L’incertezza politica regna sovrana, la posizione di Emmanuel Macron si è indebolita sul piano internazionalee l’estrema destra potrebbe continuare a progredire nei prossimi anni
Le elezioni legislative francesi hanno riscontrato un grande interesse sia sul piano interno che un po’ ovunque in Europa. Il tema centrale è stato il possibile arrivo al potere dell’estrema destra guidata da Marine Le Pen. Due francesi su tre hanno detto di no a questa possibilità, seguendo le indicazioni di voto di tutti i partiti repubblicani, ridando vita a quello che in Francia viene chiamato il «barrage républicain» (blocco repubblicano), smentendo tutti i sondaggi e generando una vera sorpresa elettorale. Che cosa succederà ora? Quale sarà il futuro Governo? Sono domande alle quali non è stata data ancora una risposta chiara. Dalla nuova assemblea non emerge una maggioranza politica in grado di assumere le redini del potere. Vi sono tre diversi blocchi, i cui membri per anni si sono opposti, criticati e insultati, e che oggi hanno una forza elettorale analoga.
La sinistra, con il Nuovo fronte popolare, è arrivata in testa e rivendica il diritto di governare, applicando il suo programma elettorale, che prevede la pensione a 60 anni, un consistente aumento dei salari ed il blocco dei prezzi delle principali derrate alimentari. Gli altri due blocchi si sono dichiarati pronti a votare una mozione di sfiducia contro un Governo di sinistra, minoritario, che in realtà può contare solo su un terzo dei membri dell’Assemblea. Negli altri Paesi d’Europa una simile situazione verrebbe affrontata cercando di raggiungere un’intesa, un compromesso, tra più partiti. È quanto è successo, per esempio, in Germania. Ci sono voluti più mesi prima di poter arrivare ad un programma di Governo tra i socialdemocratici, i liberali e i verdi. In Francia non vige la cultura politica del compromesso. Le istituzioni della Quinta Repubblica assegnano ampi poteri al presidente, che nomina un Governo che di solito può appoggiarsi su una maggioranza parlamentare assoluta, o su una maggioranza relativa forte come è successo negli ultimi due anni. Sono scenari, però, che nella situazione attuale appaiono molto difficili da applicare.
Per queste ragioni sono in corso numerose trattative, dalle quali emergono varie ipotesi. Dalla costituzione di maggioranze parlamentari per progetti concreti, alla formazione di un nuovo blocco centrale, alla definizione di un’intesa minima di governo per la durata di un anno. Molto, però, dipenderà dal primo ministro che il presidente Macron nominerà. La personalità scelta indicherà la via che il presidente intende seguire, ossia se accetta di nominare un Governo di sinistra, se preferisce far capo alle forze moderate dell’Assemblea, o se sceglie un’altra strada. La situazione, comunque, appare così confusa che per uscirne probabilmente ci vorrà molto tempo; alcuni osservatori parlano di alcune settimane, altri addirittura di più mesi.
L’aver impedito l’arrivo al potere dell’estrema destra non significa però che questa foza politica sia stata emarginata. Il Rassemblement national di Marine Le Pen ha aumentato il numero dei suoi deputati. Nel 2017 ne conquistò 8, nel 2022 salì a 89 ed oggi vanta 143 deputati. È il terzo gruppo in un’assemblea che conta 577 membri. Per di più è il partito politico che ha ricevuto più voti popolari con quasi 10 milioni di preferenze. La sua è una progressione regolare, che non va sottovalutata e che potrebbe continuare nei prossimi anni, facilitando così l’accesso all’Eliseo a Marine Le Pen nelle presidenziali del 2027, quando la leader nazionalista, dopo già tre insuccessi, tenterà la scalata al potere per la quarta volta.
Il risultato delle elezioni francesi non ha fatto piacere a Vladimir Putin, che si era schierato a sostegno del Rassemblement national, con un comunicato diffuso dal ministero degli affari esteri russo; né al primo ministro ungherese Viktor Orban, il leader europeo che sostiene Putin e che contesta l’Ue, e nemmeno alla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, che dopo il primo turno si era complimentata con il Rassemblement national, ma che è stata silenziosa dopo la diffusione del risultato finale. Nelle altre capitali europee, da Bruxelles a Kiev, da Berlino a Varsavia, da Praga a Madrid, c’è stato un ampio sospiro di sollievo. La maggior parte dei leader europei vede nel Rassemblement national una seria minaccia per la costruzione europea, per la forza del legame transatlantico e per la compattezza della famiglia delle democrazie liberali. Teme che la Francia, potenza nucleare, dotata di un seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell’Onu, Paese fondatore dell’Ue e pilastro del dialogo inter-europeo, possa non più svolgere il suo ruolo storico tra le Nazioni e non più aderire alle sue alleanze ed ai suoi doveri di solidarietà.
Anche sul piano europeo l’estrema destra è lungi dall’essere emarginata. Alle ultime elezioni del Parlamento europeo non ha ottenuto il successo che i sondaggi prevedevano, ma ha aumentato il numero dei suoi deputati. E adesso è riuscita a creare un gruppo parlamentare consistente, comprendente deputati francesi, spagnoli, italiani, ungheresi, olandesi, belgi e di altre nazionalità. Sono parlamentari che intrattengono rapporti di amicizia con il Cremlino e che cercheranno di distruggere dall’interno l’ Unione europea. I dirigenti europei e quelli delle principali democrazie dovranno quindi tener conto di questa presenza ingombrante e dei risultati negativi che potrebbero emergere. Dovranno per esempio trovare il modo d’impedire che la presidenza semestrale dell’Ue venga assunta da un Paese contrario all’Unione ed il cui leader, Viktor Orban, intraprenda dei viaggi e delle missioni personali, presentandosi come rappresentante dell’Unione europea. L’incertezza politica sorta dopo le elezioni francesi rende infine più debole la posizione di Macron sul piano internazionale. È una conseguenza negativa per la Francia, ma anche per l’Ue, visto il ruolo centrale che Parigi ha sempre svolto a livello europeo. Dal canto suo, l’Unione non ha ancora definitivamente rinnovato le sue autorità e non può contare sugli impulsi positivi provenienti dall’asse franco-tedesco. L’asse è sempre stato determinante nello sviluppo dell’Ue, ma da parecchi mesi è in crisi. L’estate, insomma, potrebbe riservarci qualche sorpresa e altri forti momenti politici.