Esistono dei piatti cosiddetti identitari, nel senso che rappresentano un luogo al meglio, nel senso che citandoli pensi subito a quel luogo. Come la cotoletta e il risotto giallo per Milano, la bagna cauda per il Piemonte, la coda alla vaccinara per Roma eccetera.
Tanti anni or sono, agli esordi della posta elettronica, intavolai una discussione con amici «addetti ai lavori» del ben mangiare, su quale fosse «il» piatto identitario italiano: di tutti gli italiani. Grosso modo la più parte sosteneva gli spaghetti al pomodoro, un’altra parte la pasta e fagioli. Io, che sono sempre stato in minoranza a prescindere, non ero d’accordo. Perché gli spaghetti al pomodoro sono arrivati al nord da troppo poco tempo, e se pensi a Lombardia o Emilia non li colleghi a questo piatto. Non ero d’accordo neanche con la pasta e fagioli: era sì presente in tutte le tradizioni regionali dello Stivale, praticamente unico piatto che vanta questo record, ma era una preparazione troppo «semplice» per considerarla identitaria. Alla fine la discussione finì, senza vincitori né vinti.
La mia proposta, condivisa da quasi nessuno, fu gli spaghetti ai frutti di mare, detti anche allo scoglio. Basata sul fatto che un piatto identitario debba essere comunque «un po’» ricco, e fatto con ingredienti particolari. I frutti di mare sono comunque pesce (permettetemi di chiamare pesce anche i crostacei e i molluschi). Certo, astice, rombo e ostriche sono un’altra cosa ma la minutaglia sempre dal mare viene, quindi è nobile per definizione. Ovviamente era presente in tutti i porti di mare della penisola quindi onnipresente – anche se lontano dalle coste i doni del mare sono arrivati da poco tempo. Definire con precisione i frutti di mare non è possibile: sono tutto e niente, basta che vengano dal mare, siano piccoli, o tagliati a pezzi piccoli se grossi, ben mondati e sempre (o quasi sempre) precotti, cioè pronti al consumo. La regola dice: più sono, meglio è.
Unici ingredienti fondamentali sono cozze e vongole, ma solo per un motivo: aprendole in padella si avrà un sughetto molto saporito che, previa filtratura, è ideale per far saltare la pasta in padella, senza dover aggiungere il canonico mestolo dell’acqua di cottura. Il pomodoro? Per me sì, ma poco, poco, se lo omettete nessun problema. Il grasso? Ho messo prima olio, per correttezza politica, ma io uso il burro, perché «lega» il sugo alla grande, come nient’altro. Prima di crocifiggermi, fate una prova.
Spaghetti ai frutti di mare (ingredienti per 4 persone, ma è un piatto unico o quasi, dunque aumentate pure le dosi secondo la fame).
Sgusciate 8 capesante, rosolatele con olio e aglio per 2 minuti, levatale e affettatele. Mondate 600 g di seppioline e calamaretti e lessateli per 10 minuti, scolateli e spezzettateli. Mondate 16 gamberi e sbollentateli per 1 minuto. Lessate 8 canocchie ben spurgate per 3 minuti, scolatele e aiutandovi con delle forbici apritele e recuperate la polpa. Lavate accuratamente 1 kg o più di cozze e vongole e fatele aprire a fuoco vivo in una padella con 2 spicchi di aglio, sgusciatele e filtrate bene il fondo di cottura, poi concentratelo fino ad avere un abbondante mestolo. Emulsionate in un’ampia padella una punta di concentrato di pomodoro con il fondo di cozze e vongole; regolate di sale, se necessario, e di pepe e spolverizzate con prezzemolo tritato. Cuocete 400 g di spaghetti in abbondante acqua salata al bollore, scolateli al dente poi saltateli nella padella, unendo il fondo, i frutti di mare e 1 giro d’olio o una buona dose di burro, diciamo 60 g. E servite.