Fitoterapia: che sia la violetta o la viola del pensiero, hanno entrambe caratteristiche emollienti e la capacità di curare lesioni della pelle
La famiglia botanica delle Violaceae comprende molte specie, suddivise a loro volta in generi, fra i quali scegliamo qui la viola mammola (Viola odorata L.) e la viola del pensiero (Viola tricolor L.). Famosa nell’antichità, amata e cantata dai poeti, apprezzata dai romantici, la viola mammola, detta anche violetta o viola odorata, fiorisce nell’ombra. Per scoprirla, infatti, occorre avvicinarsi non essendo vistosa. Ragione per cui simboleggia il riserbo, l’innocenza, la modestia e la fedeltà.
Le specie appartenenti alle Violaceae, come detto, sono numerose e, invero, parecchie inodori o poco profumate. Si distingue da tutte le altre, proprio la viola mammola: apprezzata dai tempi antichi per il colore intenso del suo fiore, ma soprattutto per il profumo, unico, forte ma al contempo delicato e inconfondibile, come quello del mughetto. Era nota agli antichi greci, maestri nella distillazione dei profumi di fiori, come ad esempio la lavanda e la rosa.
La violetta è una delle prime piante a fiorire insieme alle primule e alle margheritine e, purtroppo, dura per brevissimo tempo. Sorprende chi si inoltra nel sottobosco, in luoghi erbosi e piuttosto ombreggiati, o lungo le siepi, fiorendo a marzo, quali ambasciatrici della primavera. È una piccola pianta perenne con un corto rizoma, senza fusti aerei, i cui rami sottili strisciano sul terreno per circa dieci centimetri nascondendosi spesso tra altre erbe; le foglie sono a forma di cuore, di un bel verde scuro bluastro.
Ma veniamo ai suoi bei fiori: hanno una struttura particolare, con 5 petali di 15-20 mm, con calice a sepali ovali. Tutta la pianta è commestibile e preziosa, ma i fiori sono la parte più interessante: hanno proprietà espettoranti e fluidificanti per l’apparato respiratorio e per uso esterno possiedono caratteristiche emollienti e la capacità di curare lesioni della pelle.
Nella medicina popolare, la violetta era usata per espellere le tossine, per depurarsi e superare i postumi da ubriachezza, si racconta che gli antichi greci per contrastare i fumi dell’alcol si cingessero il capo di viole. Un ottimo sciroppo sedativo per la tosse si prepara (per chi volesse a primavera raccogliere questo delizioso fiore spontaneo e profumato) versando 250 ml di acqua bollente su 50 gr di fiori di violetta e una fettina di limone; si lascia riposare per otto ore, si filtra strizzando con cura, si aggiungono 150 gr di zucchero e si riscalda fino al completo assorbimento senza raggiungere l’ebollizione. Il prodotto di questa «ricetta» può essere conservato in bottiglie di vetro scuro. Ovviamente, questa è solo un’informazione, invitiamo a non procedere mai senza prima consultare il proprio medico o un erborista qualificato.
Parente stretta della viola mammola è la viola del pensiero, il cui nome scientifico, Viola tricolor, rende l’idea della sua caratteristica principale: i fiori di questa specie sono di fatto variopinti. Cresce nei campi e nei pascoli fino a 2000 metri. Di questa erbacea, in fitoterapia, si impiegano le radici che si raccolgono per tutta la primavera, ma anche i fiori che devono essere fatti asciugare con cura, lentamente e con calore mite. Proprio a questi ultimi sono riconosciute proprietà emollienti e depurative del sangue e della cute: un cataplasma di fiori e foglie fresche con poco latte si applicava su piccole ferite e piaghe. I giovani getti erano invece consumati in minestra. Nella medicina popolare, l’infuso di fiori prima di coricarsi favoriva il sonno e l’infuso di radice era impiegato come lassativo.
Anche la Viola tricolor era nota agli autori dell’antichità, la raccomandava, per dire, Dioscoride, medico d’origine greca, e botanico, che visse nella Roma imperiale di Nerone: a questa erbacea attribuiva molte, e a volte strane, virtù, ad esempio la considerava una droga antinfiammatoria consigliando di applicare degli impiastri sullo stomaco e sugli occhi, secondo necessità. I medici della Scuola salernitana la consideravano il rimedio più importante per le cefalee postprandiali e per i disordini alimentari; nel 1500 era persino raccomandata per curare la sifilide. Non da ultimo, Pietro Andrea Mattioli (1500-1577), fitografo del Rinascimento, e altri medici italiani di quel tempo facevano uso dello «sciroppo violato solutivo» contro le malattie di petto.
Molti, infine, sono i casi di dermatosi e acne giovanile felicemente risolti con preparati di viola. Uno studio italiano (1998) ha dimostrato l’efficacia dell’infuso di viola nel trattamento di affezioni cutanee allergiche, (anche causate da allergie alimentari) resistenti ad altri trattamenti. Non sono conosciute controindicazioni o interazioni con altre piante medicinali o farmaci. Non è mai inutile ripetere che, come sempre in Fitoterapia, le preparazioni di una pianta si presentano in forma di infuso, di decotto, di sciroppo, di estratti fluido o di Tintura madre.