Swisscom e Vodafone: dal locale al globale

by Claudia

L’intenzione di Swisscom SA di acquistare la Vodafone italiana ha suscitato vivaci commenti nei media svizzeri nel corso delle ultime settimane. In generale il loro tono è prudente, anzi scettico, se non addirittura negativo. Si ricorda la lista dei progetti all’estero di Swisscom che non hanno avuto esito positivo per concludere che, anche questa volta, il rischio dell’operazione potrebbe essere elevato. Ora, se il progetto fosse stato portato avanti da una qualunque azienda privata, nessuno avrebbe avuto qualcosa da ridire. Partecipazioni di aziende della telecomunicazione ad aziende che operano nello stesso campo in altre Nazioni non sono certamente una novità. Ma Swisscom SA non è un’azienda privata qualunque. Anzi, fino all’altro ieri era un’azienda statale, una regia del Governo federale. Faceva parte di quel gruppo di aziende come le FFS che, per essere di fatto monopoli naturali, erano state statalizzate in Svizzera (in tanti altri Paesi europei succedeva lo stesso) nella seconda metà del XIX secolo o all’inizio del XX. Osserviamo che la statalizzazione era giustificata anche dal fatto che, nel campo delle infrastrutture per la comunicazione, queste aziende avevano e hanno a livello nazionale, un’importanza strategica sostanziale in quanto assicurano il cosiddetto fabbisogno di base.

Il mercato della posta e delle telecomunicazioni è stato liberalizzato in Svizzera nel 1997. Prima di allora queste attività, come pure i movimenti in denaro dei conti chèques, erano gestiti dalle PTT, per l’appunto un’azienda dello Stato. Delle tre attività di questa azienda l’unica che realizzava profitti era la telefonia anche in forza di tariffe molto elevate. Con la liberalizzazione le PTT vennero suddivise in due società: Swisscom SA che si occupa, in primis, della telefonia e la Posta che esplica le operazioni logistiche e gestisce le attività finanziarie di Postfinance. Fino a oggi la Confederazione ha continuato a detenere la maggioranza delle azioni di queste aziende. Nel caso di Swisscom SA si tratta del 51% e rotti del capitale azionario. Siccome Swisscom SA continua a produrre profitti interessanti, anno sì, anno no, la Confederazione, come maggiore azionista, incassa circa mezzo miliardo di franchi di dividendi. Sin dal momento della creazione di queste nuove aziende con statuto privato la questione della proprietà pubblica ha diviso in due il mondo politico elvetico. Ci sono politici che sostengono che, data l’importanza strategica di queste società nel campo delle infrastrutture per la comunicazione e per gli scambi, la quota della Confederazione nel capitale delle stesse non dovrà mai essere inferiore al 50%. Altri politici invece insistono perché le nuove società diventino a tutti gli effetti aziende private, senza partecipazioni al capitale da parte della Confederazione, o con una partecipazione minima che non consenta alla stessa di creare inciampi al loro sviluppo. Non sorprende quindi che, nello scambio di opinioni attorno all’intenzione di acquistare la Vodafone italiana, oltre ai rischi dell’operazione si discuta in particolare la questione della portata della partecipazione statale al capitale di Swisscom AG. Sì, perché l’espansione all’estero di questa azienda ha nettamente modificato la natura di questo dibattito. Tenendo conto di questa nuova situazione, i sostenitori della sua privatizzazione completa avanzano ora due tipi di argomento.

Da un lato sostengono che la partecipazione della Confederazione al capitale non è più sostenibile perché oggi Swisscom SA è un’azienda diversificata, con un’offerta di prodotti nel digitale che va ben al di là delle esigenze dell’approvvigionamento di base della Svizzera. Dall’altro osservano che la società è, di fatto, diventata una multinazionale. Essa è infatti presente già oggi sul mercato italiano delle telecomunicazioni con Fastweb. Su questo mercato Swisscom SA ha realizzato, lo scorso anno, un fatturato di 2,6 miliardi di franchi, il che rappresenta quasi un quarto del fatturato della società. Con l’integrazione di Vodafone la quota del mercato italiano nel fatturato complessivo di Swisscom SA dovrebbe salire al 40%. Seguendo quindi l’argomentazione di coloro che vogliono privatizzare completamente Swisscom SA, maggiore è la quota estera del fatturato, sempre meno giustificabile sarebbe la partecipazione della Confederazione al capitale. Attendiamo con interesse ulteriori sviluppi di questo dibattito.