Sabrina Németh ama Ronco sopra Ascona. Un amore ricambiato sin da piccola quando da Zurigo giunse in paese con i familiari, abitando poi in collina. E nonostante per lavoro o svago abbia girato la Svizzera, l’Europa e buona parte del mondo, non s’è mai voluta sradicare da questa sponda destra del Verbano. Németh si è laureata in architettura all’Accademia di Mendrisio e in pianificazione territoriale al Politecnico di Zurigo, ha lavorato in diversi studi professionali in Svizzera e all’estero e come assistente di progettazione architettonica e ricercatrice scientifica nel recupero degli stabili storici presso l’Accademia di Mendrisio. Importante per lei è stata inoltre l’esperienza pluriennale alla sede centrale di Patrimonio svizzero, a Zurigo, organizzazione non governativa che dal 1905 si impegna nella promozione della cultura architettonica, degli spazi urbani e naturali.
Patrimonio svizzero che ogni anno, dal 1972, assegna il prestigioso Premio Wakker, di cui Németh è stata responsabile, onorando i comuni che favoriscono lo sviluppo armonioso dell’abitato e degli insediamenti, in linea con orientamenti pianificatori attuali e rispettosi degli spazi e della loro storia. Da oltre dieci anni l’architetto si è comunque distinta e impegnata in particolare, per far amare la «sua» Ronco a turisti, visitatori, istituzioni e residenti, guidandoli tra le vie del borgo, il nucleo di Fontana Martina e la riva, facendo loro scoprire angoli, case, terrazzamenti e paesaggi che solo chi apprezza e conosce intimamente questo villaggio abbarbicato sulla collina può raccontare.
In collaborazione con l’Associazione Ronco Cultura e Tradizioni (ARCT) – co-fondata nel 1999 dalla compianta Cornelia Schwarz-Ammann, sodalizio che quest’anno taglia il traguardo dei 25 anni di attività e del quale Németh è presidente dal 2011 –, l’architetto ronchese coordina difatti le visite guidate, le conferenze e mostre, partendo da Casa Ciseri, storica residenza in piazza del Semitori, nel centro di Ronco, che è anche sede dell’associazione. «In questa mia attività di divulgatrice a Ronco, iniziata una decina d’anni fa, ho unito la mia grande passione per l’architettura e i viaggi, la mia curiosità di scoprire la storia e la mutazione dei siti. L’architettura, ambiente costruito e creazione visiva dell’uomo, è in effetti lo specchio più diretto dello Zeitgeist e degli stili di vita di una società e di un’epoca, spesso l’unica testimonianza fisica duratura a caratterizzare, in modo determinante, l’identità di un luogo – sottolinea –. Oltre ai tratti architettonici e paesaggistici, propongo altre visite tematiche come l’impatto della migrazione artistica, oppure l’evoluzione storica delle abitazioni. E oltre a Ronco, questa promozione e conoscenza della cultura del territorio è al centro della mia attività in Ticino e in tutta la Svizzera quale architetto e guida culturale indipendente», ci dice mentre la incontriamo su una panchina del piazzale della chiesa della Madonna delle Grazie, con magnifica vista sul lago.
La prima citazione del paese risale al 1264, nella forma Ronco de Schona, nome derivato dal verbo latino runcare, cioè dissodare. Dalla riva del lago alle prime pareti rocciose sopra il borgo, il territorio era infatti del tutto coltivato fino alla prima metà del Novecento. Ed è verosimile ipotizzare siano stati gli asconesi stessi i primi a colonizzarlo e a coltivarlo, con campi e vigneti, ma anche con colture tipicamente mediterranee, come l’ulivo, che, con la vite, ha sempre prosperato sugli stretti pianori retti da muri a secco, battuti dal sole e rinfrescati dall’Invèrna, il vento da sud. Come per tanti amori contrastati, a volte Sabrina Németh si trova peraltro a considerare con occhi critici il villaggio che l’ha vista fin da piccola aggirarsi nel nucleo, inseguire i compagni di giochi tra i viottoli e i giardini di case secondarie abitate solo per qualche mese l’anno, godersi il panorama ove si staglia la chiesa di San Martino, con quel suo campanile cartolina a dominare il lago Maggiore. «All’inizio del ’900 erano solo le coltivazioni terrazzate, e i ronchesi andavano fieri del loro territorio collinare con vista lago. Poi, dagli anni ’30, s’è avviata l’inesorabile “invasione”, per il clima mite, l’aria limpida, l’orizzonte eccezionale: al posto dei terrazzamenti sono sorte le prime case, ma è dal secondo dopoguerra che s’è consumato una sorta d’attacco urbanistico e paesaggistico a Ronco, con il boom edilizio delle costruzioni di case per vacanza, con stili e soluzioni architettoniche disordinate e troppo spesso discutibili. Un’invasione che purtroppo non s’è ancora interrotta, tant’è che Ronco ha gli stessi abitanti di quattro secoli fa, ma, nel frattempo, è sorta una miriade di abitazioni, di ville, di residenze secondarie», ci spiega.
Varie le attività intese allora dall’Associazione Ronco Cultura e Tradizioni a valorizzarne il volto storico e rilanciare il centro paese. Nel 2021, ad esempio, in occasione del bicentenario della nascita di Antonio Ciseri, pittore ronchese di larga fortuna a Firenze, s’è organizzata un’esposizione, sempre curata da Sabrina Németh e dallo storico Marino Viganò, vicepresidente dell’ARCT, per rammentare la larga migrazione di ronchesi in Toscana (vedi box). Va pure ricordato l’ampio successo dell’esposizione dell’artista Manon, pioniera dell’arte contemporanea svizzera, tenutasi sempre in Casa Ciseri nel 2023.