Plinio la definiva «erba magica»

Il geniale Paracelso, medico e alchimista, precursore della moderna medicina, affermava che campi, prati, colline e montagne erano da considerarsi vere farmacie. Ed è in tutti questi luoghi che incontri Plantago comunemente detta Piantaggine, la piccola pianta selvatica fortissima e resistente che riesce a spuntare ovunque, nei terreni aridi o nei campi coltivati, lungo i prati, sul margine di sentieri e corsi d’acqua, a volte persino in città; è talmente resistente che se ti capita di schiacciarla con il piede immediatamente ricresce.

Esistono tre specie di Piantaggine, del tutto simili fra loro: la Piantaggine magiore (Plantago major), dalle foglie ovali e arrotondate, e la Piantaggine minore (Plantago lanceolata) – che è la più nota (v. foto) – dalle foglie strette e lanceolate; e la Piantaggine media (Plantago media) dalle foglie vellutate.

Questa comunissima pianta potrebbe essere definita infestante, le sue inconfondibili foglie presentano nervature molto evidenti, lo stelo spunta dalla base a rosetta in forma di spiga con i suoi piccoli leggeri fiori bianchi che da aprile a novembre disperdono i semi (ben maturi e raccolti con tempo asciutto sono il cibo preferito degli uccelli in gabbia), il loro polline è fra le cause più forti del diffondersi di allergie.

La Piantaggine è talmente modesta che si rimane senza fiato scoprendo il lunghissimo elenco delle sue proprietà medicinali. Era preziosa dai tempi antichi per uso interno ed esterno; pare che i Longobardi ne bevessero il succo per ogni tipo di dolore. Plinio la definiva «erba magica», per Dioscoride, medico greco della Roma imperiale, curava la dissenteria mentre per i medici della scuola salernitana poteva curare i disturbi della menopausa e i problemi uterini.

Unita ad altre piante, in forma di decotto, era raccomandata per la cura degli ascessi e delle infiammazioni intestinali, per la raucedine, l’afonia e le vampate; unita al burro, curava le emorroidi e la dissenteria dei bambini. Il suo succo, mischiato ad acqua di rose era usato per gli occhi infiammati, e con l’infuso di foglie si facevano gargarismi per il mal di gola. I bambini delle famiglie contadine sapevano come applicarla in poltiglia sulle piccole ferite e in qualsiasi genere di morsicatura. In un codice miscellaneo in latino e volgare conservato a Genova sul finire del 400 si legge: «Per far crescere più rapidamente i capelli occorre bollire piantaggine seccata e polverizzata con burro e aggiungervi dell’aceto» nessuno impedisce di verificare la fondatezza di tale consiglio, anche a distanza di 1600 anni. Le foglie giovani dal gusto amarognolo erano mangiate crude in insalata o lessate e consumate in minestre o frittate, evidentemente anche oggi.

La Piantaggine contiene mucillagine, tannino, vitamine, innumerevoli sali minerali e glucidi, sono evidentemente riconosciute ai nostri giorni le qualità che l’hanno resa preziosa nei secoli. La sua azione è emolliente, sedativa, astringente, diuretica e depurativa, ha proprietà antinfiammatorie, antiallergiche e immunostimolanti, protegge il tessuto connettivo ed è indicata per le irritazioni della pelle, per le affezioni delle vie urinarie, dell’apparato respiratorio e gastroenterico.

Non si conoscono controindicazioni per il suo uso ma come sempre avvertiamo di non ricorrere alle cure erboristiche senza consultare un medico. In molte farmacie troviamo ad esempio sciroppi per la tosse a base di Piantaggine e, in commercio, le foglie essiccate, i semi, il succo e la tintura.

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