La tredicesima AVS piace all’elettorato

Se si dovesse tener conto solo delle conseguenze finanziarie citate da chi la combatte, l’iniziativa popolare «per una 13.ma mensilità AVS», in votazione popolare il 3 marzo prossimo, sarebbe condannata. Ma a pesare vi è una forte componente sociale, tanto che – secondo i sondaggi – l’iniziativa otterrebbe l’approvazione della maggioranza dell’elettorato svizzero. È vero – e l’esperienza ce lo insegna – questo pronostico favorevole può perdere velocità nelle ultime settimane o inciampare nella doppia maggioranza (popolo e Cantoni) necessaria affinché un’iniziativa popolare venga approvata. Per il momento le cittadine e i cittadini potrebbero accogliere la proposta dei sindacati, sostenuta dal Partito socialista e dai Verdi, di regalarsi una 13.ma rendita AVS, destinata ad aumentare il potere d’acquisto, proposta che raccoglie simpatie anche negli ambienti borghesi.

Sembra invece compromesso il destino dell’altra iniziativa popolare «per una previdenza vecchiaia sicura e sostenibile», promossa dai giovani PLR, che chiede di portare l’età di pensionamento a 66 anni per entrambi i sessi entro il 2033, data a partire dalla quale il limite verrebbe innalzato automaticamente in base all’aumento della speranza di vita media. Il pensionamento a 67 anni è previsto dal 2043 e a 68 dal 2056. La proposta dei giovani radicali è sostenuta dal PLR, dall’UDC, dalle organizzazioni economiche e da certe sezioni cantonali del Centro, ma non piace a tutti gli altri. Governo e Parlamento raccomandano di respingere questo progetto, come pure la 13.ma mensilità.

Il pensionamento a 66 anni è contestato. Appena 18 mesi dopo il risicato sì all’aumento a 65 anni (25 settembre 2022) dell’età di pensionamento delle donne (riforma AVS 21), entrato in vigore quest’anno e che sarà attuato a tappe dal 2025 al 2028, gli svizzeri dovrebbero pronunciarsi su un nuovo aumento. Secondo i giovani radicali, la loro iniziativa vuole stabilizzare l’AVS e garantire le rendite senza gravare sui giovani. Una proposta volta al fallimento, anche perché l’aumento dell’età pensionabile non ha mai sollevato entusiasmi. Per i contrari, il testo ignora la realtà vissuta da molti pensionati e non farebbe che esacerbare le inuguaglianze sociali.

L’AVS, che si basa sulla solidarietà tra generazioni, è entrata in vigore nel lontano 1948. L’articolo 112 della Costituzione svizzera prevede che le rendite AVS coprano il fabbisogno vitale degli assicurati. Cosa che non avviene sempre. Ecco perché è stata lanciata la proposta per una 13.ma mensilità AVS. Oggi sono circa 2,5 milioni i beneficiari di una rendita AVS. Per le persone singole, quella mensile varia tra un minimo di 1225 e un massimo di 2450 franchi. Le coppie sposate ricevono fino a 3675 franchi, pari al 150% della rendita massima individuale. Le uscite annuali dell’AVS raggiungono i 50 miliardi di franchi e rispettano ancora il principio di non superare il capitale (circa 47 miliardi a fine 2022). Le entrate provengono in primis dai contributi della popolazione attiva e dei datori di lavoro e da altre fonti (contributo della Confederazione, una parte dell’IVA e altre imposte).

In caso di accettazione dell’iniziativa, a partire dal 2026 la rendita di vecchiaia verrebbe erogata tredici volte all’anno, pari a un aumento mensile dell’8,3%. Le prestazioni complementari rimarranno comunque intatte. Il fabbisogno AVS aumenterà di 4,1 miliardi, di cui 800 milioni a carico della Confederazione. Dal 2031 la fattura supplementare sarà di 5 miliardi di franchi. L’iniziativa non dice come far fronte a questa maggiore necessità finanziaria. Toccherà al legislatore rispondere. È ipotizzabile un aumento dei contributi salariali pari allo 0,4% ciascuno per impiegati e datori di lavoro, una crescita dell’IVA dall’8,1% al 9,1% e delle imposte. Il Consiglio federale ricorda che, anche senza il versamento della 13.ma, nei prossimi anni l’importo totale delle rendite di vecchiaia crescerà a causa del raggiungimento dell’età pensionabile della generazione del baby boom (l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali parla di 500-700’000 casi) e dell’invecchiamento della popolazione. Se al momento ci sono ancora 3 attivi per finanziare la rendita di un pensionato (nel 1948 erano 6,5), dal 2035 – mette in guardia il Consiglio federale – si scenderà a 2,1 attivi per pensionato. Nel 2032 il fabbisogno annuo complessivo salirà a 63,5 miliardi.

Per gli oppositori della 13.ma mensilità è una mera questione di finanze. Comunque quest’evoluzione deve indurre alla prudenza, sebbene i fautori dell’iniziativa sostengano – come anche il Consiglio federale – che dal 2026 l’AVS registrerà eccedenze annue pari a 3,5 miliardi, ciò che coprirebbe in parte i costi della 13.ma AVS. Alla fine del decennio, sempre secondo i sindacati, l’AVS disporrà di un patrimonio di 67,5 miliardi di franchi, malgrado gli «scenari catastrofici» prospettati dagli oppositori. Per loro la 13.ma è dunque finanziabile. In un contesto caratterizzato dagli aumenti degli affitti, dei premi malattia, dell’elettricità, dei trasporti e da una perdita del potere d’acquisto, una 13.ma AVS sembra sedurre un elettorato che va ben oltre la sinistra. I pensionati hanno bisogno di maggior sostegno. Secondo il presidente dell’Unione sindacale svizzera Pierre-Yves Maillard (PS) non si può rimanere indifferenti verso chi deve «tirare la cinghia in modo inaccettabile». In Ticino – ricorda Pro Senectute – il 29,5% degli over 65 vive in condizioni precarie (reddito mensile inferiore ai 2300 franchi). Per Maillard l’AVS non adempie dunque più al mandato costituzionale di garantire il fabbisogno vitale. Secondo gli avversari, l’iniziativa vuole ridistribuire «denaro che non c’è». Essi sono poi contrari a una «politica dell’annaffiatoio» che attribuisce la 13.ma AVS anche a coloro che non ne hanno bisogno. Ma l’USS replica che chi si oppone alla 13.ma perché aumenta anche la rendita dei ricchi, in realtà contesta l’intera AVS, basata sul principio assicurativo. I contrari chiedono misure più mirate e meno costose. L’attuale ponderazione delle rendite potrebbe essere riveduta in favore di quelle più basse.

Un’opinione condivisa dalla consigliera federale socialista Elisabeth Baume-Schneider che, in linea con il Governo, si trova a combattere l’iniziativa, contro la volontà del suo partito. Affermando che non vi è margine di manovra finanziaria per l’introduzione di una 13.ma AVS, ha promesso che «farà proposte per una via mediana» nell’ambito della prossima riforma dell’AVS, che il Consiglio federale presenterà entro il 2026. A suo modo di vedere, è meglio dare la precedenza a soluzioni adattate alle persone che vivono nella precarietà. Un altro aspetto sostenuto dagli avversari dell’iniziativa sono le rendite AVS/AI versate all’estero (nel 2022 erano più di un milione per un valore mensile di 627 milioni di franchi). A causa della forza del franco svizzero – affermano – queste rendite hanno già guadagnato notevolmente in fatto di potere d’acquisto e la 13.ma AVS è dunque superflua. Ciò non vale però per i pensionati rientrati in patria per i quali l’AVS è sovente la sola fonte di sostentamento. Per gli avversari, con l’iniziativa il sistema pensionistico svizzero compie un «salto nel buio». Secondo i fautori, gli argomenti degli oppositori sono unilaterali: la situazione non è drammatica e l’AVS non è affatto sull’orlo della bancarotta. La 13.ma rendita AVS – come detto – sembra avere il vento in poppa, sostenuta pure dall’incognita del segreto dell’urna: il pensionato (o chi è prossimo alla pensione), pur non avendone veramente bisogno, potrebbe chiedersi, con una punta di egoismo, se sia veramente il caso di rinunciare a questa «manna dal cielo».

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