Giorgia Meloni e il passato fascista

by Claudia

Il caso del monologo di Antonio Scurati cancellato dalla Rai

Giorgia Meloni, si dice, di solito non sbaglia: il suo problema semmai è una classe dirigente non all’altezza dell’intelligenza che anche i detrattori più accaniti le riconoscono. L’equilibrismo con cui la presidente del Consiglio italiana è riuscita a rassicurare le cancellerie di tutto il mondo, mostrandosi moderata e atlantista all’estero e conservatrice in patria, si scontra periodicamente con le questioni che riguardano la storia politica di cui è figlia e che ogni anno, intorno al 25 aprile, deflagrano fatalmente.

Nel resto dell’anno deflagra invece la lampante inadeguatezza di una cerchia più o meno stretta di personaggi che sparano alle feste di Capodanno, che si pronunciano in modo polarizzante e retrivo sul tema della maternità, invece di cercare attivamente una soluzione all’inverno demografico, o che annunciano di punto in bianco tasse sulle banche in grado di seminare il panico tra gli investitori. L’ultima, in ordine di tempo, riguarda proprio la Festa della liberazione: parlano tutti del monologo cancellato dello scrittore Premio Strega Antonio Scurati. Un gesto che i vertici Rai stanno cercando di giustificare con una serie di ragioni burocratiche, economiche, e chi più ne ha più ne metta, ma che è stato già etichettato con una parola semplice, ovvero censura.

E la premier? Dopo che la presentatrice di Rai 3, Serena Bortone, aveva denunciato sui social la mancata partecipazione di Scurati al suo programma Che Sarà, Meloni ha scritto che «in un’Italia piena di problemi, anche oggi la sinistra sta montando un caso» per «la presunta censura» di un monologo di un minuto. «La sinistra grida al regime, la Rai risponde di essersi semplicemente rifiutata di pagare 1800 euro (lo stipendio mensile di molti dipendenti)», ha dichiarato, cercando di appellarsi a principi più vicini all’economia domestica che all’amministrazione di una rete pubblica, dove una comparsata di un personaggio ha dei costi sempre molto alti. Ma ha però anche condiviso il testo integrale del monologo di Scurati sul suo profilo Facebook, scrivendo che «chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno».Scurati, professore universitario, romanziere di lungo corso, pluripremiato e autore di una biografia romanzata di Benito Mussolini, titolatissimo a parlare di fascismo, ha diritto, come tutti gli intellettuali che prestano il loro ingegno e la loro conoscenza, a un compenso. Mettendo in dubbio questo, Meloni si è alienata ancora di più un mondo di cui ha un bisogno estremo: gli intellettuali, che hanno rilanciato in maniera compatta e indignata il monologo di Scurati, che di certo non è stato scritto in un minuto.

I toni del testo non sono miti. Dopo aver ripercorso le vicende che portarono all’omicidio di Giacomo Matteotti, di cui quest’anno cade il centenario, lo scrittore ha osservato che «il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista». Un dato di fatto che a suo avviso non è stato ancora riconosciuto dal «gruppo dirigente post-fascista» che ha vinto le elezioni nell’ottobre del 2022, e dalla presidente del Consiglio, che quando costretta, «si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023)». Un’accusa pesante, anche se suffragata dai fatti, ma sbaglia chi pensa che in un altro Paese parole simili sul Governo in carica sarebbero passate inosservate.

Lo storico Donald Sassoon, parlando a Radio 3, racconta come vicende simili abbiamo creato problemi anche all’interno della venerata BBC, di cui all’estero si tende ad avere una «visione idillica». Dipendente dal canone pubblico e quindi dalle decisioni del Governo, il broadcaster britannico «deve stare molto attento», che «vuol dire evitare di prendere posizioni polemiche», secondo lo storico. Quando l’ex star del calcio e amatissimo presentatore Gary Lineker scrisse su Twitter che la retorica del Governo sull’immigrazione gli ricordava quella dei nazisti, è stato immediatamente sospeso sebbene non avesse parlato in onda. Poi, davanti alle proteste di tutti, è stato riammesso, ma il messaggio, secondo Sassoon, è chiaro: certe cose avrebbero creato problemi anche a Londra. Anche se nessuno avrebbe osato discutere il compenso di un professionista del livello di Scurati.

La vicenda ha polarizzato il dibattito, lo scrittore è molto rispettato all’estero – i titoli indignati della stampa internazionale non sono mancati – e nonostante la sua analisi lucida e impietosa del fascismo in Italia non è certo un estremista: il fatto che la sua analisi, un tempo parte del sentire comune, sia ritenuta disturbante o controversa dimostra che c’è bisogno di tenere un faro acceso sull’evoluzione della società italiana. La polemica, scatenata dall’eccesso di zelo di chi non ha capito che quel monologo sarebbe stato presto dimenticato se non fosse stato cancellato, ha risospinto Meloni verso un’identità che non intende rinnegare ma che non le fa neppure molto gioco ricordare, se vuole continuare ad attirare elettori moderati e conservatori nel lungo periodo, continuando a sfruttare le carenze strategiche dell’opposizione.

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