A inizio maggio Viola Amherd, nell’immagine a sinistra, è stata in Italia e ha incontrato Giorgia Meloni (Keystone)

Svizzera al centro del dibattito internazionale

by Claudia

La Svizzera sta cercando di ritagliarsi un ruolo di primo piano nella diplomazia internazionale, mentre la competizione tra America e Cina diventa sempre più complicata da gestire per il resto del mondo e la guerra della Russia contro l’Ucraina è la priorità dei Paesi europei. L’ultima missione in ordine di tempo della presidente della Confederazione svizzera Viola Amherd è stata in Italia, che ha la presidenza di turno del G7, la piattaforma operativa delle sette grandi economie del globo. La consigliera federale Amherd è stata ricevuta da papa Francesco, al Quirinale dal capo dello Stato Sergio Mattarella e poi ha avuto quaranta minuti di colloquio vis-à-vis con la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, incontro che, secondo chi vi ha assistito, si è svolto in toni cordiali e amichevoli.

Il Governo tradizionalmente neutrale della Svizzera sta lavorando molto a livello diplomatico per ottenere consensi sull’atteso Summit sulla pace in Ucraina che si terrà il 15 e 16 giugno, cioè nei giorni immediatamente successivi alla riunione dei capi di Stato e di Governo del G7 che Meloni ha in programma di tenere nel comune di Fasano presso il resort Borgo Egnazia, in Puglia. Secondo quanto riferito dalla stampa, durante il suo colloquio privato Amherd avrebbe parlato con Meloni proprio di questo: ottenere la più ampia partecipazione possibile al Summit per la pace in Ucraina. E così in questi giorni si sta studiando un modo per far partire dalla regione del sud Italia i leader di America, Canada, Giappone, Francia, Germania e Italia, più i vertici dell’Unione europea e i capi di Stato dei Paesi invitati, come India, Brasile e Argentina, per raggiungere il più velocemente possibile la simbolica località montana di Bürgenstock, sul lago di Lucerna, a poco più di mille chilometri a nord di Fasano. A metà maggio, durante una conferenza stampa dopo un bilaterale con il cancelliere tedesco Olaf Scholz a Berlino, Viola Amherd ha dichiarato di aver invitato al vertice sull’Ucraina centosessanta Paesi, di cui più di cinquanta hanno già dato la loro adesione, e che il lavoro diplomatico sarebbe continuato soprattutto sul fronte dei Governi del cosiddetto «Sud globale», in Africa e Sudamerica.

Era stato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, durante la sua prima visita in Svizzera, a chiedere al Governo di Berna di impegnarsi nell’organizzazione di un vertice per la pace. Il luogo scelto è lo stesso in cui nel 2002 la Svizzera riuscì a portare al tavolo dei negoziati il Governo del Sudan e il movimento di Liberazione del Popolo, e a firmare, infine, un cessate il fuoco sulle montagne di Nuba che mise le basi per un trattato di pace arrivato poi tre anni dopo. Per il successo diplomatico di Amherd però, questa volta, il problema più importante da superare riguarda l’organizzazione di una conferenza di pace con gli ucraini ma senza la parte degli aggressori, dei funzionari di Mosca. Già all’inizio di maggio, quando le date sono state ufficializzate, il Governo svizzero aveva diffuso un comunicato in cui affermava che «la Svizzera è convinta che la Russia debba essere coinvolta in questo processo», ma che «in questa fase» non è stato possibile invitare Mosca a Bürgenstock. Dove molto probabilmente però parteciperà la Cina di Xi Jinping, sempre più vicina a Mosca e al suo cinque volte presidente Vladimir Putin. Pochi giorni dopo l’ultima visita di Putin a Pechino e Harbin, durante la quale Cina e Russia si sono impegnate a rinforzare la cooperazione strategica, Zelensky ha detto in un’intervista all’Afp che sarà importante avere i funzionari cinesi in Svizzera, perché loro «hanno un’influenza» sul Cremlino.

La posizione della Cina – che giovedì scorso ha avviato manovre militari «attorno» a Taiwan dopo l’insediamento sull’isola del nuovo presidente Lai Ching-te – nel conflitto in Ucraina è più o meno la stessa da sempre, contenuta nella sua proposta di pace dove emerge che il principale nemico di Kiev non è a Mosca ma a Washington che, nella propaganda di Pechino, sarebbe la causa del protrarsi della guerra. Pechino e Mosca su questo sono allineate come mai era avvenuto sin dalla fine della Guerra fredda e dello split sino-sovietico: l’America e la Nato, come espressione imperialista di Washington, sono i guerrafondai che fino a oggi hanno mantenuto la leadership globale solo con l’uso della forza. Eppure con i funzionari americani si deve parlare, soprattutto delle questioni più delicate dal punto di vista di un eventuale conflitto diretto fra le due superpotenze. Ed è proprio a Ginevra che di recente si è aperta la segretissima riunione a porte chiuse fra funzionari americani e cinesi. Ordine del giorno: come garantire che le tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale (IA) non diventino rischi esistenziali.

Il presidente Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping avevano concordato di avviare delle regolari conversazioni su sicurezza e rischi dell’IA durante il loro incontro al vertice Apec di novembre dell’anno scorso, e alla prima riunione c’erano diversi funzionari della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato e una delegazione del Ministero degli esteri e della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme cinesi. Secondo i media, né il Cantone di Ginevra né il Dipartimento federale degli affari esteri hanno partecipato all’organizzazione dell’incontro fra Stati Uniti e Cina, ma quel che è certo è che la Svizzera si sta lentamente ritagliando un ruolo sulla scena globale come mediatrice indipendente anche nella delicata questione di competizione geostrategica fra le prime due economie del mondo. A gennaio Viola Amherd, subito dopo essere entrata in carica come presidente della Confederazione, aveva ricevuto un messaggio di congratulazioni da parte di Xi Jinping, e quindici giorni dopo, in occasione del World Economic Forum, aveva ricevuto in Svizzera una significativa delegazione della leadership cinese, compreso il primo ministro Li Qiang, considerato il numero due di Xi. Durante quei colloqui era emersa la possibilità di usare il Paese come base – anche geograficamente a metà strada fra Washington e Pechino – per mantenere attivi i colloqui ad alto livello e così evitare che dai silenzi possa aumentare il rischio di un conflitto più serio.

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