Rainer Eichenberger è un professore dell’Università di Friburgo che ama esprimersi sui problemi di attualità del nostro Paese. Le sue prese di posizione seguono i precetti dell’approccio tradizionale della scienza economica: lasciate il mercato operare e che lo Stato si astenga il più possibile dall’intervenire nell’economia e tutto andrà bene. Di recente, però, facendo un’eccezione alla regola del «laissez faire», ha rilasciato un’intervista nella quale critica aspramente la libera circolazione della manodopera. Interessante richiamarne i punti essenziali non solo per la critica alla liberalizzazione del mercato del lavoro e, in particolare, a chi ha, fin qui, stimato gli effetti della stessa, ma anche per le considerazioni sul modo di migliorare la situazione. Per Eichenberger la libera circolazione va bene solo quando i Paesi che la praticano sono più o meno della medesima taglia e godono più o meno dello stesso livello di sviluppo economico, ossia in una situazione in cui – osservazione nostra – non c’è nessun bisogno di emigrare. Per un Paese piccolo e con un elevato livello di sviluppo come la Svizzera, invece, il bilancio della libera circolazione della manodopera a livello internazionale, nonostante gli studi pubblicati sin qui, è negativo: i costi superano i ricavi. Eichenberger spiega che il bilancio della libera circolazione diventa negativo una volta che nel calcolo dei costi e dei ricavi dovuti all’immigrazione si tenga conto di quelli che lui chiama i «costi del riempimento», ossia dei costi provocati dall’aumento della densità di popolazione. Come, per fare un esempio, le code in strade e autostrade o il forte aumento degli affitti. Le analisi dei costi e dei ricavi della libera circolazione pubblicate sin qui, invece, mettono in evidenza bilanci positivi perché non tengono conto di questi costi che, annualmente, assommerebbero a miliardi di franchi. La prima conclusione dell’analisi è che il saldo del bilancio dell’immigrazione può essere migliorato solo se questi costi vengono sopportati da chi li provoca, ossia dagli immigrati. Ma Eichenberger vorrebbe anche che la qualità dei lavoratori immigrati, in termini di qualifiche e specializzazioni, migliorasse. Che fare? Rifiutando tanto la soluzione della limitazione per decreto come quella, attualmente in vigore, della libera circolazione, Eichenberger suggerisce una terza via dove l’immigrazione verrebbe limitata attraverso una specie di internalizzazione dei suoi costi. Si tratterebbe di far pagare ai nuovi immigrati, per un periodo di più anni, una specie di tassa di soggiorno prolungato che dovrebbe servire a compensare i costi sociali dell’immigrazione. La stessa potrebbe variare, secondo il professore di Friburgo, tra i 3000 e gli 8000 franchi annuali. Sulle modalità concrete dell’introduzione di questa tassa Eichenberger non si pronuncia. Ricorda solo che la stessa avrebbe tre effetti: dapprima quello di ridurre l’aumento annuale della popolazione straniera; poi quello di selezionare tra i nuovi immigrati quelli che hanno i livelli di formazione più elevati e, infine, quello di coprire in larga parte i costi dell’immigrazione. Una vera panacea a tutti i mali, quindi! Attenzione, però! Questa regolazione dell’immigrazione renderebbe impossibile l’applicazione della libera circolazione e quindi impedirebbe di sicuro alla Svizzera di concludere qualsiasi tipo di accordo con l’Unione europea. Il prof. Eichenberger è cosciente di questa difficoltà che però non lo preoccupa. La sua posizione sui rapporti della Confederazione con l’Ue è quella dell’UDC: non c’è bisogno di nessun accordo! Nell’intervista citata il prof. Eichenberger si esprime così: «Con l’Ue si possono avere relazioni commerciali anche senza libera circolazione della manodopera, senza Bilaterali I o accordi quadro». È chiaro che se la Svizzera non avesse la preoccupazione di concludere accordi con l’Ue potrebbe ritornare a regolare l’immigrazione in modo indipendente magari anche introducendo la pseudo-tassa di soggiorno prolungato suggerita da Eichenberger. Strano, però, che il professore friburghese che, nel testo della sua intervista, critica aspramente le misure accompagnatrici volute dai sindacati per attenuare le possibili conseguenze negative della libera circolazione perché, secondo lui, creano costi di sorveglianza supplementari, non si accorga che l’introduzione di una nuova tassa, del tipo di quella da lui suggerita, contribuirebbe, nel medesimo modo, ad appesantire l’iter burocratico.