Quasi come se fossero segreti di Stato

Navigo in rete per ore a caccia di dati che mi illustrino la situazione finanziaria dei 14 club di hockey della National League. Mi imbatto in un panorama poverissimo di cifre, frutto perlopiù di ipotesi formulate da blogger, non provenienti da fonti ufficiali. Scopro, ad esempio, che l’Ajoie, con i suoi 7,2 milioni di budget annuo, è il più povero della Lega, ma mi sorge spontaneo interrogarmi sui recenti acquisti del Club giurassiano.

Sul fronte opposto, un sito mi racconta degli oltre 20 milioni del bilancio degli ZSC Lions, neocampioni svizzeri. D’altro canto, poco sotto inciampo in un articolo in cui si dice che quattro anni fa il Berna beneficiava di un budget di 25 milioni di franchi. Era l’anno del lockdown e dell’annullamento del campionato. La stagione precedente, gli Orsi avevano conquistato il titolo, ma da allora hanno rimediato prevalentemente delle grosse delusioni. Vuoi dire che il montante a loro disposizione sia sceso vertiginosamente ed è per questo che hanno ceduto il passo a Zugo (due volte), Ginevra-Servette, e Zurigo?

Insomma, avrei voluto costruire l’articolo sul rapporto tra denaro e successo. Missione impossibile, quasi come se avessi voluto indagare su delicatissimi segreti di Stato. Come se mi fossi imbattuto in allenatori e giocatori che si scambiano informazioni tattiche con la mano davanti alla bocca per nascondere il labiale. Nel tanto vituperato calcio italiano, trovo facilmente il salario di tutti i giocatori di serie A, nonché i bilanci (quasi sempre in rosso) di tutte le società. Se volessi sapere quanto guadagnavano Michael Spacek ad Ambrì o Markus Granlund a Lugano, dovrei rivolgermi ai diretti interessati.

In fondo si tratta di questioni private, ma di interesse pubblico, come lo sono, ad esempio, quelle di tutti i top manager, dei quali conosciamo compenso annuo e bonus. Immagino che la discrezione serva a evitare confronti interni che a volte possono risultare imbarazzanti. Un giocatore mediocre con un agente scafato potrebbe guadagnare più di un collega più forte, che ha un impresario meno astuto.

L’hockey svizzero è per contro prodigo di dati quando si tratta di magnificarne l’impatto sul pubblico. Nulla di più facile che scoprire che la nostra Lega, con i suoi 2,6 milioni di spettatori durante la Stagione regolare, è la più seguita d’Europa. E se il Berna, con la sua media di 15’490 presenze a partita, ha perso la leadership continentale a favore del Kölner Haie, abbiamo pur sempre molte altre squadre svizzere ben posizionate in classifica. Pensiamo, tanto per citare un caso, che il «povero» Ambrì-Piotta è a un solo passo dalla Top 10 europea con i suoi 6463 spettatori a partita. Oppure che lo Zurigo, dominatore della Regular Season ne ha collezionati 11’244, il Fribourg-Gottéron, secondo, 9047. Note meno liete sono quelle che risuonano per l’Hockey Club Lugano, 11esimo su scala nazionale con una media di 5071 presenze alla Cornèr Arena.

L’idea originaria di questo articolo mi era venuta pensando al fatto che il Bienne, lo scorso anno, e il Losanna questa stagione, sono giunti all’atto conclusivo dei play-off, sfiorando persino l’impresa di rivincere il titolo (per i seelanders), o di conquistarlo la prima volta, (per i vodesi). Uno scenario che potrebbe fungere da stimolo anche per le due ticinesi. Per il Lugano in primis, più abituato alla navigazione d’altura nei mari agitati dei play-off. Ma anche per i leventinesi, perché no? Vi si erano avvicinati 25 anni or sono.

Nulla vieta che l’obiettivo possa quanto meno essere vagheggiato. Se ce l’hanno fatta Bienne e Losanna, perché non alimentare speranze anche a sud delle Alpi? Questo era il mio rudimentale ragionamento. Tuttavia, dai frammenti di notizie catturate in rete, fino a prova contraria ufficiale, scopro che le due società sconfitte nelle due ultime finali, non sono molto lontane, quanto a budget, dai paperoni della Lega, Zurigo, Zugo, Berna. Ma questo non deve impedire a Lugano e Ambrì-Piotta di sognare e di perseguire obiettivi che possano sembrare eccessivamente ambiziosi.

Ci sono aspetti, nella gestione di un club sportivo, che vanno al di là delle mere questioni finanziarie. Professionalità, scelte oculate dello staff, organizzazione, spirito di gruppo, fattore mentale, strategie motivazionali, e magari anche un pizzico di fortuna, possono essere una molla capace di spingere molto in alto.

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