«Ma tu pensi di essere caduta da un albero di noci di cocco?». La frase, che è rapidamente diventata una specie di tormentone nei meme e nei contenuti video della campagna della neo-candidata alla presidenza degli Stati Uniti Kamala Harris, è uno dei «riferimenti strategici» al rinnovato, o meglio, al neonato amore di Kamala Devi Harris per le sue origini indiane. Il Tamil Nadu, lo Stato dell’India meridionale da cui proviene la famiglia della madre, è difatti uno dei maggiori produttori di palme da cocco dell’India e la frase è di quelle che mamme e nonne indiane adoperano volentieri. E Kamala, che si è sempre definita «donna di colore» convenientemente tralasciando le sue origini indiane a favore di «Black Lives Matter» sta difatti, negli ultimi due anni, alludendo sempre più spesso ai suoi ancestrali legami con la democrazia più grande del mondo.
Come quando lo scorso anno, durante un pranzo a Washington con Narendra Modi, ha confidato al premier indiano del suo profondo legame personale con l’India, che la candidata presidente avrebbe visitato ogni due anni da bambina e in cui però non si reca da molti anni. Sarebbe stato il nonno di Chennai, durante lunghe passeggiate, a introdurre la piccola ai concetti di democrazia, libertà e uguaglianza, e le lezioni apprese dal nonno avrebbero ispirato in Kamala l’interesse per il servizio pubblico. Ma il ritrovato amore di Harris per la cultura e le origini materne nasconde in realtà, dicono i bene informati, una calcolata strategia politica.
Secondo un censimento pubblicato lo scorso anno, difatti, i cittadini americani di origine indiana hanno recentemente superato i cittadini di origine cinese attestandosi come il gruppo asiatico non soltanto più numeroso ma più ricco e più istruito degli Stati Uniti: almeno il 10% dei fondatori di società hi-tech della Silicon Valley è indiano, come sono indiani di nascita o di seconda generazione i boss di Ibm, Alphabet-Google, Microsoft, Adobe e altre multinazionali. Nel 2021 Kamala Harris è stata la prima persona di origine indiana a ricoprire la carica di vicepresidente e le primarie del 2024 avevano in lizza due candidati indiano-americani: Nikki Haley e Vivek Ramaswamy. Ci sono inoltre cinque membri del Congresso di origine indiana, il cosiddetto «samosa caucus» (i samosa indiani sono dei fagottini ripieni di patate e spezie) e una quarantina di politici nelle amministrazioni locali. E negli ultimi anni i cittadini di origine indiana detengono anche, tra i gruppi di origine asiatica, il primato di affluenza alle urne. Per inciso, è indiana anche la moglie del candidato vicepresidente che corre assieme a Donald Trump: Usha Vance che, a differenza di Harris, non ha mai glissato sulle sue origini e sul suo background culturale.
La maggior parte degli indiani è arrivata negli Usa dopo il 1965, quando la legge sull’immigrazione era stata emendata eliminando le restrizioni che avevano per molti anni di fatto escluso asiatici e africani dal Paese. Ma il boom di migranti di origine indiana si è verificato soprattutto negli ultimi due decenni, quando le aziende americane del settore tecnologico hanno cominciato ad assumere un gran numero di ingegneri informatici e programmatori creando una «nuova» ondata di immigrati altamente qualificati che si sono aggiunti a coloro già presenti nel Paese per motivi di studio che, dopo la laurea, sono stati sponsorizzati dai datori di lavoro per ottenere un visto permanente e che cominciano a costituire un bacino di voti di cui tenere conto per qualunque partito politico.
Da qui, il ritrovato amore di Kamala per le origini indiane: perché, anche se tradizionalmente la comunità indiana tende a votare democratico, il risultato non è scontato. Secondo i sondaggi gli appartenenti alla diaspora indiana tendono oggi a qualificarsi come «indipendenti» e molti, delusi dalle politiche democratiche, sarebbero orientati a votare repubblicano senza lasciarsi influenzare dalla ritrovata «indianità» di Harris che in India non gode proprio di buona stampa. La corsa alla Casa Bianca d’altra parte, quella vera, è appena cominciata.