Il turismo può sembrare schizofrenico se visto attraverso la lente dei media. Per cominciare in Europa la stagione sta andando benissimo, con un aumento degli arrivi internazionali intorno al 10% (il doppio per i turisti provenienti dagli Stati Uniti). I grandi eventi sportivi – UEFA Euro 2024 in Germania e i Giochi olimpici di Parigi – senza dubbio danno il loro contributo, ma gli esperti sottolineano anche il carattere strutturale, permanente di questa crescita. Non a caso la domanda sostenuta spinge verso l’alto i prezzi; per esempio le associazioni dei consumatori italiane hanno denunciato un aumento sino al 20% nel costo delle vacanze al mare.
Al tempo stesso però in molte destinazioni popolari – Palma di Maiorca, Amsterdam, Venezia, Firenze, Dubrovnik… – si moltiplicano le proteste contro i turisti. Si parla ormai correntemente di Overtourism, di un turismo invadente, eccessivo, dannoso. Nella maggior parte dei Paesi europei metà della popolazione conosce il problema e reclama qualche misura di contenimento. Dove gli animi sono esasperati, si passa anche alle vie di fatto, come a Barcellona, dove i manifestanti, al grido di Tourists go home!, li hanno bersagliati con pistole ad acqua.
Eppure sarebbe sbagliato pensare che nessuno voglia più i turisti. Qualche esempio recente? Il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha ribadito l’invito ai ricchi occidentali perché accorrano in soccorso della traballante economia cubana, che non si è mai veramente ripresa dal crollo dell’Unione Sovietica. L’Albania per parte sua vuole crescere quanto più possibile entro la fine di questo decennio; per tale ragione ha raddoppiato l’aeroporto di Tirana e ne sta costruendo un secondo nel sud del Paese. Il Marocco non ama parlare del recente terremoto, per timore di spaventare i potenziali ospiti, e punta a raddoppiare il numero di visitatori entro il 2030, quando ospiterà la Coppa del mondo di calcio insieme a Portogallo e Spagna.
«Conquistiamo i cuori e le menti delle persone aprendo le nostre porte attraverso il turismo» proclama l’Arabia Saudita, un tempo chiusa nella più stretta ortodossia religiosa. Il desiderio di superare la storica dipendenza dell’economia dal petrolio è più forte di ogni altra considerazione. E così, nel quadro del programma Vision 2030, si costruisce una smart city lineare lunga 170 chilometri (The Line), sostenibile e senza auto, e aprono stazioni per gli sport invernali (Trojena) là dove nessuno le avrebbe immaginate. Nella terra del Profeta quest’anno il turismo crescerà del 30%, raggiungendo con sette anni di anticipo sulle tabelle di marcia la soglia psicologica dei cento milioni di arrivi internazionali, creando dal nulla mezzo milione di posti di lavoro (già ora 1 impiego su 5 è nel turismo).
Insomma, anche se nella comunicazione pubblica questi sviluppi restano spesso in ombra, la maggior parte delle destinazioni cerca in ogni modo di attirare i turisti e con buone ragioni: portano denaro, promuovono l’imprenditoria, creano posti di lavoro, potenziano i servizi, favoriscono l’incontro di culture. Anche dalle nostre parti dunque bisogna stare attenti a non buttare il bambino insieme all’acqua sporca del catino. Da questo punto di vista il nostro famoso vicino, il lago di Como, offre ottimi spunti di riflessione (anche se spesso vengono sprecati per amore di polemica). Qualche tempo fa un ex assessore, Alberto Frigerio, ha posto una domanda provocatoria: «Da giovani sognavamo una città turistica, piena di gente con voglia di vivere. Ora volete davvero tornare a lavorare in fabbrica?».
Probabilmente il problema non è il turismo in sé, ma solo la forma specifica che assume nell’Overtourism. E dunque potremmo chiederci: come lo riconosciamo? Per cominciare l’Overtourism è un turismo mordi e fuggi, con visite di un giorno o comunque soggiorni di breve durata. Questo turista utilizza l’auto oppure, per tratte più lunghe, le compagnie Low Cost. Cerca alloggio tramite Airbnb. Predilige le mete più famose, a volte seguendo il richiamo di qualche celebrità, ricerca i set delle serie televisive o altri luoghi instagrammable ed è largamente dipendente dai social e dalla logica del selfie. Ma anche così l’Overtourism è una malattia pericolosa in un organismo altrimenti sano; va individuato, prevenuto e curato con medicine efficaci, ma senza uccidere il paziente.