Democrazia diretta a rischio?

È la legge suprema del nostro Paese, ma non sempre ha la vita facile. Se ne è avuta l’ennesima prova nel corso dell’ultima sessione delle Camere federali, che si è conclusa venerdì scorso. Tre settimane in cui la Costituzione svizzera è stata messa alle corde da un paio di modifiche di legge che hanno fatto parecchio discutere perché interpreterebbero in modo piuttosto vaporoso il mandato costituzionale, questa è perlomeno l’accusa di chi si è opposto alle riforme in questione. In gioco c’è il rispetto della volontà popolare (e dei Cantoni) e il valore della nostra democrazia diretta, né più né meno. Il tema è dunque delicato e di basilare rilevanza per gli equilibri istituzionali del nostro Paese. Ma andiamo con ordine.

Sono due in particolare le normative che hanno dato il la a discussioni e polemiche in merito al rispetto della nostra «Magna Charta». Il primo tema è quello delle case di vacanza. Le Camere federali hanno approvato definitivamente una revisione della legge sulle case secondarie proposta dal deputato grigionese del Centro Martin Candinas. Una riforma che nelle località turistiche permetterà di aumentare le superfici costruite, fino ad un massimo del 30%, in caso di demolizione e ricostruzione di una casa, creando così nuovi spazi abitativi. Va ricordato che nel 2012 in seguito alla cosiddetta «Iniziativa Weber» la quota delle abitazioni secondarie «non può eccedere il 20 per cento» rispetto all’insieme degli edifici presenti in un determinato comune. La proposta di Candinas mira a introdurre maggiore flessibilità, in particolare quando in gioco c’è il destino di un’abitazione costruita prima del 2016, anno in cui entrò in vigore la legge di applicazione dell’«Iniziativa Weber» sulle case secondarie. Oggi gli ampliamenti sono possibili sono in caso di ristrutturazione, in futuro lo saranno pure quando l’edificio in questione verrà dapprima totalmente abbattuto. Anche laddove la soglia del 20% di «letti freddi» è già stata superata. Si potrà inoltre scegliere liberamente l’ubicazione del nuovo stabile all’interno del proprio fondo di proprietà. Con questa sua decisione il Parlamento, e la sua maggioranza di centro-destra, ha voluto interpretare in modo flessibile il mandato costituzionale per abrogare quelle che Candinas ha chiamato «inutili e dannose» restrizioni. E lo ha fatto forte anche del parere dei Cantoni, visto che in fase di consultazione la maggior parte di loro aveva approvato queste modifiche.

Va anche detto che l’«Iniziativa Weber», che si opponeva a quella che era stata chiamata una «costruzione sfrenata di abitazioni secondarie», era stata approvata dal 50,6% dei votanti e da 15 Cantoni. Un risultato sul filo del rasoio che aveva spaccato il Paese in due e che di regola autorizza poi il Parlamento a tener conto anche del parere di chi nelle urne si era opposto a quell’iniziativa popolare. In aula a Berna si è comunque fatta sentire la voce di chi – in questo caso a sinistra – ha visto in questa modifica un mancato rispetto della Costituzione e della volontà popolare, visto che si potrà costruire anche nelle località turistiche in cui il limite del 20% di case secondarie è già stato superato.

Dai mattoni passiamo ora alle sigarette, perché anche sul tabacco ci sono state tensioni di natura costituzionale. Da applicare c’era l’iniziativa popolare «Giovani senza pubblicità per il tabacco», approvata due anni fa dal 57% dei cittadini e da 16 Cantoni. Una proposta che mira a vietare ogni forma di pubblicità che possa in qualche modo raggiungere il pubblico dei minorenni, anche se pensata per consumatori adulti. E qui le Camere federali hanno voluto introdurre delle eccezioni, permettendo ad esempio la cosiddetta vendita mobile in locali pubblici o durante concerti e festival. A dettare il ritmo è stata in particolare la destra economica, influenzata dalla potente lobby del tabacco. Il Consiglio degli Stati aveva già approvato questo tipo di allentamenti, in questa sessione toccava al Nazionale, che però alla fine ha bocciato tutto per un’opposizione incrociata di UDC e della sinistra. Per i democentristi le limitazioni alle pubblicità erano ancora troppe, per Verdi e Socialisti invece c’era il rischio di non applicare correttamente la Costituzione. Questa legge in Parlamento torna ora alla casella di partenza, con in ogni caso il forte richiamo da parte di due Uffici federali – quello di giustizia e di quello della sanità pubblica – a rispettare il mandato costituzionale nell’elaborazione di questa legge di applicazione. In altre parole, anche qui il mandato popolare è a rischio.

Nella storia del nostro Paese non è certo la prima volta che tensioni simili emergono tra chi ha promosso un’iniziativa popolare e chi è chiamato ad applicarla nel concreto. In questo senso l’anno in corso porta con sé due anniversari di peso. Proprio trent’anni fa veniva approvata in votazione popolare la cosiddetta «Iniziativa delle Alpi» che ha introdotto questo nuovo articolo nella Costituzione federale: «Il traffico transalpino per il trasporto merci attraverso la Svizzera avviene tramite ferrovia. Il Consiglio federale prende le misure necessarie». È vero che nel frattempo sono state realizzate le gallerie di AlpTransit, ed è vero che il numero di camion in transito attraverso il nostro Paese è globalmente diminuito, non per questo si può dire che l’articolo costituzionale di questa iniziativa sia stato concretamente applicato. Qui a reclamare maggiore coerenza è in particolare la sinistra.

Sul fronte opposto, l’UDC se la prende per il modo in cui è stata applicata la sua iniziativa contro l’immigrazione di massa, approvata il 9 febbraio di dieci anni fa. Un’iniziativa che chiedeva di introdurre contingenti annuali per la gestione degli stranieri in arrivo nel nostro Paese. Nella legge di applicazione di questi contingenti non c’è traccia. Il Parlamento ha elaborato un modello di gestione dell’immigrazione che si basa sulla preferenza indigena, con i datori di lavoro obbligati ad annunciare i loro posti vacanti agli Uffici regionali di collocamento. Le persone disoccupate e iscritte a questi uffici dispongono di un accesso privilegiato a questi annunci. Ma anche in questo caso la Costituzione dice un’altra cosa. Di casi di questo tipo ce ne sono diversi altri. Ricordiamo ad esempio che il nostro Paese dispone di un’assicurazione maternità dal 2004, mentre l’articolo costituzionale che la prevedeva era stato approvato nel 1945! Un’ultima annotazione: la norma che stabilisce «uguali diritti tra uomo e donna» – anche a livello salariale – è stata approvata nel 1981. Ed è anche questa in attesa di una sua completa realizzazione. In altri termini, la nostra Costituzione di tanto in tanto avrebbe bisogno di sguardi più attenti. In fondo siamo o non siamo il Paese della democrazia diretta?

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