La scrittrice Chiara Valerio racconta Chi dice e chi tace, il suo nuovo romanzo uscito per Sellerio
Chi dice e chi tace (Sellerio, 2024) è tra i dodici candidati al premio Strega e racconta della morte di Vittoria, o meglio di tutto ciò che ne consegue: la donna, arrivata nel paese di Scauri insieme a Mara molti anni prima viene ritrovata annegata nella sua vasca da bagno, ma l’amica e avvocata Lea non si dà per vinta e cerca una verità su una persona che conosce da sempre, ma di cui non sa nulla.
Abbiamo incontrato l’autrice, la scrittrice Chiara Valerio (nella foto), responsabile della narrativa italiana per la casa editrice Marsilio e collaboratrice di varie testate e per Radio3.
«Alla fine quando ti piace e ti avvicini abbastanza, ci finisci dentro»: è una frase di Mara, la compagna di Vittoria. L’orientamento sessuale viene considerato come dato. Nel suo romanzo, invece, emerge che non è così, che ci si può ritrovare a vivere abitudini amorose impreviste. Ce ne parla?
Non penso che ci sia niente di definitivo nella vita di ciascuno se non in abbrivio (la madre) e in exitu (la morte). Per il resto mi pare tutto molto mutevole. C’è una eccezione di cui tuttavia bisogna tenere conto, ne scrive Patricia Highsmith in Carol, e cioè che il corpo prende abitudini: uno stesso bar, una stessa strada, la stessa concavità o convessità di un corpo amato. Si conosce e si ama anche per frequentazione.
Nel testo in due occasioni la violenza in ambito familiare viene definita come «incapacità ad accettare che quelli che ami cambino». Cosa permette di evitare questo controllo che può avere risvolti tragici? Cosa fa sì che in una famiglia a dominare sia invece la libertà di essere e trasformarsi?
L’idea, sempre più difficile da salvaguardare in un mondo dominato da una tecnologia che ci immerge nei consumi con un sistema di cookies, è che l’altro sia irriducibile a noi, che non sia un oggetto o un soggetto di consumo nella nostra bolla, ma sia un altro, appunto, diverso, distante. Scauri, in questo romanzo, è una bolla. Una bolla con una certa estensione fisica, che contiene corpi e non nickname o avatar. I corpi devono incastrarsi e sistemarsi per non darsi fastidio. I corpi, anche quelli amati, possono darci fastidio. I corpi muoiono, i nomi no. «Nomina nuda tenemus» sta in esergo al più formidabile romanzo storico italiano degli ultimi cinquant’anni: Il nome della rosa. Credo che al fondo di tutto ci sia che il corpo di un altro non è assimilabile al nostro.
«La vita interiore non esiste, è solo una scusa per comportarsi male»: si tratta di una frase di Vittoria, una considerazione molto originale, in netta contrapposizione con lo psicologismo dilagante. Lei cosa ne pensa, è d’accordo?
«Più sì che no»: mi rispondeva Cesare De Michelis quando gli domandavo se un certo romanzo gli era piaciuto. Vittoria è più originale di me. Vittoria è originale. Vittoria spera in fondo che la vita interiore non esista perché sul resto, ciò che vede, può agire. Vittoria è avventurosa, fatalista, pratica, Vittoria non cede ad alcuna metafisica. A me divertono quelli che non cedono alla metafisica visto che Platone vincit omnia e metafisici lo siamo tutti.
La storia inizia con la notizia di una morte. La ricerca della verità sul decesso di Vittoria che ossessiona Lea nasce dal rimpianto di non averla conosciuta abbastanza quando era in vita o di non aver scoperto qualcosa di sé stessa, attraverso l’incontro con Vittoria?
Lea inciampa in quella che solo a lei pare una contraddizione e cioè che una grande nuotatrice sia morta affogata nella vasca da bagno. Quello che succede a Lea e che è anche il motivo per cui ho capito che mi sta simpaticissima, è che non ha paura di andare a vedere se c’è un’altra vita, forse più inquieta e meno felice, insomma se c’è un’altra possibilità, nonostante abbia una vita professionale ed emotiva soddisfacente e direi felice. Lea mi sta molto simpatica, non si ferma, è curiosa, non pensa neanche che valga la pena fermarsi, anche quando si sta bene, ma non per ottenere chissà cosa, quanto per assecondare, mi pare, una caratteristica della specie animale a cui apparteniamo: spostarci.
Il modo di conoscersi che vige nel paese, a Scauri, da una parte è superficiale: «Tutti ci accontentavamo di ciò che avevamo davanti agli occhi», dall’altra permette di conservare la memoria delle storie e delle radici. Sembrerebbe un mondo ancorato al passato in cui domina «la forma», eppure Scauri dalle sue pagine emerge come uno spazio di libertà. Cosa rende tale un paese di provincia?
La forma è uno spazio di libertà. L’idea che la libertà sia nel disordine è una idea romantica che non tiene conto del fatto che la maggior parte di noi per la gran parte della vita – e ciascuno di noi è ciò che è per la maggior parte del tempo – vive in comunità. Per essere liberi in una comunità e per pensare liberamente c’è bisogno di molta forma. Sono stata matematica per un numero consistente di anni e potrebbe essere che questa mia visione della forma dipenda da una prossimità a studi dove la sostanza è la forma del linguaggio in cui la sostanza si esprime. Il teorema di Pitagora coincide con le forme, simboliche o geometriche, che lo enunciano.
Vittoria è una donna eccezionale: una guaritrice sapiente, generosa, che vince sempre a carte. Se è «sventurata la terra che ha bisogno di eroi», che ne pensa delle eroine?
Vittoria non è una eroina. Nel senso che non sappiamo mai se ciò che si conosce di lei, se ciò che gli altri dicono di lei, sia realtà, fantasticheria, mitomania. Vittoria genera fascino o sgomento, questo è acclarato, così come è acclarato che Lea sia tra gli affascinati, ma gli scauresi ingigantiscono o rimpiccoliscono – come i biscotti di Alice – la figura di Vittoria, che non è personaggio del romanzo, ma fantasma nel romanzo. Il personaggio del romanzo che porta il nome di Vittoria è un caleidoscopio di impressioni lasciate da Vittoria. Possiamo discutere se una fantasma possa essere o non essere eroe o eroina e questo sarebbe affascinante. Fiorella che salta di sogno in sogno nel racconto Passare contenuto nella raccolta Piccoli miracoli e altri tradimenti di Valeria Parrella (Feltrinelli, 2024) è un fantasma o no ed è una eroina o no? Per restare nella letteratura italiana contemporanea. E Filinnio de Il Libro delle meraviglie dello storico greco Flegonte lo è? (Einaudi, a cura di T. Braccini).
Vittoria abbandona la carriera universitaria, rinuncia al girl power come si dice oggi, per proteggere un’altra ragazza. Si tratta di un modo di intendere il femminismo che spesso viene dimenticato, l’importanza della relazione fra donne, dell’essere, come si diceva all’epoca, almeno in due. Che ne pensa?
Non penso che Vittoria sia buona, e non penso nemmeno che Vittoria sia femminista, ma appunto, Vittoria è morta e io ne so quanto Lea Russo, quanto gli altri scauresi, quanto lei che ha letto il romanzo e formulato le domande. Forse ha ragione lei, forse Vittoria abbandona il girl power e protegge e aiuta un’altra ragazza. Quello che tuttavia mi interessa non è tanto la causa, in questo caso, ma l’effetto. Di Vittoria conosciamo solo gli effetti. Le sue motivazioni interiori, le sue ragioni, non le conosciamo. E non possiamo conoscerle, perché è morta a pagina uno.