Viale dei ciliegi

Simone Saccucci, L’ultima ferita, Giralangolo (Da 11 anni)

Tanti ingredienti ribollono nel calderone denso di questo romanzo: un percorso adolescenziale di crescita, alla scoperta di sé, un viaggio nel tempo, una riflessione sul potere salvifico delle storie, accenni di lezione su storia e teoria della fiaba. Al netto di quest’ultimo apporto, che a tratti rischia qualche pesantezza didascalica, ad esempio con la citazione d’ordinanza di Jack Zipes (autorevole studioso di fiabe ma certo non l’unico), o con l’addentrarsi aristotelicamente nel discorso dell’«ordine» che le storie apportano alle vicende, contrapposto all’entropia della vita vera, occorre comunque sottolineare gli aspetti interessanti di questo romanzo, in cui possiamo immaginare che l’autore metta tanto di sé, della sua vita professionale di educatore e di cantastorie. La protagonista è Maya, una ragazzina alle soglie dell’adolescenza, che da Parigi si trasferisce con i genitori in un villaggio della Normandia, nella casa dei nonni, i quali per lei rappresentano, e rappresenteranno, un riferimento affettivo forte. Un giorno in cui accompagna il nonno nel bosco, da una guaritrice, Maya viene ferita da un paio di forbici. Questa ferita (tema cruciale nel romanzo, nella sua doppia declinazione di sofferenza e guarigione), aprirà per lei un portale verso un Altrove a ritroso nel tempo, nel XVII secolo, dove si ritroverà nelle vesti di dama di compagnia di Marie-Catherine d’Aulnoy, personaggio realmente esistito e donna dalla vita rocambolesca, nota soprattutto come Madame D’Aulnoy, autrice di celebri fiabe. Maya viaggerà avanti e indietro nel tempo, vivrà avventure tra Francia e Spagna al fianco di Marie, ma sarà anche un’adolescente contemporanea, unica figlia di due genitori preoccupati e tuttavia non sempre in grado di ascoltarla veramente. Quello che Maya troverà, grazie ai nonni, a Marie, e soprattutto grazie alla magia illuminante e curativa delle storie, è il coraggio di percorrere gioiosamente la strada verso sé stessa, nel suo tempo, qui e ora. Senza paura di sbagliare e accettando l’imperfezione, che fa parte della vita. Quella vita unica per ognuno di noi, quella vita che per ognuno di noi è la più bella storia. In fondo, come dicevano gli antichi, dentro ogni storia troviamo noi stessi. De te fabula narratur.

Tina Oziewicz-Aleksandra Zajac, La Pazienza ama le fragole.Storie che abitano dentro di noi, Terre di Mezzo (Da 4 anni)

I libri dedicati alle emozioni non mancano nell’editoria per l’infanzia, ed è evidente che, nella quantità, non tutto brilla per qualità. Tra le proposte che invece si distinguono, c’è La Pazienza ama le fragole, di due autrici polacche, Tina Oziewicz, docente universitaria di filosofia, e Aleksandra Zajac, grafica, pittrice e scultrice. Nel loro precedente libro, Ci conosciamo?, era forse più alle illustrazioni che si affidava la forza comunicativa del libro, dal momento che si trattava «soltanto» (ma un «soltanto» molto profondo, suscitatore in chi legge di altre condivisioni, narrazioni, riflessioni) di un inventario di stati d’animo, descritti con poche parole evocative e immagini che davano a ognuno un carattere, rendendolo personaggio («la Serenità accarezza un cane», «la Pazienza ha un bel giardino», «la Fiducia costruisce ponti»…). Qui invece tutto diventa più articolato perché i vari sentimenti ed emozioni personificati si incontrano, entrando in relazioni di vario tipo e dando vita a una storia più complessa, condotta in armonia da testo e immagini. Si comincia con la Nostalgia, che come ogni dicembre tira fuori le decorazioni per l’albero di Natale e «intere scene se ne stanno chiuse nella sfera di vetro del tempo. La scuoti, e i ricordi iniziano a vorticare come la neve…». Ma ecco che altre amiche vengono a fare compagnia alla Nostalgia, tra cui la Gratitudine. E si creano legami, come quello tra Coraggio e Fiducia, ad esempio. A volte i personaggi assumono inaspettate connotazioni positive (come quando la Testardaggine diventa Determinazione), o negative (la Memoria, come osserva la Gratitudine, ficca spesso nei cassetti più nascosti le cose belle, mettendo invece quelle brutte bene in vista). Tra questi adorabili personaggi, la creatura più poetica è l’Inutilità, che conduce una vita mite in un bidone della spazzatura, tra piccole cose scartate o dimenticate, in una stanzetta arredata con tre poltroncine di seta fatte con bustine triangolari di tè Earl Grey, disposte attorno a un tavolino fatto con una scatola di fiammiferi. Un libro per ogni età.

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