Se non lo avete ancora assaggiato, vi consiglio di mettervi alla ricerca del frutto di un Citrus Australasica, chiamato anche limone caviale o finger lime.
Si tratta di un agrume recentemente entrato in commercio, sia come pianta sia come frutto: raggiunge i cinque metri di altezza nei luoghi d’origine, ovvero in Australia, mentre da noi non supera i 150-200 centimetri. Ha foglie piccole e appuntite, rami con spine molto acuminate e frutti cilindrici, lunghi 5-10 centimetri. La buccia di questo frutto varia dal verde al rosso, mentre al suo interno si trova una polpa composta da tante vescicole che una volta in bocca si rompono rilasciando un frizzante sapore di limone.
La pianta è senza dubbio molto decorativa, poiché produce frutti annualmente, maturando durante le estati, mentre, dall’inverno fino all’inizio della primavera, si ammanta di piccoli fiorellini bianchi, molto profumati. Ricercatissimi dagli chef per guarnire le pietanze e per il loro gusto aspro e aromatico (ideale con il pesce), questi frutticini sono venduti a ben duecento euro al kg.
La pianta è da coltivare come il più noto limone: al riparo in inverno (con temperature intorno ai 10-15 °C) e all’esterno durante tutta la stagione calda, posizionandolo in zone molto soleggiate. Gli agrumi, alla nostre latitudini vanno bagnati spesso, fino a quattro volte alla settimana, questo per compensare la perdita d’acqua dovuta alla traspirazione degli stomi delle foglie. Nei loro luoghi d’origine, come ad esempio sulle sponde del Mediterraneo, le temperature sono alte e l’umidità è bassa, quindi gli stomi posti nella pagina inferiore delle foglie rimangono chiusi. Al contrario, da noi, l’umidità è alta, gli stomi sono quasi costantemente aperti e la perdita d’acqua è notevole: oltre a bagnarli con frequenza, per rimediare sarà anche necessario concimarle spesso.
Un altro limone particolare è Citrus medica var. sarcodactylus, più conosciuto come «mano di Buddha».
Dalle origini molto antiche, già usato dai Persiani che lo portarono dall’Asia all’Europa, si caratterizza per il frutto che ha delle lunghe escrescenze a forma di dita, che ricordano per l’appunto una mano (quella di Buddha) in preghiera. Siccome questa pianta viene considerata un vero portafortuna, negli ultimi anni è spesso regalata per augurare prosperità a chi la riceve.
La buccia di questi frutti, che tendono a maturare in inverno, è gialla, leggermente bitorzoluta, con polpa zuccherina ma quasi priva di succo; in compenso è ricca di vitamina C e sali minerali.
Anche in questo caso, le cure per la pianta sono uguali a quelle di tutti gli altri agrumi, facendo attenzione alle concimazioni: potete scegliere prodotti chimici oppure, se desiderate, rimanere sul biologico; a tal proposito, vi consiglio l’impiego dei lupini macinati, che sono un ottimo prodotto organico, naturale, vegetale e con un effetto a lunga cessione.
E se la vostra collezione di agrumi dovesse permettervi un’ulteriore new entry, allora non perdetevi il kafir lime o combava, il cui nome scientifico è Citrus hystrix, ispirandosi proprio all’animale istrice, per via delle numerosissime spine presenti sulla pianta. Quest’ultima si presenta con foglie molto lunghe, fino a dodici centimetri, pungenti e con un’evidente strozzatura al centro; i frutti, leggermente ovali, sono lunghi non più di tre centimetri con buccia verde scuro, mentre il succo è estremamente acido.
Questa sua caratteristica non gli permette di essere utilizzato fresco in cucina, ma dopo varie lavorazioni, trova largo uso nella preparazione di liquori; mentre la buccia viene molto utilizzata per la creazione di salse.
Infine, sempre in tema di piante che producono frutta strana, non ci si può scordare della Carambola averrhoa, dalla bizzarra forma a stella.
Originario del Bangladesh e Sri Lanka, è un alberello difficile da reperire, mentre i frutti sono venduti ormai da qualche anno: la buccia è liscia con polpa succosa, che richiama i gusti di ananas, papaya e prugna.