Sul quai di Ouchy, un pomeriggio di primavera, cammino tranquillo anche se non sono mai stato tanto un grande appassionato di lungolaghi. Dei quai, al contrario, sono un profondo detrattore. I lungolaghi intralciano la comunione con il lago, inducono a un passeggiare rettilineo, univoco, deprimente, mortale. Che esultanza dello spirito quando ho ritrovato questa mia inconfessata avversione per i quai lacustri elvetici, causa di una discordanza artificiale tra lago e città, in un racconto di Tolstoj dove critica a lungo, e a più riprese, il lungolago di Lucerna. Eppure, qui a Ouchy – parte di Losanna dal 1798 ma rimasta sempre entità a sé, non per niente una confraternita lo rivendica ancora come «Commune libre d’Ouchy» – camminando sul quai provo una inusuale tranquillità. Insolita quiete quasi, forse già a partire dal toponimo che per me ha sempre significato una via di uscita da Losanna. Il suo porto, l’apertura a tutte le destinazioni lemaniche possibili in battello. O chissà, magari è proprio questo quai che riesce a riconciliarmi con tutti i quai della Svizzera, grazie alle sue aiuole floride con peonie e un sacco di altri fiori e soprattutto a certi alberi. Come la commovente tamerice di primavera (Tamerix tatandra) con le sue infiorescenze rosa scuro (di certo non per merito della scultura di Nag Arnoldi all’altezza del Museo Olimpico). E comunque, anche un po’ perché il quai d’Ouchy, come mi è appena capitato, è l’unico al mondo dove un signore elegante-stralunato vi saluta con «bonjour monsieur». Però, alla fine della fiera, questo camminare in santa pace sarà anche dovuto al fatto che in fondo al quai di Ouchy si trova la meta del viaggio.
Una torre neogotica in rovina nata, si racconta, per scommessa, nel 1823. Una gara a chi, tra tre gentiluomini – tali Charles-Sigismond de Cerjat, William Haldimand, Vincent Perdonnet –, riuscisse a realizzare la torre neogotica in rovina più bella. Vinse, a quanto pare, la torre di William Haldimand (1784-1862): direttore della banca d’Inghilterra, deputato liberale, filantropo filoellenico i cui beneficiari sono stati anche ciechi, credenti, bagnanti. E il cui ritratto in redingote sulla poltrona nella sua dimora del Parc du Denantou, lì, oltre la strada, per mano di Charles Gleyre – pittore vodese misconosciuto, maestro di tanti impressionisti francesi famosi –, mostra, incorniciata da favoriti, una faccia pallida-giallastra da malato e sguardo liquido triste da persona ricca e sola. Non di certo la bellezza, a un primo sguardo, della torre Haldimand (374) a Ouchy, ferma la mia attenzione. Ma la sua posizione da pesce fuor d’acqua, in mezzo a una rotonda stradale, vicino a un parcheggio. In origine, quando è stata immortalata misteriosa da William Henry Bartlett in un disegno a matita, guazzo, lavis e acquarello nel 1834, era posta sulla sponda destra della Vuachère: riale che scorreva senza gli argini odierni, sfociando più romantico nel lago. C’era anche un frammento di muro, accanto, che accoglieva l’ombra della torre e migliorava l’effetto di falsa rovina in voga in quegli anni. Sparito nel trasloco del 1901 per via dei lavori di costruzione del quai. Come accerto ora, raggiunta e toccata con mano questa follia architettonica da giardino, la cui base è di tufo e il resto in blocchi di molassa colmati in cima da una parte di beton del restauro atroce del 1999. Era meglio lasciarla avvolta dall’edera, a questo punto. Eppure, nonostante al di là della porta ad arco gotico chiusa da un cancello, osservo non so quale impianto elettrico della luce o di telefonia mobile come se fosse un deposito qualsiasi e il prato fuori è trascurato rispetto alle aiuole del quai, emana ancora –almeno per me che ho la passione delle follie da giardino dimenticate – un certo fascino.
Mi attira la sua aria sofferente, tra nostalgia e incomprensione, più che l’aspetto. Paragonata alla torre neogotica di Perdonnet, in cima al Parc du Mon-Repos perlustrato per un altro reportage anni fa una mattina d’inizio estate, non c’è gara. Incomprensibile come non abbia vinto lei la sfida neogotica. Mentre per la torre de Cerjat a Rovéréaz chissà, rimangono solo alcune pietre nel bosco. Ai piedi di questa nuova rovina-capriccio cresce l’Alliaria petiolata. Vista da Dickens, ospite a cena da Haldimand, in cima, due piccioni mi guardano.