L’importanza del denaro contante

by Claudia

La crescente diffusione di mezzi alternativi di pagamento fa temere la scomparsa del franco svizzero fisico

Fin dall’antichità il denaro ha avuto principalmente due funzioni: quella di misura del valore di un bene (per lo scambio) e quella di tesaurizzazione (o risparmio). Non è difficile vedere come questa seconda funzione sia ormai quasi scomparsa a causa dell’inflazione, che ne diminuisce il valore reale, o a causa delle svalutazioni (volute o anche non volute). In questo contesto il franco svizzero ha però sempre avuto un ruolo particolare, che gli ha fatto spesso rivestire la funzione di bene rifugio durante le molte crisi valutarie che si sono succedute. Questa solidità (anche sul piano interno, dal momento che l’inflazione in Svizzera è generalmente inferiore a quella di altri Paesi) ha fatto sì che il franco godesse di un costante prestigio anche come moneta concreta. Vi sono stati perfino momenti in cui il contenuto in argento del 5 franchi, o anche del 2 franchi, comportasse in valore più argento del valore nominale della moneta.

Questi accenni possono contribuire a capire perché, anche ai giorni nostri, dove ormai imperano modi di pagamento ben diversi dal versamento di monete contanti, il Consiglio federale e la Banca nazionale (BN) sottolineano in ogni occasione l’importanza di mantenere il tradizionale pagamento in contanti. È però evidente che, anche negli affari privati, il contante sta sempre più perdendo d’importanza. Anche la pandemia ha contribuito a questa tendenza: lo scambio di monete rappresenta un potenziale modo di diffondere l’infezione.

Secondo un’indagine dello Swiss Payment Monitor dell’Università di San Gallo, la quota di pagamenti contanti per persona privata, per acquisti in negozi fisici, è scesa dal 52% del 1919 al 29% verso la fine del 2023. Anche le indagini regolari della BN mostrano una diminuzione che va dal 70% del 2017 al 36% del 2022. Nonostante questo il denaro contante sembra conservare un certo fascino come mezzo di conservazione di valore. Chi non ha (o non ha più dopo certi scossoni) completamente fiducia nelle banche, tiene sempre da parte un po’ di contante per i casi di bisogno. Statisticamente però è provato che, per tutte le transazioni che caratterizzano l’economia svizzera, l’uso del contante è fortemente e costantemente diminuito. Dopo il record del 1940 (ma eravamo agli inizi della seconda guerra mondiale), la circolazione di banconote in Svizzera è diminuita di circa il 25%, fissandosi negli anni 2000 al 7% del totale della circolazione totale di moneta. Ma, dopo la crisi finanziaria del 2008-2009, la tendenza è bruscamente cambiata e si è visto un aumento al 10% del totale delle transazioni. Si stima che la metà di questa circolazione sia dovuta alle banconote da 1000 franchi, cioè quelle che meglio si prestano alla tesaurizzazione. Il popolo svizzero sarà però ancora chiamato a dire la sua su questo tema. Sono infatti state lanciate due iniziative popolari che chiedono una modifica della Costituzione federale. Una è opera del gruppo che aveva già promosso l’iniziativa «Per la libertà e l’integrità fisica», poi bocciata con il 74 di voti contrari. L’iniziativa «Il denaro contante è libertà» è riuscita in quanto ha raccolto quasi 137’000 firme valide. Chiede due cose: la Confederazione deve sempre mettere a disposizione un numero sufficiente di monete e banconote; l’eventuale sostituzione del franco svizzero con un’altra valuta deve avere l’approvazione del Popolo e dei Cantoni.

Secondo gli ambienti governativi l’iniziativa sfonda porte aperte poiché questi principi sono già contemplati nelle leggi. Il Consiglio federale sarebbe però d’accordo di inserirli anche nella Costituzione. E propone un controprogetto che precisa che la valuta svizzera è il franco e che la Banca nazionale garantisce l’approvvigionamento in denaro contante. Gli iniziativisti non sono però soddisfatti. Vorrebbero che si dicesse «franco svizzero» e si precisasse meglio un eventuale cambio di valuta. Problemi che si risolverebbero da sé con l’apposito articolo costituzionale. Ma non basta, per cui ecco una seconda iniziativa dello stesso proponente («Chi vuole pagare in contanti deve poterlo fare!»). Essa chiede che nel commercio al dettaglio e in altri punti di vendita, anche automatici, si possa sempre usare denaro contante. Sembra una banalità ma sta sollevando problemi. Già nel 2022 il Consiglio nazionale aveva respinto una mozione UDC che istituiva l’obbligo di accettare sempre denaro contante. Si possono però vedere talvolta indicazioni come «Non si accettano contanti». Il problema si risolve però generalmente con un accordo fra le parti. Ma la seconda iniziativa si estende anche a prescrizioni come l’accessibilità alle banconote (per es. un distributore ogni tanti Km o minuti a piedi). Sembra che la raccolta di firme per questa iniziativa abbia un buon riscontro. Dal canto suo il Consiglio federale in un rapporto constata «una spirale negativa» di crescenti limitazioni nell’accettazione del contante, specie nei Paesi del Nord, mentre in Svizzera la situazione è diversa. Secondo l’abituale indagine della Banca nazionale, nel 2023 oltre il 90% dei punti di vendita accettava contanti. Per favorire il cliente, per la fiducia, i tempi di calcolazione e i costi. È comunque singolare constatare – come fa sempre uno studio dell’Università di San Gallo – che il pagamento contante, tenuto conto dei costi globali per transazione e dell’ammontare della somma, genera più costi di un pagamento per esempio con carta di debito o credito.

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