Cassa malati, quanto mi costi!

by Claudia

Votazioni federali 1, Il 9 giugno il popolo sarà chiamato a esprimersi sull’iniziativa del Partito socialista per premi meno onerosi e su quella de Il Centro che mira a introdurre un freno alla crescita delle spese per la sanità. Gli argomenti di favorevoli e contrari

Introdurre un limite massimo per i premi malattia e un freno ai costi sanitari: è quanto chiedono due iniziative popolari – una socialista e l’altra del Centro – in votazione federale il prossimo 9 giugno. Dopo il sì alla tredicesima rendita AVS, la sinistra potrebbe ripetere l’impresa con i premi malattia? L’iniziativa del PS, depositata nel gennaio del 2020, chiede che i premi di cassa malati ammontino al massimo al 10% del reddito disponibile. L’idea sembra godere dei favori di una stretta maggioranza dei cittadini, per i quali i premi delle casse malati, in costante aumento, sono diventati la preoccupazione numero uno, relegando in secondo piano i timori legati alla pensione o alla crisi climatica. E potrebbe farcela anche l’iniziativa che mira a frenare i costi nel settore sanitario, lanciata nel marzo 2020 dal Centro, che è però il solo partito a difenderla. L’elettorato potrebbe lasciarsi sedurre nella speranza che i premi delle casse malati vengano limitati. Consiglio federale e Parlamento, ancora una volta soprattutto per motivi finanziari, chiedono di respingere anche questi due progetti socialmente sensibili. Il primo chiede dunque di limitare i premi versati alle casse malati al 10% del reddito imponibile. Attualmente le economie domestiche vi dedicano mediamente il 14%. Con questa iniziativa i premi potranno continuare ad aumentare ma, se dovessero superare il citato tetto massimo, l’importo eccedente verrebbe coperto dalla Confederazione (per almeno due terzi) e dai Cantoni (per un terzo), attraverso i sussidi. Pharma e altri operatori del settore sanitario non sono chiamati a contribuire.

Dalla fine del secolo scorso a oggi, i premi sono più che raddoppiati. Nel 2022 circa un quarto della popolazione, ossia 2,3 milioni di persone, ha beneficiato di una riduzione dei premi. A tale scopo la Confederazione ha versato 2,9 miliardi di franchi e i Cantoni 2,5 miliardi, per una somma complessiva di 5,4 miliardi. Sempre nel 2022 in Ticino sono stati versati 335 milioni di sussidi per i premi di cassa malati. Cifra destinata a crescere dopo l’ennesimo aumento dei premi. Un ticinese su tre riceve il sussidio. In caso di accettazione dell’iniziativa, Confederazione e Cantoni dovrebbero ulteriormente ridurre i premi per diversi miliardi di franchi all’anno. Secondo l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), l’iniziativa comporterebbe per Confederazione e Cantoni uscite supplementari per 3,5-5 miliardi di franchi (stima riferita al 2020). A seconda dell’evoluzione dei costi della salute, entro il 2030 le uscite supplementari sono stimate tra 7 e 11,7 miliardi di franchi. L’importo esatto dipenderà dalle modalità di attuazione dell’iniziativa da parte del Parlamento, che dovrà stabilire i parametri per determinare il reddito disponibile.

Il Partito socialista, sostenuto dall’Unione sindacale svizzera (USS), Caritas e dai medici di famiglia vuole porre fine alla «folle crescita dei premi». Intende garantire il potere d’acquisto di famiglie, pensionati ed economie domestiche a reddito basso e medio. Infatti, mentre i premi sono andati alle stelle, i redditi continuano praticamente a marciare sul posto. Per numerosi nuclei famigliari l’onere è troppo pesante. Secondo il presidente dell’USS Pierre-Yves Maillard, già vittorioso qualche mese fa con la tredicesima AVS, i premi malattia sono gli unici ad aumentare liberamente, mentre tutte le altre imposte hanno limiti nelle leggi o nella Costituzione. Considerata l’ampia libertà di manovra lasciata al legislatore, Maillard stima le uscite supplementari a carico del settore pubblico sotto i 2 miliardi. Per Governo e Parlamento l’iniziativa del PS prende di mira soltanto i sintomi (la crescita dei premi) e non le cause dell’aumento dei costi della salute. UDC, PLR e Verdi liberali le rimproverano di proporre «terapie sbagliate», senza incitamenti per frenare questo aumento. Gli avversari sottolineano che l’iniziativa comporterà nel 2030 costi aggiuntivi di 12 miliardi di franchi all’anno, a carico di Confederazione e Cantoni. Questo maggior onere non può essere pagato soltanto risparmiando in altri settori. Un aumento dell’imposizione fiscale appare quindi inevitabile. E già si palesa un aumento dell’IVA tra l’1% e il 2,3%. Solo per quest’ultimo – sostiene l’UDC – una famiglia media pagherà all’anno fino a 1200 franchi in più.

Consiglio federale e Parlamento, riconoscendo il peso dei premi malattia che grava sulle economie domestiche, hanno elaborato un controprogetto indiretto a livello di legge che entrerà in vigore se l’iniziativa fosse respinta e sempre che non sia combattuto dal referendum. Anche il controprogetto si prefigge di ridurre i premi in modo più importante di prima ma, diversamente dall’iniziativa, obbliga i Cantoni a ridurre i premi per almeno altri 360 milioni di franchi, oltre ai 2,5 miliardi già versati a tale scopo. Nel 2030, questi costi supplementari potrebbero lievitare tra i 700 e i 960 milioni di franchi. In generale, il controprogetto comporterà nel 2026 costi aggiuntivi meno elevati per i Cantoni, rispetto a quelli provocati dall’iniziativa popolare. Con l’iniziativa – rispondono i suoi fautori – Confederazione e Cantoni saranno tenuti a intervenire una volta per tutte per ridurre i prezzi dei medicamenti e porre fine alla concorrenza fittizia e costosa tra casse malati. Nel solco della crescita esponenziale dei costi sanitari, rientra anche l’iniziativa del Centro «Per premi più bassi – Freno ai costi nel settore sanitario», che mira ad affrontare il problema alla radice, introducendo un freno alla crescita dei costi sanitari, dalla quale dipende l’aumento dei premi. Governo, Parlamento, Cantoni e quasi la totalità degli operatori del settore sanitario ritengono il testo «assurdo» e «inutile», con il rischio di introdurre una medicina a due velocità. Ma anche in questo caso il popolo potrebbe sconfessarli. I primi sondaggi danno infatti il sì in vantaggio.

Per frenare i costi sanitari, l’iniziativa del Centro chiede che l’aumento pro capite di quest’ultimi non sia «sensibilmente superiore» (non più del 20%) all’incremento dei salari medi e alla crescita dell’economia. Questo meccanismo, che l’iniziativa non specifica, funzionerebbe sul modello del freno alle spese della Confederazione. Al Parlamento, poi, il compito di metterlo a punto. Se due anni dopo l’accettazione dell’iniziativa l’aumento dei costi sanitari supera del 20% l’andamento dei salari, Confederazione e Cantoni devono adottare provvedimenti per ridurre i costi. Con un freno ai costi, i pazienti dovrebbero pagare di tasca propria determinate prestazioni che non verrebbero più rimborsate dall’assicurazione obbligatoria. La ministra della sanità Elisabeth Baume-Schneider ha criticato la rigidità dell’iniziativa che non tiene conto di fattori quali l’invecchiamento della popolazione e i progressi della medicina. Il Centro, citando un rapporto dell’Amministrazione federale, afferma che già oggi si potrebbero risparmiare 6 miliardi di franchi all’anno, senza perdita di qualità nelle cure. Basti pensare ai prezzi eccessivi dei medicinali, alle terapie inutili o ancora ai doppioni durante gli esami medici.

Anche per questa seconda iniziativa, Consiglio federale e Parlamento hanno messo a punto un controprogetto indiretto, che entrerebbe in vigore in caso di una sua bocciatura. Esso prevede che gli attori del sistema sanitario siano tenuti a definire e motivare l’aumento dei costi previsto per ciascun ambito, al fine di garantire maggiore trasparenza. Ciò che non ha però convinto il Centro a ritirare il suo progetto, proprio per mettere pressione sugli attori del sistema sanitario.

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