La storia del cavallo è partita da Lugano

by Claudia

Incontri ◆ La collezione dell’avvocato Claudio Giannelli racconta 4000 anni di vicende equestri ed è considerata la più grande al mondo. Ora sarà affidata al Real Sito di Carditello in provincia di Caserta

C’erano una volta una contessa e un imprenditore. Un giorno la contessa (Paolina Baracca) disse all’imprenditore (Enzo Ferrari): «Metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna». Il figlio al quale la contessa si riferiva altri non era che il capitano Francesco Baracca (www.museobaracca.it), eroe della Prima guerra mondiale che lo vide combattere con l’immagine del cavallino rampante dipinta sulla fusoliera del suo aereo, in onore del suo reggimento e del suo cavallo della razza governativa di Persano. Il cavallino si trasferì così dai cieli alla terra, immortalato sul musetto della rossa di Maranello.

I cavalli della razza di Persano (che deve il nome al sito reale di Persano), quelli in carne ed ossa, nascono invece nel 1744 per volontà di re Carlo di Borbone e furono subito considerati i migliori cavalli da guerra. La loro storia è affascinante e la trovate nel sito di quella che ora è la loro casa: il Real Sito di Carditello (www.fondazionecarditello.org). Edificata da Ferdinando IV di Borbone, su progetto dell’architetto Francesco Collecini, collaboratore di Luigi Vanvitelli, si tratta di una palazzina in stile neoclassico, con cinque cortili, otto edifici a torre, dodici capannoni e, nella parte antistante la palazzina, un galoppatoio che è, ancor oggi, il più grande ippodromo inserito all’interno del perimetro di una residenza reale.

È proprio qui, nella reggia di Carditello, che approderà la più importante collezione a livello mondiale legata al mondo del cavallo, una collezione che nel 2018 – col titolo Il cavallo: 4000 anni di storia – si mostrò in tutto il suo splendore e con grande successo alla Pinacoteca Züst di Rancate e che, fino a poco tempo fa, albergava nel Luganese, a casa dell’avvocato Claudio Giannelli. Poi, in oltre 200 casse, l’intera collezione è partita alla volta della Campania per un’esposizione al Museo Archeologico di Napoli, il MANN, da dove proseguirà il suo viaggio verso Pechino. Di lì tornerà a quella che sarà la sua dimora definitiva, per l’appunto il Real Sito di Carditello, a pochi chilometri da Napoli in provincia di Caserta.

Avvocato Giannelli, che cosa contengono quelle 200 casse?
Potrei rispondere, semplicemente, che contengono la storia del cavallo nei 2000 anni prima e dopo Cristo, ma… in quelle casse c’è anche la mia storia da quando, a quattro anni, mio padre – ufficiale del Savoia Cavalleria – mi mise in groppa a un cavallo. Abitavamo a Roma ed è lì che, già da giovanissimo, ho cominciato a frequentare i mercatini (Porta Portese in particolare) dando il la alla mia collezione. Anno dopo anno – attraverso morsi, staffe, speroni, selle, dipinti, stampe, campanelli che, in Mesopotamia, venivano posti sulla fronte del cavallo per contrastare il malocchio, libri (dai primi testi cinquecenteschi!), manoscritti – è diventata la più importante collezione al mondo. Tornando alla sua domanda, quelle casse contengono i morsi della cosiddetta «cultura delle steppe» con capolavori artigianali dal IX al VII secolo a.C., ma anche morsi scitici, greci, villanoviano/etruschi, romani e, in seguito, ostrogoti, carolingi, merovingi fino a rarissimi esemplari medievali. Ci sono capi d’opera rinascimentali e, recentemente, ho potuto acquistare anche l’intera collezione Richard (antico fondatore e presidente del Club International d’Eperonnerie – C.I.D.E.) composta da oltre 700 staffe dal X secolo ai giorni nostri provenienti da 33 Paesi, soprattutto africani e dell’America latina. Poi, sempre in quelle 200 casse, c’è anche una parte della collezione Desclos, con una bella serie di morsi militari dall’inizio del XIX sec. alla Seconda guerra mondiale.

Scusi, ma a lei non è venuto in mente di mantenere la collezione in Svizzera?
Certo che mi è venuto in mente. Le dirò di più: Basilea si era offerta di ospitarla, ma… il mio sogno era che restasse a Lugano. Questa collezione mi accompagna da sempre. Da Roma mi ha seguito a Lugano, dove abito dal 1964, e qui ha continuato a crescere. Mi sembra dunque ovvio mi sia venuto in mente di mantenerla sulle rive del Ceresio.

Sta di fatto che la collezione è partita …
Guardi, io ho inviato al responsabile del dicastero competente della città di Lugano, un dossier completo accompagnato dal libro Equus frenatus – Morsi della Collezione Giannelli e da una lettera esplicativa delle mie intenzioni. Una gentile segretaria mi ha risposto che il materiale era giunto a destinazione e che sarei stato contattato. Da allora sono passati quattro anni. C’è stato il Covid che mi ha permesso di mettere ordine anche tra i miei cimeli e le mie idee. Così, visto il silenzio assordante e la mia non più giovane età, mi sono detto che dovevo trovare una sistemazione per questo tesoro. Il primo pensiero è stato per un edificio storico di Torino, quello della Cavallerizza reale. Ho incontrato l’assessora alla cultura Rosanna Purchia che, escludendo la possibilità di ospitare la collezione a Torino, mi ha sottoposto l’idea, in qualità di membra del Consiglio d’amministrazione, della Reggia di Carditello. Confesso che, avendo visto qualche anno prima, lo stato di abbandono e degrado nel quale versava l’intero complesso, non fui entusiasta della proposta. Tornai a Lugano con, diciamo così, le pive nel sacco. Proprio quella sera però, alla televisione vidi un documentario dedicato alla rinascita di Carditello. Una coincidenza? Un segno del destino? Sta di fatto che tre giorni dopo la mia visita a Torino a casa mia squillò il telefono. All’altro capo del filo c’era il professor Luigi Nicolais, presidente della Fondazione Real Sito di Carditello. «Saremmo interessati ad approfondire la sua offerta». Ho preso l’aereo e l’ho raggiunto a Napoli dove, l’indomani, abbiamo sottoscritto un pre-atto notarile per una cessione della collezione in comodato d’uso e con la garanzia che un Comitato di mia nomina vigili affinché non venga smembrata e che i suoi pezzi non vengano venduti.

Avv. Giannelli, lei non sembra eccessivamente stupito del fatto che al silenzio di Lugano abbia fatto da contraltare l’interesse immediato del Carditello…
Non sono stupito perché questa collezione non è la prima che Lugano si lascia sfuggire. C’è stata la collezione di arte africana di Maria Wyss, partita alla volta di Basilea; la celeberrima collezione Thyssen partita per Madrid che, per averla, mise a disposizione il palazzo di Villahermosa (a due passi dal Museo del Prado) e 700 milioni di franchi; la collezione Morigi e la collezione Nessi, ma anche la più grande collezione esistente al mondo di vetri romani, recentemente andata all’asta da Christie’s a Londra. Come vede sono in buona compagnia.

Posso chiederle, da profana, se ci sono pezzi della sua collezione ai quali è maggiormente legato?
Come le dicevo attraverso questa collezione si può ricostruire la storia del cavallo, ma a me ogni suo pezzo racconta un frammento della mia vita. Ciò significa che ad ogni suo elemento è legato un ricordo, una precisa circostanza. Difficile scegliere. Quel che è certo è che l’emozione che ho provato quando mi sono ritrovato fra le mani le imboccature, opera di artigiani del IX/VII secolo a.C. del Luristan (l’antica Persia) – vere e proprie micro sculture forgiate non solo in bronzo, ma anche in oro (perché un cavallo bardato in tal modo attestava il potere del suo cavaliere) – mi è presente ancor oggi. Senza contare che per me tutto quanto aveva attinenza con il cavallo era oggetto d’interesse. È per questo che sono confluiti nella collezione le incisioni dal XVI al XIX secolo – alcune di artisti importanti come Jan Van der Straet – ma anche i disegni del Tiepolo o la collezione di ritrattistica equestre con dipinti tra i quali spicca uno splendido Carle Vernet. Ma anche perché, nonostante il passare degli anni, ogni giorno, da quando ero un ragazzino, vado a cavallo; perché il mondo del cavallo merita di essere conosciuto per meglio capire il nostro (lo ha fatto, e bene, Giulia Curti con il suo Trasporti e comunicazioni: il ruolo del cavallo, edito da Giampiero Casagrande); perché, senza i cavalli, tutti noi non saremmo oggi quello che siamo.

Accanto all’avv. Giannelli, Vicki, una cagnolina affettuosissima, ascolta attenta il suo umano. Viene anche lei a cavallo?
Non ci crederà, ma lei che è timidissima con i cavalli ha un rapporto meraviglioso. Quando arriva in scuderia scorrazza tra le gambe di questi possenti destrieri come fossero suoi consimili, veri e propri compagni di gioco. Probabilmente lo sono… (sorride)… Dovrò approfondire.

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