Votazioni federali 2: la legge sull’elettricità, su cui dovremo esprimerci il prossimo 9 giugno, getta le basi per aumentarein tempi brevi la produzione di energia a partire da fonti rinnovabili
Assicurare l’approvvigionamento elettrico della Svizzera, proteggendo il paesaggio e la natura. La legge sull’elettricità, in votazione il prossimo 9 giugno, approvata a grandissima maggioranza dal Parlamento lo scorso autunno, si prefigge di coniugare al meglio questi due obiettivi. Vuole garantire un approvvigionamento sicuro, creando le condizioni per generare più elettricità da fonti rinnovabili, onde ridurre in modo significativo la nostra dipendenza energetica dall’estero. Una parte degli ambienti ecologisti e dell’UDC ha lanciato il referendum. Teme che l’aumento della produzione interna di elettricità permetta troppo facilmente di deturpare il paesaggio.
Frutto di non pochi compromessi, questo vasto progetto getta le basi per aumentare in tempi brevi la produzione di elettricità in Svizzera a partire appunto da fonti rinnovabili come acqua, sole, vento o biomassa. Nel 2017, accettando la revisione totale della legge sull’energia (strategia energetica 2050), il popolo ha approvato il potenziamento della produzione di elettricità a partire da energie rinnovabili. Orbene, il progetto in votazione completa gli strumenti di promozione di queste fonti. Nel giugno del 2023 è stata accolta in votazione popolare la legge federale sul clima e sull’innovazione, secondo cui la Svizzera deve raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Governo e Parlamento sottolineano che la legge sull’elettricità è un presupposto essenziale per il raggiungimento di questo obiettivo.
Almeno 35 terawattora (TWh) di elettricità dovranno essere prodotti nel 2035 grazie alle energie rinnovabili (forza idrica esclusa) e 45 TWh nel 2050. Le esigenze per gli impianti idroelettrici sono invece fissate, rispettivamente, a 37,9 TWh e 39,2 TWh. Il progetto chiede il potenziamento di 15 centrali elettriche esistenti (come l’innalzamento della diga del Sambuco in Vallemaggia, con spostamento della strada lungo il lago, e l’ampliamento della centrale di Peccia), nonché la costruzione di nuovi impianti idroelettrici. La legge prevede la realizzazione di riserve di energia, in primis quella idroelettrica nei bacini di accumulazione, con l’obbligo per i grandi gestori di mantenere una quantità sufficiente di acqua per la produzione di elettricità durante i mesi freddi.
Ma il progetto agevola pure la costruzione di grandi impianti fotovoltaici, eolici e di pompaggio-turbinaggio. Comprende sia strumenti di promozione, sia nuove prescrizioni in materia di produzione, trasporto, stoccaggio e consumo di elettricità. Sarà obbligatoria l’installazione di pannelli solari su tutti i nuovi edifici con una superficie edificabile superiore ai 300 m2. La legge vuole anche armonizzare a livello nazionale le tariffe minime relative all’immissione in rete di elettricità solare.
Privati e associazioni potranno continuare a ricorrere contro i progetti, sebbene con ridotte prospettive di successo a causa delle condizioni di pianificazione agevolate per impianti eolici e solari, ubicati in territori considerati idonei. Non vi saranno invece nuovi impianti nei biotopi d’importanza nazionale o nelle riserve di selvaggina e di uccelli migratori.
Tutto questo vasto pacchetto proposto dalla legge – sottolinea la maggioranza parlamentare – è inteso a garantire l’equilibrio tra la produzione di elettricità e gli obiettivi di protezione della natura e della biodiversità. Circa 110 deputati federali di tutti i partiti hanno costituito un’alleanza in favore della riforma, sostenuta da numerose organizzazioni economiche e anche ambientali, come il WWF e Pro Natura. L’alleanza garantisce che la natura non verrà degradata, già per il fatto che l’80% dei progetti previsti sarà sistemato su infrastrutture già esistenti, in particolare tetti e facciate. Inoltre, il potenziamento della produzione di elettricità indigena non provocherà tasse supplementari, ma maggiore stabilità dei prezzi.
Per i fautori del referendum – Fondazione Franz Weber, Unione per la natura e il paesaggio svizzero, Paesaggio libero svizzero e altri cittadini ancora, oltre a una parte dell’UDC – la svolta energetica proposta dalla legge non deve avvenire a scapito della natura e della democrazia. A loro modo di vedere, il progetto antepone la produzione di elettricità praticamente a tutti gli altri interessi. Favorisce così il disboscamento, il deturpamento di paesaggi e il saccheggio dei biotopi protetti. Limita pure la sovranità del popolo, dei Cantoni e dei Comuni. Ma queste affermazioni sono state prontamente smentite dal Consiglio federale.
Secondo gli oppositori, esistono alternative per realizzare la transizione energetica e garantire la sicurezza nell’approvvigionamento di elettricità. Intanto occorre risparmiare di più (un’esigenza ricorrente da anni) e utilizzare il potenziale fotovoltaico anche su edifici e infrastrutture esistenti. Essi chiedono dunque di rielaborare la legge per garantire la protezione della natura, compatibilmente con le necessità legate alla transizione energetica e alla sicurezza dell’approvvigionamento.
Il tema in votazione non divide soltanto una parte degli ambienti ecologisti, ma anche l’UDC. Durante l’assemblea dei delegati di questo partito, il ministro dell’energia centrista Albert Rösti ha ribadito che la legge – diversamente da quanto pretendono gli avversari – non permetterà di ricoprire la Svizzera di centrali eoliche e solari, ma saranno definite zone ben precise. Per Rösti, che difendeva strenuamente questo progetto quando era ancora consigliere nazionale, ciò che conta è di evitare una penuria di elettricità, soprattutto in inverno.
Tuttavia la vicepresidente del partito, la consigliera nazionale grigionese Magdalena Martullo-Blocher, ha replicato che le energie eolica e solare non consentono un approvvigionamento elettrico sicuro. La maggioranza dei delegati ha così bocciato la riforma, contro il parere dei due consiglieri federali UDC presenti (Rösti e Parmelin) e di numerosi membri delle Camere federali. Per l’UDC sarebbe meglio rispolverare l’opzione dell’energia nucleare.
La parte dell’UDC e i difensori del paesaggio che sostengono il referendum formano un’alleanza contro natura. Nel giugno del 2021 l’opposizione dei demo-centristi, unita a quella degli ecologisti, ha fatto naufragare la legge sul CO2, bocciata dal 51,6% dei cittadini. Questa volta, tuttavia, non è certo che questa alleanza riesca ancora a spuntarla. Per evitare un nuovo fallimento, i fautori della riforma hanno stanziato non pochi fondi per il finanziamento della loro campagna. Gli ultimi sondaggi danno la legge federale chiaramente in vantaggio. Ma se fosse respinta? Un «no» – come ha sottolineato il ministro dell’energia – frenerebbe la transizione energetica. Inoltre si dovrebbero decidere misure a breve termine, come la realizzazione di centrali termoelettriche, con un elevato impatto ambientale (emissioni di CO2). Non si tratta ovviamente della soluzione ideale, soprattutto per quegli ecologisti che ora esprimono seri dubbi sull’utilità della riforma in votazione.