La grande rampa situata al centro dell’edificio della SUPSI di Mendrisio ospita la mostra del Premio SIA 2024, aperta al pubblico fino all’8 marzo. È il risultato della sesta edizione della manifestazione che seleziona le migliori opere costruite in Ticino e che indica, con l’approssimazione derivante dall’autocandidatura dei partecipanti, qualche significativa tendenza insediativa. I progetti di abitazioni unifamiliari, per esempio, nelle prime edizioni del premio prevalevano, mentre oggi si sono ridotti al 17% delle 54 opere presentate, superati dal 22% delle residenze collettive. Nella cultura diffusa si fa strada, seppur lentamente, il concetto di risparmio dell’uso del suolo e cala l’allontanamento dalla socialità urbana.
Il premio è stato assegnato al progetto di riqualificazione degli spazi pubblici di Monte di Castel S. Pietro di Studioser Architects, Lugano-Zurigo. Una menzione è stata assegnata al Campus SUPSI di Mendrisio di BCMA architectes di Ginevra (nella foto), una menzione all’ampliamento e risanamento dell’ICEC di Bellinzona di Canevascini & Corecco di Lugano e una menzione under 40 alla mensa scolastica della scuola elementare di Viganello di Inches Geleta Architetti di Locarno. Tutti i progetti selezionati sono opere pubbliche (le tre menzioni sono progetti di scuole) e i mandati sono stati conferiti a seguito di concorsi.
Il progetto che ha vinto il premio è l’esito eccellente di un lungo lavoro di analisi e confronto con i residenti, praticato da due giovani architetti colti e sensibili, che hanno saputo interpretare il carattere di questo borgo antico, in mezzo ai boschi della valle di Muggio. Il rinnovo dei pavimenti, le sedute, i corrimani, le fontane e altri manufatti dal disegno elementare ed elegante hanno attrezzato i minuti spazi pubblici del borgo, favorendo soprattutto la frequentazione degli anziani. Un intervento nel suo genere esemplare e già pluripremiato in altre competizioni.
La menzione dedicata ai professionisti under 40 è stata conferita all’ampliamento della Scuola di Viganello, costruita negli anni Settanta da Sergio Pagnamenta. Lo spazio per la mensa e per il doposcuola è costruito sulla copertura della scuola, con una struttura metallica leggera e trasparente, sovrapposta ai volumi cementizi dei piani inferiori. A volte succede che l’ampliamento di un edificio preesistente appaia come necessario, nel senso che la condizione precedente, ripensata dopo l’intervento, sembra mancante della parte che è stata aggiunta. Questa «necessità» è una qualità propria delle architetture migliori.
Le due menzioni di architettura per la SUPSI di Mendrisio e la «scuola commerciale» di Bellinzona riguardano edifici di grande scala, che si confrontano con il territorio e le sue importanti problematiche. Il primo rinnova in modo significativo la tradizione costruttiva ticinese, introducendo la prefabbricazione pesante. I muri perimetrali portanti, ereditati dagli edifici in pietra, vengono sostituiti da un sistema costruttivo basato sull’assemblaggio di componenti. La colorazione rossa di tutte le parti – un artificio già adottato da Tita Carloni nella scuola gialla di Stabio – conferisce una forte unità alla fabbrica. Il suo aspetto industriale ben si accompagna alla macchina scientifica della formazione universitaria di architetti e ingegneri e rivela all’interno una spazialità inusitata. La lunga rampa distribuisce tutti i locali e forma uno spazio di rara bellezza, che si presta agli usi collettivi più diversi. L’occupazione di suolo minima necessaria e l’adiacenza alla stazione FFS sono qualità anch’esse rare di sostenibilità territoriale e sociale.
L’ampliamento dell’edificio della scuola commerciale di Bellinzona di Augusto Jäggly – oggetto anche di un raffinato rinnovo interno – è un altro esempio di scelta insediativa intelligente, che stabilisce relazioni contestuali radicalmente nuove. Il rapporto della città con il fiume è stato oggetto di molti progetti moderni diretti a connettere i due paesaggi storicamente contrapposti. L’ampliamento è un nuovo edificio dal fronte razionale e rigoroso, parallelo al primo e sollevato dal suolo, a formare un lungo spazio coperto che ristabilisce la continuità spaziale con i prati della golena fluviale.
Non sono invece stati assegnati i previsti riconoscimenti specificamente dedicati ai committenti e alla sostenibilità. I lettori appassionati di architettura possono leggere il verbale della giuria (presieduta da Damiano Realini) che motiva le scelte con una capacità critica che si incontra raramente nei verbali dei concorsi, riferite sia ai premi sia alle esclusioni. In sintesi, la giuria ha invitato i committenti privati e pubblici (cioè la politica) a formulare finalmente proposte rivolte, per esempio, a superare i limiti costituiti dalle proprietà, per concepire progetti di più grande scala e capacità trasformativa. Riguardo alla sostenibilità, ha espresso critiche all’uso delle numerose certificazioni labels, invitando a mirare alle questioni fondamentali della cultura della costruzione, facendosi forza con il motto di Luigi Snozzi: «Ogni intervento comporta un dispendio di energia. Costruisci e consuma con senno e sobrietà».
Nelle discussioni tra il pubblico che ha partecipato all’inaugurazione della mostra abbiamo colto una questione ricorrente: perché assegnare un premio così autorevole – che indica le scelte progettuali più adeguate per affrontare le criticità della realtà contemporanea – mettendo in competizione, in una stretta graduatoria, un progetto di cura dei piccoli spazi urbani, con progetti che affrontano temi insediativi di scala territoriale, come quelli di Mendrisio e di Bellinzona? Non sarebbe più efficace al perseguimento degli obiettivi della SIA un sistema come quello della Distinction Romande d’Architecture, che seleziona a pari merito un gruppo più numeroso di progetti meritevoli, invitando a esaminare con attenzione soluzioni a scale diverse e altrettanto esemplari?