La street art invade sempre di più le facciate degli edifici e i vicoli nella città dell’Art déco trasformando le strade da «giungla di cemento» in vere e proprie gallerie artistiche a cielo aperto
È notte fonda quando arrivo alla Gare Casa-Port, e non faccio in tempo ad apprezzare la maestosità della stazione ferroviaria che, ristrutturata nel 2014, si mostra in uno stile contemporaneo e funzionale. Affrettandomi verso la porta (Bab) el-Marsa per raggiungere il mio alloggio nella medina, un odore non proprio gradevole cattura la mia attenzione. Un pungente tanfo lagunare mi avverte della presenza di svariati carretti di pesce fresco lungo il trafficato Boulevard des Almohades e, dopo un momento di esitazione, sorrido a un pescivendolo chiedendogli il permesso di scattare una fotografia. Gamberi e calamari, il mio primo impatto con Casablanca.
Il mattino seguente, affacciatami alla finestra, mi si rivela la fisionomia della città marocchina, ora illuminata da un sole accecante. La cupola della stazione ferroviaria, della quale scorgo un angolo in lontananza, fa a pugni con l’aria stanca dei palazzi che si affacciano sulla piazza Ahmed El Bidaoui. Una coesistenza di contrasti che, una volta scesa in strada, mi inseguirà per tutta la mia permanenza.
Del periodo risalente al suo status di protettorato francese, Casablanca conserva un ricco patrimonio architettonico Art déco, con edifici dalla simmetria impeccabile e motivi geometrici incisivi. Frequente è la sua apertura a tutte quelle forme di espressione artistica prodotte da una vigorosa scena culturale urbana e alternativa che include ad esempio l’hip-hop. Il popolare L’Boulevard è un festival annuale di musica urbana fondato nel 1999 a Casablanca da Mohamed Merhari (noto anche come Momo) e Hicham Bahou. Articolato in tre sezioni, include il festival Sbagha Bagha, un’iniziativa che vede i graffitari riempire la «Città Bianca» con le loro creazioni.
In tempi più recenti, la street art marocchina ha guadagnato consensi internazionali, grazie a talenti locali e stranieri che hanno trasformato le strade in vere e proprie gallerie d’arte a cielo aperto. Dal 2015, il festival Jidar di Rabat è stato un crocevia dove, ogni anno, temi sociali e politici si sono fusi con la potenza espressiva della street art. Sia Jidar sia Sbagha Bagha sono progetti d’arte reciproca, realizzati in collaborazione con la stessa organizzazione no-profit, EAC-L’Boulvart, che sostiene la musica contemporanea e la cultura urbana in tutto il Marocco.
A Casablanca la potenza espressiva dell’arte di strada è tuttavia emersa più lentamente. La nascita di un’agenzia artistica indipendente come Placebo Studio nel 2011 e di iniziative come WeCasablanca ha promosso la creatività delle strade, trasformando la «giungla di cemento» in una tela dalle tinte forti, mentre il festival annuale CasaMouja, un evento del programma WeCasablanca nato nel 2019, ha contribuito a cambiare le percezioni sull’arte urbana. Murales e installazioni artistiche non sono più disprezzate o assimilate al vandalismo, ma sono diventate testimonianze tangibili della ricca cultura e identità marocchine, tanto da venir commissionate da aziende e organizzazioni locali.
Ciò che rende ancora più preziosa questa (ri)nascita artistica è la permanenza delle opere una volta che i festival si sono conclusi, un dono alla città da scoprire lentamente a piedi o nel tempo di una corsa in taxi.
Le opere di strada di Amin Brush
Tra le opere più iconiche, i murales dell’autodidatta Amin Brush (pseudonimo di Amine Hajila, 1980) si stagliano sui palazzi di El Hank, la Corniche e il Boulevard Gandhi. Appassionato di disegno fin da piccolo, si cimentò con tempere e pennelli per poi passare alle bombolette spray durante l’adolescenza. Incoraggiato dai genitori a seguire l’indole artistica (la madre era pittrice), in seguito a una collaborazione con lo Studio Placebo partecipò più volte al festival CasaMouja a partire dalla sua inaugurazione nel 2019, nella quale presentò l’opera Remember.
La Casablanca di Amine non è solo una fonte di ispirazione ma al contempo vigila sugli abitanti come una tenera madre, e gli angoli urbani diventano un teatro dove mettere in scena tematiche sociali, politiche e culturali, che mescolano elementi tradizionali marocchini a una sensibilità estetica di stampo più contemporaneo.
Attraverso progetti comunitari e iniziative di sensibilizzazione, l’artista si è distinto nel promuovere il cambiamento sociale e migliorare la qualità della vita nelle aree urbane, incarnando così il potere trasformativo dell’arte. Incontro Brush in un caffè, luogo tradizionalmente riconosciuto di socialità maschile ma in anni più recenti teatro di una lenta e inesorabile appropriazione dello spazio da parte delle donne (nda: come esaminato dalla studiosa locale Sana Benbelli).
L’artista mi racconta degli albori della street art a Casablanca all’inizio degli anni Duemila, un’epoca in cui tale forma d’arte era scarsamente rappresentata sul territorio marocchino. Ciò che giungeva alla città erano frammenti dispersi, tramandati tramite riviste straniere o videocassette, definite da lui stesso come «antiquate». In quel contesto, la street art era mal compresa e addirittura osteggiata, perché interpretata da alcuni come un’azione politica, cosa che suscitava diffidenza e distanza.
Tuttavia, i tempi sono cambiati e con essi anche le percezioni. Oggi i marocchini iniziano a contemplare con uno sguardo nuovo i colori che danzano sui muri, un fenomeno impensabile in passato. Scene di vita quotidiana e ritratti di arabi e berberi adornano le skyline delle grandi metropoli marocchine, fondendo tradizione e modernità in una suggestiva armonia.
Tra palloni e rose in fiore
Nel labirinto dei vicoli della medina, gli occhi dei visitatori si perdono tra le trame di graffiti che dipingono le pareti. Queste opere, spesso prodotte dagli Ultras, appassionati tifosi di calcio, si ergono come un tributo vibrante alle squadre locali, Wydad AC e Raja CA, incarnando la profonda rivalità che anima lo sport marocchino. Il tema calcistico è centrale anche nella produzione dell’artista Mehdi Zemoura, famosi sono i suoi murales nel quartiere di El Hank che celebrano la partecipazione del Marocco ai Mondiali di calcio del 2022.
È raro trovare nomi femminili tra gli artisti di strada, ma Sara Lamine Rose è una talentuosa muralista attiva da diversi anni nel panorama di Casablanca. Uno dei suoi lavori più importanti si serve di una moltitudine di rose colorate per esprimere un amore incondizionato per la città.
Anche La Crew Cnn199 è un progetto di diffusione della cultura hip-hop nella sua interezza, dalla musica rap passando dalla breakdance fino alla street art.
Il lavoro di Amin Brush e dei colleghi non solo è stato di ispirazione per tutta una generazione di artisti, ma ha contribuito a mantenere vivace e dinamica la scena artistica di Casablanca. Parallelamente, iniziative come i laboratori artistici e i tour guidati, curati da organizzazioni come Native Morocco, CasaMouja e Alouane Bladi (per i tour in bicicletta), offrono agli appassionati l’opportunità di immergersi nell’essenza creativa della città, rivelando sia le icone della street art sia i tesori architettonici meno noti.
La più grande del Marocco risplende ancora
Casablanca è una città di estremi. Da un lato gli sviluppi moderni continuano a plasmare lo skyline, dall’altro l’antico splendore della città più grande del Marocco risplende ancora. Distrutta dal terremoto del 1755, Casablanca fu ricostruita dal sultano Muhammad III, il quale si avvalse di architetti europei. A questo periodo risalgono la sqala, le mura della medina e le due moschee più antiche.
Il bombardamento da parte dei francesi del 1907 distrusse gran parte della città e con l’inizio della dominazione francese, la fusione con le influenze autoctone diede vita a uno stile architettonico unico, il neomoresco, che combina le linee rette dell’art déco con i disegni e le tecniche tradizionali marocchine. Il piano urbanistico dell’architetto Prost, assunto nel 1912 per la ricostruzione della città, la divideva in una ville indigène destinata ai marocchini e una ville nouvelle a est per gli europei.
La più parte degli edifici in stile Art Nouveau e Art Déco sorse nella ville nouvelle prima della fine degli anni Trenta. A un lato di Place Mohammed V, cuore della città, si ammira la Wilaya, l’ufficio amministrativo costruito tra il 1927 e il 1936, con l’iconica torre dell’orologio. Dalla parte opposta della piazza si trova il moderno Grand Théâtre, progettato da Christian de Portzamparc. Sulla piazza affaccia anche l’Ufficio Postale principale, completato nel 1920 e al cui interno sono conservati gli arredi originali in stile Art Déco. A pochi passi di distanza si trova il Palazzo di Giustizia, costruito nel 1925 e che presenta un’imponente facciata con finestre ad arco e motivi decorativi.
Passeggiando lungo il Boulevard Mohammed V e guardando in su fin sopra le facciate dei negozi, si può immaginare la magnificenza di questi edifici nel loro periodo di massimo splendore. Nei dintorni si notano l’Hotel Guynemer in Rue Brahim Belloul, il Transatlantique in Rue Chaouia e il maestoso Cinema Rialto all’angolo tra Rue Mohammed el Qorri e Rue Salah ben Bouchaib. Completato nel 1929, l’edificio fu operativo fino a pochi anni or sono, ma è tuttora una testimonianza della scena culturale di Casablanca dei primi anni del XX secolo.
Uno degli edifici Art Déco più imponenti di Casablanca è l’Immeuble Liberté, in Rue Al Bassatine, progettato da Léonard Morandi nel 1951. Con i suoi 78 metri di altezza, è stato il primo edificio di questa altezza in Nord Africa. Due chilometri più a est, la Villa des Arts è situata in un maestoso palazzo degli anni Trenta ristrutturato dall’architetto Rachid Andaloussi. L’edificio ospita oggi mostre di arte contemporanea.
Tornando verso il centro si passa di fronte alla Cattedrale del Sacro Cuore. Costruita negli anni Trenta in stile neo-gotico, la chiesa perse la sua funzione religiosa quando il Marocco ottenne l’indipendenza nel 1956. La chiesa si trova accanto al Parc de la Ligue Arabe, un parco di 30 acri recentemente riqualificato per 100 milioni di dirham (circa 25 milioni di franchi).