La Svezia nella Nato e il futuro dell’Alleanza

by Claudia

Dopo quasi due anni dalla prima richiesta di adesione alla Nato, dall’11 marzo 2024 la bandiera della Svezia sarà issata davanti al quartier generale dell’Alleanza atlantica a Bruxelles, la trentaduesima bandiera. Ci è voluto più tempo che per la Finlandia, che aveva iniziato il percorso assieme alla sua vicina, perché la Svezia ha incontrato l’opposizione di Turchia e Ungheria. È stato il Parlamento ungherese alla fine più ostico, per ragioni che hanno a che fare con l’ostilità perenne del premier Viktor Orban rispetto alla Nato e all’Ue, facendo un gran favore a Vladimir Putin. Ma infine l’allargamento c’è stato, ed è una delle vittorie più importanti dell’Occidente. Ancora oggi, a due anni dall’aggressione russa all’Ucraina, persiste ancora tra i putinisti (e i pacifisti) l’idea che la Russia reagisca a una «provocazione» della Nato. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha spiegato con un video perché non c’è stata alcuna provocazione. È partito dal 2014, quando si è verificata la prima invasione russa e l’Ucraina era ancora un Paese neutrale (come neutrale erano la Svezia e la Finlandia fino al 2022). Allora lo spazio della neutralità era ampio, ma poi arrivarono nel Donbass e in Crimea gli «omini verdi», ovvero i soldati russi, e l’Ucraina non riuscì più a pensarsi neutrale: doveva difendersi. Ma c’era la «promessa» che fu fatta a Gorbaciov – e che lui stesso ha poi smentito – nel 1990 durante i negoziati sulla riunificazione della Germania: la Nato non si sarebbe mai allargata a est. Era estate, esisteva il Patto di Varsavia e nessuno immaginava che potesse dissolversi, e quindi nessuno si immaginava neppure che potesse esserci un allargamento della Nato a est, dove appunto c’era l’altra alleanza, quella del Patto. In più il funzionamento della Nato è chiaro: sono i Paesi che chiedono l’ingresso nell’Alleanza, fanno riforme e adattano i loro sistemi militari per soddisfarne i criteri, non c’è mai stata alcuna imposizione da parte dell’Alleanza. Putin sa benissimo sia questo sia che la promessa non c’è mai stata, ma sa anche – dice Kuleba – che ci sono moltissime persone che ci credono e, finché queste esistono, il presidente russo potrà fare la vittima dell’aggressione, ribaltando per l’ennesima volta la verità storica.

La propaganda russa si consolida così, con il revisionismo storico e gli attacchi per destabilizzare la politica e le opinioni pubbliche occidentali. È appena successo con il clamoroso video di quasi 40 minuti dei funzionari militari tedeschi fatto trapelare dall’organo di propaganda più esplicito della Russia, Rt. Il messaggio del Cremlino era duplice: una prova di forza – possiamo ascoltarvi quando vogliamo – e la dimostrazione della disunità europea, perché nel filmato si discute della riluttanza del cancelliere tedesco Olaf Scholz a inviare il sistema missilistico Taurus in Ucraina. E si può dire che in qualche modo abbia funzionato, perché da allora non facciamo che discutere del ritorno delle spie russe in Europa e degli scambi irosi tra Berlino e Parigi sulla determinazione ad aiutare Kiev, tra fatti e parole. L’allargamento della Nato è una delle rare buone notizie che permettono di contrastare questo senso di forza che la Russia vuole proiettare sull’Occidente, sapendo che molti sono in ascolto. Incombe il possibile ritorno di Donald Trump alla guida dell’America, con i suoi collaboratori – come Steve Bannon, che ora costruisce la seconda stagione del trumpismo dalla sua trasmissione «War Room» – ancora più perentori di lui nel chiedere agli alleati di contribuire alla Nato o di aspettarsi un ritiro americano dall’Alleanza. Ma i partner europei si sono già dati una mossa: per la prima volta nella storia, raggiungeranno il contributo del 2%; dal 2022 c’è stato un aumento annuale pari a 10 miliardi di dollari, e per quest’anno il contributo europeo sarà di 380 miliardi di dollari. Senza l’America il potenziale della Nato è debilitato, ma l’Europa ha già iniziato a fare la sua parte. Poi certo le divisioni restano. Le vediamo per la nomina del prossimo segretario generale: c’è un generale consenso attorno al nome di Mark Rutte, attuale primo ministro olandese. Orban però, lo stesso che ha tenuto in sospeso l’ingresso della Svezia, si oppone a Rutte e non lo sosterrà. Per il momento non ha fatto nomi alternativi, ma che il premier ungherese sia l’europeo più amato da Putin e al contempo da Trump, rende questa sua ostilità al rafforzamento e all’unità della Nato esplicita e inquietante.