Le spirali di Carschenna

Lo scampanio bovino, dopo un’oretta di cammino lungo il sentiero romano a nord della Via Mala, mi ricorda la cadenza ciondolante dell’oud di Anouar Brahem. Partecipa, credo, a questo sprazzo di psicoacustica ambulante, l’apparire in mezzo al pascolo, delle rovine della chiesetta di Sant’Albino. Rudere duecentesco in pietra senza più tetto né porte né niente con però ancora molta sacralità. Crap Carschenna: ecco alle 11:34 il cartello cercato, con sotto scritto, Felszeichnungen: incisioni rupestri di cui sono a caccia. Il tesoro, in realtà, sono già forse adesso questi prati-capolavoro non ancora falciati – grazie al cielo – che compongono a inizio giugno il maggengo chiamato Carschenna. Catturo il fragile giallo stropicciato dell’eliantemo maggiore, il blu labiato della Salvia pratensis, il viola intenso della Campanula glomerata, il rosa delicatissimo-distraente della Knautia arvensis nota anche come ambretta comune o vedovella campestre.

Quarantanove minuti dopo, salendo in cima al maggengo, entro di nuovo nel bosco di conifere e giù nei prati che guardano verso la Val Domigliasca, tra i tralicci dell’alta tensione, trovo su un masso accanto al sentiero, i primi petroglifi. Scoperti, per caso, nel 1965, da Peter Brosi, ingegnere forestale che stava cercando un punto di misurazione. O secondo alcune voci corse in paese – Sils im Domleschg, sul cui territorio si trovano i dieci massi levigati dal ghiacciaio del Reno dove ci sono le incisioni – da Maria Magdalena Camenisch-Giossi (1926-2020), detta Leni, la pastora che da sempre, portava qui le sue greggi. Ad ogni modo le spirali sfuggono un po’, pensavo più incise in profondità, alcune sono quasi sparite dal passare del tempo e mi deludono un po’. Felice di ricredermi presto, qualche passo più in giù, con un masso già sacrale di suo al primo sguardo. Al di là delle tante bellissime spirali visibilissime sul suo dorso, per via della sua forma cetacea, squarciata in due concavità longitudinali profonde di un nero lavico. «Gli uomini hanno adorato i sassi soltanto nella misura in cui rappresentavano una cosa diversa dai sassi» rivela Mircea Eliade tra le pagine del suo Trattato di storia delle religioni (1949) nel capitolo Cratofanie litiche, all’inizio della parte Le pietre sacre: epifanie, segni e forme.

La forma a spirale mi fa viaggiare con il pensiero andando adesso in posti dove non sono mai stato e non so se ci andrò mai un giorno. In Valcamonica, dove c’è la variante labirinto, nel Sahara algerino, zona Tassili Tan Ahaggar, dove un labirinto di spirali viene interpretato tra acqua e cielo: si parla sia di pleiadi che di vortici. Poi, in questa costellazione di spirali incise sulla pietra, ci sarebbe di certo il Mont Bégo nelle Alpi marittime francesi. Eppure, così a pelle, da ignorante in materia, comparando le spirali di Carschenna (1100 m), l’analogia più forte balza agli occhi tra i prati incrinati dalla brezza atlantica della contea irlandese del Kerry, a Derrynablaha. Vagando ora tra linee martellate migliaia di anni fa lungo questo masso qui in alto, tra il corso del Reno posteriore e quello dell’Albula la cui confluenza è laggiù a Fürstenau, conto fino a nove cerchi concentrici e noto alcuni canaletti di raccordo tra le spirali. «Il cui simbolismo è spesso interpretato come espressione di un culto della fecondità e della fertilità» afferma Emmanuel Anati, riferendosi proprio a Carschenna, in L’art rupestre post-glaciare des alpes (2003).

Il picnic di oggi è una caprese. Tutto intorno, l’introverso giallo puntinista di tanti botton d’oro. L’unico neo è il ronzio elettrico dei tralicci ad alta tensione. Studiando gli atti di un simposio in Valcamonica del 1970, trovo alcune pagine di Christian Zindel, archeologo cantonale di Coira, riguardo a questi petroglifi. Altri segni che non ho visto, come «due figurazioni di animali, uno dei quali forse montato da un cavaliere» si trovano sulla roccia II. Torno a guardare ma sono preda un’altra volta delle concavità-squarci similvulcanici: il mio sguardo erra ancora sulla schiena del masso e si fissa mesmerizzato tra le spirali. Penso a equinozi e solstizi, alla ciclicità delle emozioni, al dessert previsto per il mio pranzo al sacco di cui mi stavo quasi dimenticando. Torta di pane, da divorare con tutta la calma del mondo, sul ciglio del masso-balena.

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