Nel romanzo, la Casa di Vetro con le sue immense vetrate al limitare del bosco appare come una metafora della nostra società dove sincerità e infingimento si mescolano continuamente. (freepik)

La noia, feroce e ineluttabile molla del destino

by Claudia

Ginevra, 2022. È giugno quando s’incontrano casualmente un poliziotto ambizioso, una bella avvocata, un funzionario di banca innamorato e un ladro vendicativo, ognuno di essi nasconde più di un lato oscuro che pesa sul suo passato e ne ipoteca il futuro. Ma quando, venti giorni dopo, ai primi di luglio due ladri rapinano un’importante gioielleria di Ginevra, ecco che si mette in moto un meccanismo preparato con cura e comincia a dipanarsi una storia di segreti e di ricordi che in una sorta di spirale perversa collega tutti i protagonisti e li risucchia in un vortice di tradimenti.

È l’ultimo libro di Joël Dicker Un animale selvaggio uscito in francese per la sua casa editrice Rosie & Wolfe fondata nel 2022 e tradotto in italiano da Milena Zemira Ciccimarra per La Nave di Teseo. Costruito con la pazienza e la precisione di un miniaturista, ennesima vicenda gialla dello scrittore svizzero che, molto giovane nel 2012, si guadagnò la ribalta internazionale con il thriller Il caso Harry Quebert (divenuto una serie televisiva), seguito in breve da altri quattro romanzi. Ma stavolta il clou della vicenda è un intreccio psicologico più che «criminale» dove giocano un ruolo chiave: il narcisismo, la gelosia, l’invidia, l’ingordigia, una catena di debolezze bibliche che, come racconta la storia con celata ironia, fa decollare le tentazioni e i desideri di ognuno dei personaggi non verso l’omicidio stavolta, ma comunque verso obbiettivi non sempre desiderati.

Si sa, è difficile prevedere con chiarezza dove fantasticherie e rigurgiti di insoddisfazione possono sospingerci in momenti in cui il destino sembra non curarsi di noi e non riservarci niente di nuovo oltre alla solita routine quotidiana. Ed è così che Greg, apprezzato poliziotto in carriera, sposato con la graziosa commessa Karine, ha un colpo di fulmine per Sophie Braun, avvocata, fascinosa e ricca moglie francese di Arpad, bancario di alto bordo, tutto affari, tennis e famiglia. Sono tutti pressappoco della stessa età, dei quarantenni che hanno lottato per il ruolo che ricoprono e ora passano al lavoro la maggior parte del proprio tempo: chi sfoggiando i muscoli, chi vestiti eleganti di fattura italiana. Le due coppie hanno entrambe due bambini, pochi amici, abitano nello stesso ricco comune di Coligny, elegante sobborgo di Ginevra: la prima in una villetta a schiera con qualche pretesa, evidentemente sbagliata, visto che il complesso è stato soprannominato l’Obbrobrio; la seconda in una villa moderna, isolata, un piccolo paradiso con giardino e piscina conosciuto come «la Casa di Vetro» per le sue immense vetrate, che ricoprono persino il garage dove le due Porsche, di Sophie e Arpad, sono perennemente in mostra. Quello scintillante cubo trasparente, al limitare di un bosco, che di notte brilla come una stella e al mattino presto sembra un’astronave sospesa sulla natura, è il palcoscenico ideale, lussuoso e goloso, delle proiezioni sentimentali dei vari protagonisti, dei loro pensieri velenosi, delle loro elucubrazioni erotiche, dei loro sogni, come degli incubi. La Casa di Vetro come metafora della nostra società dove tutto sembra facile e possibile, dove sincerità e infingimento si mescolano continuamente e verità e menzogna sono di fatto inestricabili. Ma cosa ha a che vedere tutto questo con la milionaria rapina alla più importante gioielleria di Ginevra?

Joël Dicker, con una sventagliata di accurati flash back e di rapide incursioni nel presente, racconta in modo abile e con un umorismo sottile i suoi protagonisti, veri figli di questa epoca: banali, senza fantasia, dal vocabolario insufficiente persino a descrivere la donna delle loro brame, della quale celebrano poeticamente il «corpo sodo», oppure si spingono arditamente sino ad osservarne il «petto sodo» e le «magnifiche gambe», incapaci di affrontare dialetticamente sia i turbamenti dell’amore sia i torbidi richiami del sesso. Voyeuristi ossessivi, rapinatori seriali, vanitosi irresoluti, amanti narcisisti, tutti i protagonisti di questa storia, le donne quanto gli uomini, appaiono impregnati soprattutto di cultura modaiola, vero paracadute sociale, ma anche potente detonatore di complessi e di angosce. Puritani, ma non morali, timorosi del castigo sociale, ma non delle torture della coscienza, i protagonisti di Un animale selvaggio sono degli eterni adolescenti ingenui e superficiali, ma non per questo meno avidi e crudeli, convinti che seppure il denaro non compri la felicità, permetta di avere tutto ciò che serve per ottenerla. E l’animale selvaggio? È la noia, uno dei protagonisti della storia, che l’autore trasforma in una feroce e ineluttabile molla del destino.

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