L’immagine di copertina del romanzo L’ospite, nell’edizione italiana pubblicata da Einaudi.

Nel disagio giovanile della Generazione Z

by Claudia

Il disagio giovanile è un tema sempre alla ribalta, ma i cambiamenti con l’avvento dei social lo hanno reso una questione urgente ed estremamente difficile da analizzare senza incorrere nella nostalgia del passato: «Ai miei tempi, non sarebbe stato possibile» è il leitmotiv che risuona quando si affrontano argomenti quali la minore severità di adulti e insegnanti e la maggiore libertà di giovani e giovanissimi. La letteratura riesce ad arrivare al cuore delle questioni sociali più complesse, superando gli ostacoli dei luoghi comuni. Emma Cline, scrittrice californiana classe 1989, talento indiscusso della narrativa contemporanea occidentale, riesce, nel suo ultimo romanzo L’ospite, a raccontare i comportamenti della ormai famigerata Generazione Z senza mai nominarla.

Alex, protagonista di questa storia raccontata in terza persona, è una ragazza di ventidue anni che si trova immersa nell’oceano pacifico, dove l’acqua, come viene ripetuto più volte, è più calda che mai: sta facendo il morto. Deve trovare un modo per trascorrere il pomeriggio in attesa che Simon, l’uomo molto più vecchio di lei con cui ha una relazione, finisca di lavorare e i due possano andare insieme a una cena di amici di lui.

Si sono conosciuti in un bar, Alex fa la squillo, anche se tale conclusione non sembra del tutto adeguata, perché Cline non definisce mai la sua personaggia in questo modo: è una ventiduenne che ogni tanto abborda degli uomini, li sfrutta per avere un posto in cui stare, delle cene pagate, rubacchia loro qualche soldo, mai troppi per evitare che non vogliano più vederla: «Non spennarlo mai al punto di fargli chiudere la relazione in modo definitivo. La gente, a quanto pareva, accettava quasi sempre di essere la vittima di qualcuno, a piccole dosi». Di Simon pensa di essere innamorata, specialmente quando la manda via di casa e Alex inizia a girovagare nei dintorni di quella parte di costa, in attesa di tornare da lui che secondo la sua visione distorta della realtà sarà pentito e la accoglierà a braccia aperte.

L’ospite è allora un road novel: come i protagonisti dei romanzi di questo genere scritti per lo più negli anni 70, Alex non vive senza fissa dimora a causa di un dramma o di un trauma, bensì spinta dal desiderio di un’indefinita libertà: «Fai sempre quello che vuoi? – le chiede un diciassettenne con cui sta occupando illegalmente un appartamento – in linea di massima, sì» risponde lei. Cline svela poco a poco la sua protagonista, le ragioni del suo comportamento. All’inizio, nei suoi confronti, domina la preoccupazione, perché Alex è immersa nei casini fino al collo: c’è un uomo violento, che lei ha derubato, che la perseguita e la cerca ovunque, non può tornare nel suo appartamento a New York perché deve troppo ai suoi coinquilini. Poi diventa chiaro che quella di Alex è una scelta: «Si aspettava un’equazione logica: le era successo x, qualcosa di terribile, perciò adesso la sua vita era y, e tutto questo aveva un senso. Ma come avrebbe potuto spiegargli che non c’era nessuna ragione, che non le era mai accaduto niente di terribile?». Alex incorre in una ragazza poco più giovane di lei che vorrebbe darle ospitalità, ma Margaret secondo Alex ha sul viso i segni della tristezza, per questo se ne va, come se il contatto con quel sentimento fosse più pericoloso che stare in strada in balia di uomini e ragazzi sconosciuti.

Fino a qualche decennio fa a innescare la decisione di vivere on the road, fuori dagli schemi sociali imposti, era una visione politica o una filosofia di vita. Alex è guidata dalla ricerca di uno stile di vita, che è diverso. Lo stile, l’estetica, il fashion hanno sostituito ciò che fino a non molto tempo fa era la fede in un partito, in un modo di concepire il mondo.

Alex cerca la comodità, la possibilità di fare ogni giorno un bagno in piscina, non tanto perché vuole diventare ricca, ma perché guidata da un’inconsapevole pigrizia, come se la vita in generale fosse sopravvivenza e tanto vale trascorrerla a mollo, narcotizzata da qualche antidolorifico e una buona quantità di alcol.

Mentre si trova in auto con il cameriere di un club esclusivo, per ringraziarlo di averle dato da bere tutto il pomeriggio pur sapendo che lei gli aveva fornito un numero di tessera non suo, si domanda: «Come si faceva a trascorrere decenni così? A servire quella gente? Il pensiero era troppo angosciante».

L’idea del lavoro inteso come servizio o sforzo non è sostenibile, non è da prendere in considerazione la fatica di studiare e cercare di garantirsi un mestiere non manuale.

In questa confusione superficiale e feroce ecco tanti tratti dei «giovani d’oggi»: senso del denaro distorto, mancanza di sogni e ideali, abuso di sostanze, sessualità precoce e disillusa. Alex combina sempre guai, senza volerlo, anche se passa quasi tutto il tempo a cercare di evitarlo. Sa di essere una pasticciona, un’auto sabotatrice e di fronte a questi errori ripetuti, la rabbia si disinnesca: sono piccoli, sono figli e figlie del nostro tempo e «stare immersi nell’oceano ha il potere di farti sentire una brava persona».

Bibliografia

Emma Cline, L’ospite, trad. di Monica Pareschi, Einaudi Stile Libero, Torino, 2023

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