Dietro le statuette a Stone e Murphy

La 96esima edizione degli Oscar resterà negli annali per essere stata quella in cui Oppenheimer ha sbaragliato la concorrenza con i suoi sette premi, ma anche per aver fatto vincere la seconda statuetta a Emma Stone e la prima a Cillian Murphy, due degli attori più importanti del cinema contemporaneo.

La Stone è una delle pochissime nella storia, insieme a Meryl Streep, Jodie Foster ed Elizabeth Taylor, ad averne conquistate due nei primi 35 anni di vita. La poliedrica interpretazione di Bella Baxter nel film di Yorgos Lanthimos Povere Creature! (vincitore del Leone d’oro alla Mostra di Venezia) è sicuramente da ricordare.

E infatti Povere Creature! basa parte della sua forza sull’interpretazione della Stone; già musa del regista greco nel precedente La favorita e con il quale sta lavorando ad altri due progetti futuri. E, se ci pensiamo bene, questo è un premio ancora più meritato del primo perché, se in La La Land era «solo» un’attrice seppur completa (nel ballo, nella recitazione e nel canto), in Povere Creature! ha fatto ancora un passo avanti ed è diventata una sorta di coautrice. Ha infatti costruito e plasmato il suo personaggio dandogli un’anima e soprattutto un corpo. Nell’evoluzione di Bella si nota un grande lavoro sul modo di recitare. All’inizio è un essere spastico e incapace di articolare una frase di senso compiuto, ma seguendo il desiderio di scoprire, sperimentare e capire, acquisisce una consapevolezza della propria persona, e diventa uguale a tutte le altre donne. Dagli scatti scomposti del corpo ai gesti più aggraziati, dai suoni gutturali alle parole, alle frasi e infine ai ragionamenti complessi. Un’evoluzione che la porta verso una autoconsapevolezza mai provata in precedenza. La sua è una statuetta ancora più significativa se pensiamo al fatto che l’Academy difficilmente premia un ruolo comico come lo è il suo in Povere Creature!. E questa è una cifra attoriale che le appartiene fin dai suoi primi lavori Superbad e Zombieland, dove il suo slapstick (la comicità che si basa sulle gag corporali) e il suo sarcasmo erano già state messe in evidenza, e sono state confermate e sviluppate in questo ultimo film. Autoironica è stata anche la sua reazione al piccolo incidente che lei stessa ha evidenziato sul palco mentre ritirava il premio (le si era scucito il vestito di Louis Vuitton mentre, poco prima, si stava scatenando con Ryan Gosling in I’m Just Ken). Scena che ha ricordato, anche se involontariamente, in modo plastico, gli abiti fantasiosi ed ecclettici usati nel film.

La consacrazione con l’Oscar è arrivata anche per Cillian Murphy, l’attore di origine irlandese che ha consegnato alla storia la sua interpretazione di Oppenheimer. E se il percorso attoriale è diverso da quello di Emma Stone (alla recitazione è arrivato solo dopo un’iniziale passione per la musica) ha due caratteristiche comuni con l’interprete di Bella Baxter: la prima è l’essere riuscito a creare una forte sintonia con un regista importante. Da un lato il recente connubio Stone-Lanthimos, d’altro lato quello composto da Murphy-Nolan iniziato addirittura nel 2005 con un villain in Batman Begins per continuare in Inception e in Dunkirk. Una simbiosi artistica importante sia per il regista sia per l’attore e che ne ricorda altre celebri come quelle tra Martin Scorsese e Robert De Niro e tra Federico Fellini-Marcello Mastroianni. Certo, Cillian Murphy è diventato popolare con le sei stagioni di Peaky Blinders, ma è grazie al lavoro con Nolan che è diventato grande e ha acquisito la tecnica sopraffina riconosciuta da tutti e ora consacrata anche con un Oscar. Interessante quello che ha detto lo stesso regista dell’attore: «Quando ho iniziato a lavorare con lui era puro istinto e l’aspetto tecnico della recitazione passava in sordina. Quando mettevamo un segno, lui ci passava sopra senza accorgersi», ha rammentato Nolan. Nel corso di due decenni, però, «ho visto che è cresciuto tecnicamente, senza intaccare o sminuire in alcun modo la natura istintiva della sua recitazione». Così come è stato fondamentale lo studio del personaggio: Murphy si è preparato per sei mesi a casa dove si è concentrato sulla voce e sulla sua fisicità. È dimagrito diversi chili per somigliare ancora di più allo scienziato, il quale, negli anni in cui sviluppò la bomba atomica, si nutriva poco e viveva soprattutto di Martini e sigarette. Un lavoro che ricorda da vicino quello di attori del calibro di Robert De Niro in Toro Scatenato o di Tom Hanks in Philadelphia.

E la seconda caratteristica comune tra Murphy e Stone? Sicuramente gli occhi. Seppur di colore diverso, ti colpiscono subito, sin dal primo fotogramma di ogni film. Azzurri, magnetici e glaciali quelli dell’attore irlandese, verdi allegri e abbaglianti quelli dell’attrice americana. Occhi da cinema e che nella settima arte verranno ricordati. Occhi che – è vero c’è anche una terza caratteristica comune – hanno vinto l’Oscar lo stesso anno come attori protagonisti.

Related posts

Nuova vita al cinema

Il restauro come atto di resistenza culturale

Le forme del cinema horror americano