Milano, cittadella della cultura, e le voci degli intellettuali che l’hanno animata
Tra gli anni Cinquanta e Novanta del ventesimo secolo, forse in nessun altro paese come in Italia gli istituti bancari hanno avuto una funzione così spiccatamente culturale finanziando la pubblicazione di volumi di altissima qualità. L’iniziatore di questo rinnovato fermento culturale è stato senz’altro Raffaele Mattioli, per molti anni presidente della Banca commerciale italiana.
Quasi fosse l’ultimo mecenate rinascimentale, Mattioli ha contribuito grandemente alla ripresa culturale di un’Italia prostrata dalla guerra, attivando una sorta di rapporto osmotico tra finanza e cultura, in cui la prima consentiva il fiorire della seconda, ma senza che quest’ultima ne fosse l’ancella. La sua creazione più illustre è stata la monumentale collana della Letteratura italiana. Testi e studi della Ricciardi, strumento indispensabile per ogni italianista. Proprio questa figura costituisce l’origine ma anche il fil rouge di una ricca raccolta di ritratti, incontri e interviste realizzati da Alberto Saibene a partire dagli anni Novanta del secolo scorso e pubblicato per Casagrande. L’ispirazione di Saibene a raccogliere le testimonianze di grandi personaggi della vita letteraria italiana (con una sezione dedicata al Ticino) nasce dalla sua tesi di laurea, dedicata proprio a Mattioli. Man mano che la ricerca si approfondiva, cresceva la rete di conoscenze e di testimoni ancora in vita che potevano aggiungere preziosi tasselli al suo lavoro. Per la fortuna di noi lettori i gli “informatori” sono diventati essi stessi protagonisti, poiché a loro volta oggetto di ricerche e interviste.
Si rimane sbalorditi per l’abbondanza e la qualità delle testimonianze raccolte: l’autore è riuscito a farsi aprire le porte di salotti e dimore esclusivi. Il suo «carniere» conta nomi illustri: Roberto Einaudi, Roberto Cerati, Corrado Stajano, Umberto Eco, Tullio De Mauro, Goffredo Fofi, Piergiorgio Bellocchio, Elena Croce e Antonio Cederna, solo per citarne alcuni. I personaggi ritratti nel volume sono tutti memorabili, ma tra di essi mi sembra emergano soprattutto quattro figure: nel campo dell’editoria Roberto Cerati,«il monaco dell’Einaudi», come è stato chiamato, colui che fu presente a tutte le innumerevoli «riunioni del mercoledì», testimone delle leggendarie sfuriate di Giulio Einaudi e già per questo figura eroica. Tra alti e bassi, finché poté Cerati tenne ben saldi i cordoni dell’azienda, ma quando Einaudi volle lanciarsi nella babilonica impresa dell’Enciclopedia, neppure lui ebbe la forza di reggere il colpo e fu il tracollo. Successivamente la casa editrice venne assorbita dalla Mondadori e Giulio Einaudi dovette per forza di cose ricevere la visita dell’odiato Berlusconi. Di quell’incontro tra due personaggi agli antipodi le cronache riportano la battuta del Cavaliere: «Io e lei siamo come il diavolo e l’acqua santa. Ma non sono sicuro chi dei due sia il diavolo».
Splendide sono le pagine dedicate a Corrado Stajano, il Truman Capote italiano, sempre sul crinale tra giornalismo e letteratura, instancabile indagatore dei misteri d’Italia, il quale fu spinto a diventare giornalista dall’indignazione per la morte «accidentale» dell’anarchico Pinelli. Indimenticabili sono pure i capitoli in cui si delineano i ritratti di due intellettuali che hanno fatto della difesa dell’ambiente, del paesaggio e delle innumerevoli bellezze d’Italia il terreno delle loro battaglie: Elena Croce e Antonio Cederna. Si deve essenzialmente a loro e a Giulia Maria Crespi la creazione di Italia Nostra e del FAI, due iniziative benemerite che hanno dato una spinta decisiva per salvare almeno una parte degli innumerevoli tesori artistici della Penisola.
Ma l’impressione più duratura (e malinconica) che si ricava da questo bellissimo libro è che gli anni Novanta del ventesimo secolo appaiono come il decennio che ha segnato il congedo da molti «grandi testimoni» di una generazione. È come se Saibene avesse fatto appena in tempo a intervistarli, dopodiché, uno dopo l’altro, ci hanno lasciati.
Come già in un suo libro precedente, anche qui Milano emerge come la sua città del cuore, una metropoli che a dispetto del grigiore era ricca di stimoli e di incanti, prima di essere sopraffatta dalla «Milano da bere». Fino a pochi anni fa nelle vie centrali di questa gloriosa cittadella della cultura si poteva ancora contare su una fitta rete di librerie, ormai in gran parte sostituite da boutiques, tra cui Milano Libri di Annamaria Gandini (anch’essa citata nel volume). Ogni volta che scendevo a Milano – se posso chiudere con un ricordo personale – non mancavo di passarci per carpirle qualche dritta sulle novità. Lei, già molto in là con gli anni, se ne stava sprofondata in una poltrona tra pile di libri. «Si legga Limonov di Carrère», mi suggerì una delle ultime volte che la incontrai, «è un farabutto, ma che stile!». Mi è sempre rimasto il dubbio su chi tra i due scrittori fosse il destinatario dell’epiteto.