Svolta nella gestione dei migranti

Sembra andar di corsa il neo-consigliere federale Beat Jans (nella foto). Solitamente ad un ministro fresco di elezione vengono concessi cento giorni per abituarsi al suo lavoro e anche alla sua nuova vita. Al termine di questi tre mesi viene poi organizzata una prima conferenza stampa, in cui il consigliere federale in questione parla del suo programma e fa capire quale sarà la nuova impostazione alla guida del Dipartimento federale che gli è stato assegnato. Questa la consuetudine, figlia di regole non scritte, una prassi più che consolidata nella storia del nostro Paese. Il neo-ministro di giustizia e polizia ha invece pigiato sull’acceleratore e in una cinquantina di giorni soltanto ha scoperto le sue prime carte.

A sorpresa, la settimana scorsa, Jans ha fatto leva su una visita già prevista da tempo a Chiasso per presentare alcune riforme della politica d’asilo nel nostro Paese, aggiungendo anche un pacchetto pensato in modo specifico per Chiasso e più in generale per il Basso Mendrisiotto. Va detto che questa trasferta in Ticino era prevista da tempo, era stata annunciata da Elisabeth Baume-Schneider in autunno, prima che decidesse di lasciare la guida del Dipartimento federale di giustizia e polizia. Jans non si è però limitato a mantenere questo appuntamento, il neo-consigliere federale ha voluto fare di questa sua visita a Chiasso una sorta di punto di partenza per una svolta nella gestione dei migranti in Svizzera.

Diverse le misure che ha presentato, lungo due direttive principali. Con la prima si mira ad accelerare maggiormente le procedure d’asilo, facendo leva su un progetto pilota già collaudato a Zurigo e con il quale in sole 24 ore si evadono le richieste di persone che – visto il loro Paese d’origine: Algeria, Marocco e Tunisia – hanno meno dell’1% di possibilità di ottenere lo statuto di rifugiato e di rimanere in Svizzera. Il secondo capitolo di misure presentato da Jans mira invece a contrastare il più possibile chi commette reati dentro e fuori i Centri federali di accoglienza. Tra i richiedenti l’asilo sono pochi quelli che non rispettano le regole, ha sottolineato il neo-ministro, intenzionato comunque a intervenire con maggiore decisione in questo ambito, anche attraverso un maggiore ricorso alla carcerazione preventiva o al rinvio coatto, migliorando anche la collaborazione con i Cantoni. «Capisco che la popolazione si senta costretta ad accettare la situazione e non al sicuro», ha fatto notare Jans. Toni che hanno sorpreso, soprattutto perché espressi da un politico di sinistra. Per Jans però l’ideologia conta poco, come ha tenuto lui stesso ad affermare, ci sono dei problemi e vanno affrontati.

Quanto presentato a Chiasso non è però piaciuto all’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati, secondo cui queste misure violano il diritto d’asilo. In ogni caso dopo il difficile anno di Elisabeth Baume-Schneider alla guida di questo delicato settore, ora il vento sembra essere cambiato, come sottolineato anche dalla reazione positiva dei sindaci dei comuni del Mendrisiotto e dai rappresentanti del Consiglio di Stato ticinese che martedì scorso hanno incontrato il neo-ministro. Al momento si tratta comunque soltanto di buoni propositi che andranno ora implementati, sfruttando i margini di manovra concessi dalle norme in materia. Per quanto riguarda Chiasso e il Basso Mendrisiotto i provvedimenti riguarderanno soprattutto la questione della sicurezza, abbinata a una maggiore integrazione dei richiedenti nella vita sociale della regione, migliorando ad esempio il loro coinvolgimento in lavori di pubblica utilità. Va detto che proprio questa settimana a Berna inizia la sessione primaverile delle Camere federali, un appuntamento che potrebbe in parte spiegare il colpo di acceleratore di Beat Jans. Il ministro basilese dovrà affrontare in aula alcuni nodi irrisolti della politica d’asilo svizzera, e la tappa di Chiasso gli permette di presentarsi davanti al Parlamento con toni propositivi e con qualche misura pronta ad essere varata. Nelle tre settimane di sessione il tema dei migranti emergerà più volte durante i dibattiti parlamentari.

Tra gli argomenti da affrontare ve n’è uno decisamente delicato dal punto di vista politico, ed è quello che riguarda i profughi ucraini che vivono nel nostro Paese e che beneficiano dello Statuto di protezione S. Un tema che Beat Jans non ha affrontato durante la sua visita a Chiasso ma che non potrà evitare nelle prossime settimane. Ma andiamo con ordine. L’invasione russa dell’Ucraina è iniziata ormai due anni fa e quasi da subito il nostro Paese ha messo a disposizione questo statuto di protezione alle migliaia di cittadini ucraini che per una ragione o per l’altra hanno scelto la Svizzera come luogo di rifugio, a fine 2023 erano oltre 66mila i profughi a cui è stata accordata questa protezione speciale. Lo Statuto S era stato pensato negli anni 90 del secolo scorso, dopo la guerra nell’ex Jugoslavia, ma non era mai stato applicato concretamente. Si tratta dunque di una prima storica. Questo regime permette una maggiore libertà di movimento rispetto allo statuto di rifugiato, i cittadini ucraini possono ad esempio ottenere il ricongiungimento famigliare, lavorare anche in modo indipendente e viaggiare all’estero, senza autorizzazioni particolari. Lo Statuto S ha un anno di validità, che però può essere prolungata fino a cinque anni. Nel novembre scorso il Consiglio federale ha deciso di estenderne la validità fino al mese di marzo del 2025, poi si vedrà. Ma già in precedenza da più parti erano emerse critiche per questo statuto speciale, pensato per far fronte a una situazione di emergenza e non per una crisi che rischia di prolungarsi a tempo indeterminato, creando di fatto due categorie di profughi, quelli che devono affrontare la procedura d’asilo canonica e quelli che invece possono avvalersi dello Statuto S.

Al netto dei casi di abusi, va detto che questo statuto interpella direttamente i Cantoni e i Comuni, chiamati a coprire le spese di sostentamento e di alloggio di questi cittadini ucraini. Più il tempo passa e più cresce il sospetto che la Confederazione voglia mantenere questo statuto anche per poter continuare a riversarne una buona parte dell’onere ai Cantoni e ai Comuni. Per il Consiglio federale ogni tipo di adattamento di questo statuto va coordinato con l’Unione europea, visto che ogni Paese del Vecchio Continente ha dovuto fare i conti con questa improvvisa ondata migratoria. Il tema verrà discusso dal Consiglio degli Stati nel corso di questa sessione primaverile delle Camere federali. In aula ci sarà anche Beat Jans, per la prima volta in veste di consigliere federale. E così, ancor prima dei canonici cento giorni, scopriremo la visione del neo-ministro anche per quanto riguarda la gestione dei profughi ucraini. Il basilese sembra proprio andare di corsa.

Related posts

Quella Svizzera felicemente neutrale

«La Svizzera deve impegnarsi di più»

Il futuro incerto della roccaforte underground