Le elezioni europee sono state un terremoto. L’onda di destra c’è. Non è tale da travolgere il Governo dell’Europa ma non si può non tenerne conto. Soprattutto se il Rassemblement National, erede del Front creato da Jean-Marie Le Pen, conquisterà la maggioranza alle prossime elezioni legislative, e al prossimo Consiglio europeo Macron sarà accompagnato da Jordan Bardella – il pupillo di Marine Le Pen – in veste di primo ministro. Marine Le Pen e Bardella sostengono la priorità del diritto nazionale su quello comunitario. Se fossero coerenti sino in fondo, l’Europa non esisterebbe più, perché l’Europa si basa appunto sulla prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale. Certo, Marine era per l’uscita dall’euro, poi ha messo acqua nel suo vino sovranista. Ma è pur sempre l’erede politica di Jean-Marie Le Pen, che disse: «L’Europa è stata grande quando c’erano le guerre; ora c’è la pace, e non conta più niente». Fino a due anni fa i 4 grandi Paesi dell’Europa occidentale erano guidati da un Emmanuel Macron appena rieletto con ampio margine, da un Olaf Scholz che si era presentato come l’erede di Angela Merkel, dal socialista Pedro Sanchez non ancora indebolito e dall’europeista Mario Draghi: tutti e quattro solidali con Zelensky e la causa dell’Ucraina, della Nato, dell’Occidente.
Adesso Macron ha sciolto il Parlamento per una sfida «o la va o la spacca». Scholz ha visto l’Spd – il partito più vecchio d’Europa, fondato nel 1863, sopravvissuto a due guerre mondali e al nazismo – superato e umiliato dagli anti-antinazisti dell’Alternative für Deutschland. Sanchez ha perso terreno rispetto alle politiche, quando è riuscito a riabborracciare un Governo con un voto di maggioranza. In Italia il voto dell’8 e 9 giugno è stata l’ennesima prova di forza della destra. Giorgia Meloni non ha fatto una campagna da destra moderata, conservatrice, europea. Non ha rinunciato alle sue tradizionali posizioni. Alla sua destra aveva Matteo Salvini che, anziché posizionarsi al centro sulla scia del suo amico Berlusconi, ha scelto di fare concorrenza a Meloni sul suo stesso terreno, candidando il generale Roberto Vannacci, campione dell’Italia reazionaria che l’ha plebiscitato con mezzo milione di preferenze. Mentre, ancorata nel centrodestra, Forza Italia cresce. Il progetto centrista di Renzi e Calenda è fallito. A sinistra Elly Schlein ottiene un buon risultato. Ma se ieri si fosse votato per le politiche, la vittoria della destra sarebbe stata ancora più netta: perché i voti dei tre partiti della maggioranza si sommano; quelli dell’opposizione no.
Schlein ha dimostrato di saper parlare agli elettori – a cominciare dai giovani – cui i vecchi leader non avevano molto da dire. Ma se alle Politiche la coalizione sarà tra il Pd di Schlein, l’Alleanza Verdi-Sinistra e il Movimento 5 Stelle, allora Meloni partirebbe favorita. Perché alle Politiche un terzo dei seggi sarà assegnato nei collegi uninominali, in cui una coalizione serve. E perché alle Politiche si vota di più; e si vota sulle tasse. E finora, tranne in rare occasioni, la maggioranza degli italiani ha individuato un campione – la Dc, Berlusconi, Salvini, Grillo e ora Meloni – che le tenesse lontana la sinistra, considerata sinonimo di tasse. Quanto a Meloni, ora è a un bivio. Che non è solo tra sostenere Ursula von der Leyen, unendosi alla maggioranza che governerà l’Europa ma spaccando il gruppo dei conservatori di cui è presidente, oppure mantenere l’unità del gruppo ma schierando il Governo italiano all’opposizione. Il vero bivio è tra il ritenere che i problemi dell’Italia – immigrazione e debito pubblico in primis – si risolvano più facilmente facendo da soli, o collaborando con i partner europei. Molto dipenderà dall’esito delle elezioni anticipate che si terranno in Francia: primo turno il 30 giugno, ballottaggio il 7 luglio. Il capo dei Repubblicani Eric Ciotti ha annunciato un’alleanza delle destre con Marine Le Pen e Jordan Bardella, ma i notabili del suo partito l’hanno sconfessato. A sinistra hanno resuscitato il Fronte Popolare (comunisti e socialisti). Macron spera ancora che al ballottaggio i francesi che non vogliono fare salti nel buio appoggino i suoi candidati centristi. Ma il timore è che l’odio verso il presidente sia troppo diffuso per consentirgli un’altra vittoria. Insomma, la costruzione europea è in grave pericolo. Il fronte che sostiene l’Ucraina pure. E devono ancora arrivare le elezioni Usa, su cui si allunga l’ombra di Donald Trump.