Le origini dell’Isis-K

Il portavoce del Ministero degli esteri afghano Abdul Qahar Balkhi dichiara che il Governo di Kabul «condanna con la massima fermezza il recente attacco terroristico a Mosca (…) rivendicato da Daesh (il nome arabo per Isis-K) e lo considera una palese violazione di tutti gli standard umanitari». I talebani fanno sapere inoltre, tramite la loro agenzia stampa Al-Mersaad, che l’attacco di Mosca è riconducibile a terroristi allevati in Paesi «vicini dell’Afghanistan».

E aggiungono, in un messaggio audio interno trapelato e diffuso da canali pro Isis-K, che le madrase di confessione salafita attive a Nangarhar, Kunar, Nuristan, Kabul e nel nord dell’Afghanistan sono altrettante basi per infiltrati dell’Isis-K. Dichiarano che autorizzare madrasa di confessione diversa da quella dei talebani (che sono Deobandi) è stato un grave errore, aggiungendo che «l’Emirato Islamico deve combattere l’Isis-K nei suoi rifugi sicuri in Pakistan dispiegando attentatori suicidi e infiltrandosi nelle sue fila» e che «i centri di addestramento dell’Isis-K, sostenuti dall’intelligence pakistana, sono situati nell’Agenzia Orakzai, a Yakatoot, a Peshawar, a Islamabad, a Krash Adda, a Quetta e ad Abbottabad».

I primi opuscoli a firma Isis erano comparsi difatti per la prima volta nella regione una decina di anni fa, a Peshawar e dintorni. Gli opuscoli annunciavano la creazione dello Stato islamico e chiamavano alla jihad i gruppi locali invocando l’unità di tutti i musulmani e la creazione di un califfato che parte dal Pakistan per arrivare in Siria e in Iraq. La cellula Khorasan dello Stato islamico nasce dunque in principio dall’unione di combattenti dell’Isis vero e proprio più alcune fazioni di talebani e jihadisti assortiti compresi il Jundullah, gruppo anti-sciita che opera principalmente contro l’Iran, e il Ttp, i cosiddetti Taliban pakistani che combattono contro Islamabad e secondo il Pakistan sono manovrati in remoto da Kabul.

Il gruppo, per semplificare al massimo, si propone come unico vero erede dei jihadisti che hanno combattuto in Afghanistan, dei mujahedin afghani antisovietici, del Mullah Omar e di Osama bin Laden: che vengono citati con rispetto, mentre si accusano Al Qaeda e i talebani di aver smarrito la retta via e di essere, in sostanza, traditori della causa. L’Iskp o Isis-K vero e proprio si forma in seguito ufficialmente dalla scissione dell’Isis Levante (Isis-L), divisosi in due fazioni: una guidata da Ustad Moawya e un’altra guidata da Aslam Faroqqi. Gli uomini di Farooqi erano principalmente pakistani e gestiti da remoto dall’Isi, i servizi segreti militari, che forniva supporto finanziario e logistico dando rifugio ai combattenti nelle aree tribali del Pakistan. L’Isis-K avrebbe legami con la Lashkar-e-Toiba, con il Tehrik-e-Taliban Pakistan, con i talebani e con la rete Haqqani. Il fior fiore della jihad pakistana, insomma, e anche un pezzo dell’attuale Governo afghano (al cui interno, è bene ricordarlo, è in corso una lotta nemmeno troppo sotterranea tra la fazione Haqqani e quella del leader supremo Hibatullah Akhundzada). Fino a qualche mese dopo il ritorno a Kabul dei talebani, l’Isis-K sarebbe stata adoperata dai servizi pakistani per compiere il lavoro sporco per conto dei talebani impegnati prima nei colloqui di pace di Doha e poi nel cercare di convincere l’Occidente della necessità di armarsi per evitare che l’Afghanistan ridiventasse (rimanesse, più plausibilmente) il campo giochi preferito della jihad internazionale.

Il generale americano Michael E. Kurilla: l’Isis-K è in grado di attaccare gli interessi occidentali all’estero in soli sei mesi

Negli anni il gruppo ha colpito forze di sicurezza e politici afghani, i talebani, le minoranze religiose, le forze statunitensi e della Nato e le agenzie internazionali, comprese le organizzazioni umanitarie. Gli attacchi compiuti nella regione tra il 2019 e il 2021 sarebbero frutto di una stretta collaborazione tra Isis-K, la rete Haqqani dei talebani e altri gruppi terroristici con base in Pakistan. Negli ultimi tre anni la strategia è cambiata: l’Iskp, oltre ad accusare ormai apertamente i talebani di tradimento, parla di «liberare» l’Afghanistan, il Pakistan e il Turkmenistan orientale (la regione cinese dello Xinjiang), di allearsi con l’Uzbekistan e il Tagikistan per combattere la Russia e la Cina, prima di unirsi agli altri eserciti dell’Isis contro il vituperato Occidente.

Uno degli aspetti più peculiari delle reti operative esterne dell’Isis-K è difatti il coinvolgimento di numerosissimi cittadini tagiki nei vari piani di attacco, finanziamento e reclutamento portati avanti, oltre che in Iran, in Turchia e perfino in Germania (dove lo scorso luglio sono state arrestate sette persone con l’accusa di pianificare attentati terroristici) e in altri Paesi europei. Gli Usa monitorano da mesi il gruppo e il generale Michael E. Kurilla, capo del comando centrale dell’esercito americano, lancia l’allarme dichiarando che l’Isis-K «possiede la capacità e la volontà di attaccare gli interessi occidentali all’estero in soli sei mesi».

Operazione dei talebani in un nascondiglio dell’Isis-K alla periferia di Kabul. (Keystone)

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