello stesso periodo. Il centro storico della città è notevolmente ben conservato, soprattutto per quanto riguarda gli edifici vernacolari, che furono ininterrottamente abitati dall’antichità fino ai giorni nostri. Gjirokastra fu costruita da importanti proprietari terrieri e, intorno all’antica cittadella del XIII secolo, presenta le abitazioni caratteristiche della regione balcanica, dotate di torrette. Il centro contiene diversi esempi di case di questo tipo, che risalgono al XVII secolo, ma anche esempi più elaborati che risalgono all’inizio del XIX secolo.

Anche il vecchio bazar, chiamato dai locali Qafa e Pazarit, risale al XVII secolo, ma in realtà di quel periodo non è rimasto molto. L’area fu distrutta da un incendio alla fine del XIX secolo e in seguito completamente ricostruita riproducendo l’architettura originale. Gli edifici affacciati sul bazar erano a due o a tre piani e simili tra loro per funzione, con il piano terra utilizzato come luogo di lavoro dagli artigiani e gli altri adibiti ad abitazione. Alcune botteghe avevano una porta sul retro, mentre davanti vi era un marciapiede per il passaggio delle persone, cosa rara in altri bazar dello stesso periodo.

Osservando la città dall’alto è possibile notare la particolare forma a raggiera delle strade che compongono il mercato e che lo collegano a molti punti della città vecchia. Sono un centinaio i negozi che costeggiano i lati delle cinque strade che si diramano dalla piazza. Ancora oggi vi sono artigiani che, lavorando secondo i dettami della tradizione, tramandano l’artigianato alle nuove generazioni.

In questo bazar si possono acquistare souvenir, oggetti di artigianato locale e cibi tipici della regione di Gjirokastra così come le conserve locali che spesso sono preparate in famiglia, come mi racconta un bottegaio mentre con precisione sistema sul bancone le marmellate preparate dalla madre. A farla da padrone sui tavoli di molte bancarelle, insieme ai tappeti di ogni forma e colore, è il legno: taglieri, utensili da cucina ma anche tavole e decorazioni da appendere al muro.

Colpita da alcuni tessuti finemente ricamati esposti all’ingresso di un negozio, entro a curiosare. Violetta, la proprietaria, insiste nel mostrarmi gli elaborati ricami di un lenzuolo, srotolandolo sul pavimento: è talmente grande che neanche in due riusciamo ad aprirlo del tutto. Mi spiega che per completarlo ci sono voluti oltre due mesi, e che la produzione avviene in spirito comunitario: artigiane diverse si occupano ciascuna di una parte del ricamo, quindi si assemblano le varie parti e si confeziona il prodotto finale. L’attività di Violetta si serve del lavoro di quaranta artigiane e la produzione avviene interamente a Gjirokastra. Oltre ai lunghi tempi di lavorazione, anche i materiali pregiati contribuiscono agli alti prezzi della merce: il prezzo di un filo per ricamo è di 90 centesimi.

Il giovane Aurel ha aperto un negozio di bigiotteria da tredici anni e da otto produce gli accessori che vende. Conviene procurarsi i metalli fuori dall’Albania, dice, perché i costi sono più bassi, e come nel caso dei tessuti la lavorazione avviene qui in città in quello che è un vero e proprio lavoro di squadra. Aurel si occupa del design dei pezzi, mentre le pietre sono inserite dai suoi collaboratori.

Di mestiere Mona fa invece la tessitrice e ha un fare premuroso, quasi materno. Appena entro nella sua bottega chiede scusa per il buio, ma le è appena scoppiata una lampadina e non l’ha ancora potuta cambiare. Lavora da sola con il telaio, mentre mi spiega che per fare un metro di tappeto ci vogliono cinque giorni.

Nell’ultima bancarella prima della salita che porta al castello si è creato un capannello di persone: sigaretta alla bocca, un uomo dai capelli grigi intaglia a mano le pietre tradizionali con uno scalpello e aggiunge un gancio sul lato posteriore ai clienti che glielo chiedono. È stato il padre, racconta, a trasmettergli l’abilità e la passione per questo lavoro fin da quando lui era bambino.

Anche se sono passati centinaia di anni dalla sua costruzione, gli abitanti di Gjirokastra lo chiamano ancora «il nuovo bazar» per distinguerlo dal bazar originale, sulle cui rovine è sorto quello attuale. Di recente sono stati scoperti tratti di ciottolato a circa 1,5 metri sotto il livello attuale della strada insieme a spazi sotterranei e catacombe. I ritrovamenti indicano la presenza di un ulteriore livello del bazar antico e fanno luce sulla stratificazione storica della città di pietra.

La rivitalizzazione dell’area e il restauro delle facciate degli edifici come dei tetti, delle finestre e delle persiane e un miglioramento dell’illuminazione di tutto il centro storico hanno dato un impulso vitale non solo al turismo e al commercio, ma anche all’artigianato stesso e agli antichi mestieri di Gjirokastra.

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