Il Comune come nido e come progetto

by Claudia

Eccoci al termine del ciclo elettorale 2023-2024 (Cantonali, Federali, Comunali). L’anno prossimo ci sarà una coda con la chiamata alle urne dei nove Comuni che in questo giro sono rimasti fermi, ma sostanzialmente tutte le pedine sono state collocate sulla scacchiera. Non ci sono stati sconquassi nella geografia politica. Ha prevalso il conservatorismo, specie nei comprensori extraurbani, nelle aree che un tempo venivano definite rurali o periferiche. Oggi questa classificazione appare inadeguata: il Ticino è profondamente cambiato, le valli sono state aspirate dalle città, dando luogo ad un agglomerato tentacolare che ha cancellato gli antichi confini. Gli urbanisti chiamano questo fenomeno sprawl, ovvero diffusione-dispersione degli insediamenti intorno ai principali assi di transito. Esempio tra i tanti possibili: il continuum che si è formato tra Bellinzona e Giubiasco, in conseguenza della scomparsa degli spazi intermedi non edificati.

La progressione dell’edilizia – uno dei rami trainanti dell’economia cantonale – e le esigenze imposte dalla mobilità e dai mutati stili di vita hanno conosciuto uno sviluppo rapido e irreversibile. Non altrettanto veloce è stato invece il cammino delle aggregazioni, progetto che soltanto negli ultimi decenni è riuscito a disincagliarsi da interessi di campanile e remore secolari. Negli Esecutivi i partiti storici di centro-destra continuano comunque a mantenere il loro primato. Nei Comuni di valle liberali e centristi (ex Ppd) si suddividono da sempre la carica di sindaco. Da questo punto di vista la «campagna» rimane un baluardo anti-cittadino, in linea con la «missione» che il cattolico-conservatore leventinese Enrico Celio assegnava al suo partito nel lontano 1928: «… infausto sarebbe il giorno in cui i dirigenti del Partito dovessero posporre le regioni vallerane e campagnuole ai centri, dovessero negligere le valli e le campagne minacciate dalla impervia natura, dallo spopolamento e dall’incessante crisi monetaria per riporre ogni speranza ed ogni aspettativa nei centri che alla dottrina conservatrice democratica sono fatalmente e storicamente avversi». È presumibile che le recenti mobilitazioni di piazza del personale statale abbiano trovato nelle città comprensione e sostegno, ma non nelle valli, poco sensibili, se non ostili, alle cause sindacali.

L’astensionismo rimane elevato, ma con notevoli oscillazioni tra un Comune e l’altro. Rispetto ad altre realtà nazionali, l’elettorato ticinese, uomini e donne, dà ancora prova di un attaccamento ai poteri locali invidiabile. È un po’ quanto accadeva nelle antiche città greche, luoghi circoscritti in cui i contatti tra il popolo riunito in assemblea e gli eletti erano diretti e continui, faccia a faccia: una Landsgemeinde versione 1.0 prima della concessione del voto alle donne. Il successo delle liste civiche e della lista senza intestazione rispecchia il bisogno di premiare la «persona che si conosce». Ancora oggi il Comune è celebrato come la cellula primordiale della democrazia elvetica, la prima pietra sulla quale tutte le altre poggiano. Esagerazione, illusione? In parte sì, ma i sistemi concorrenti, fondati su metodi accentratori, non sembrano produrre risultati migliori. E in ogni caso teniamocelo stretto come un canale prezioso di partecipazione locale e anche come terreno di possibili sperimentazioni nel campo del traffico, dell’energia e della socialità. Da piccoli consessi possono nascere grandi idee, meritevoli di trasmigrare in contesti molto più ampi, cantonali e federali.

Poi, certo, le decisioni che veramente incidono e trasformano avvengono altrove, calano sulle nostre teste di cittadini ancora convinti che il calore del nido locale possa salvarci dall’intrusione rapace del globale. Ma non per questo ci si deve arrendere e ammainare le bandiere dei Comuni. Facciamoci invece soccorrere da Carlo Cattaneo, che nel suo Politecnico osservava: «Meglio vivere in dieci case, che vivere discordi in una sola. Dieci famiglie ben potrebbero farsi il brodo a un solo focolare; ma v’è nell’animo umano e negli affetti domestici qualche cosa che non si appaga colla nuda aritmetica e col brodo… i Comuni sono la Nazione; sono la Nazione nel più intimo asilo della sua libertà… sono i plessi nervei della vita vicinale» (Sulla legge comunale e provinciale, 1864).