Crescere un figlio non è un compito individuale

Gentile Silvia, viviamo in un mondo in cui, finalmente, si parla tanto di maternità nel suo complesso, non solo della sua bellezza e della grande fortuna (mai scontata), ma anche delle difficoltà connesse, dalla solitudine alla frustrazione che spesso si prova nelle diverse fasi (il corpo che cambia e difficilmente torna quello di prima, la mancanza continua di sonno, la distanza nella coppia…) e poi del ruolo della mamma nella società, quanto è faticoso essere una mamma che lavora e sentirsi inadeguata sia al lavoro che in casa, o della mamma che non lavora e sentirsi continuamente giudicata da tutti. Leggo continuamente articoli di esperienze di mamme in difficoltà e mi rivedo in loro. Ma oggi sapete cosa vi dico? Guardo i miei bimbi e l’amore immenso che provano per me, sono il loro «tutto». La gratitudine genuina e profonda che hanno per me… beh quella è davvero senza prezzo. E allora, almeno per oggi, allontano i pensieri (purtroppo veri) legati alla figura della mamma nella società e mi godo una domenica di amore con loro, questa non me la porta via nessuno. Per le mamme a cui voglio bene un abbraccio. / Letizia

Cara Letizia, il nome che hai, o lo pseudonimo che ti sei scelta, non poteva essere più appropriato, corrisponde al tuo animo equilibrato e gentile. Senza smancerie, idealizzazioni o recriminazioni sai cogliere la complessità dell’impresa materna. Non si tratta, come vuole certa retorica, di un sentimento lieve e senz’ombre. Ma di una passione tanto spontanea quanto complessa. Soprattutto in quest’epoca quando alle donne si pongono due impegni, la famiglia e il lavoro. Anzi tre, quando sopraggiungono i figli.

Mentre la tua generazione cresce nel rifugio protettivo della famiglia d’origine, delle amiche, dei viaggi e dello studio, viene il momento in cui vita di coppia e la maternità spalancano una nuova dimensione e tutto diventa difficile e contraddittorio. Non in generale, ma proprio nella quotidianità. È qui che il tempo diventa una coperta corta e ci si trova di fronte all’amara constatazione: non ce la faccio più. Non riesco a essere come vorrei: una professionista ineccepibile, una mamma encomiabile, una moglie amabile e desiderabile. Chi parla in voi è l’Io ideale, una istanza della mente che deve essere ridimensionata, diventa altrimenti colpevolizzante e persecutoria. Giovani donne, rinunciate alla perfezione! Non siete onnipotenti, avete dei limiti e bisogna accettarli. Fate quello che potete, state nel giusto senza chiedervi troppo.

La depressione è un’ombra che ricade soprattutto sulle madri. Ma l’impegno dei primi anni non dura tutta la vita. Se non ce la fate, abbiate il coraggio di chiedere aiuto alla società, ai datori di lavoro, alla famiglia, alle amiche. La cosa peggiore è restare sole, come purtroppo accade a molte immigrate, costrette in casa da norme religiose restrittive.

Una buona esperienza di solidarietà femminile è creare una Banca del tempo dove scambiarsi le scarse disponibilità: tu tieni mio figlio sabato mentre vado a fare la spesa della settimana, io tengo il tuo la domenica sera quando vuoi uscire con tuo marito. È sempre possibile scambiare le parti e stringere nuove alleanze. Sembra invece più facile far ricorso ai nonni, sempre pronti a dare una mano, anche a scapito del loro riposo e talvolta della loro salute. Mettere al mondo un figlio e crescerlo, nonostante la gioia che procura, non può essere un compito individuale.

Poiché rappresenta un contributo fondamentale alla comunità, deve divenire un obiettivo primario e condiviso. Va bene offrire sostegni economici e organizzativi ma ogni nuovo nato ha bisogno innanzitutto di essere accolto nella mente femminile, sognato, immaginato e atteso da una madre che lo condivide col padre. Viviamo una nuova emergenza: la denatalità che, nonostante tanti aspetti negativi, ci aiuta a riflettere sulla generatività. Una possibilità che ha bisogno di parole per dirsi. Esemplare, il libro Storie di parto, pubblicato dall’Associazione Nascere Bene Ticino, a cura di Laura Lazzari e Isabella Pelizzari Villa, edizioni Ulivo.

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