Rivoluzionata la lotta contro il tumore al seno

Il tumore al seno colpisce 6650 persone in Svizzera ogni anno con una prevalenza quasi totale nelle donne (99%). Bisogna ricordare infatti che è una patologia che può interessare anche gli uomini, nello specifico 50 persone l’anno. I nuovi studi innovativi e incoraggianti sono stati presentati al recente Congresso americano di oncologia ASCO (American Society of Clinical Oncology), appuntamento annuale e tradizionale, che ha richiamato per quattro giorni a Chicago, prima dell’estate, oltre 35mila persone tra specialisti, esperti, istituzioni e personale sanitario a vario livello da tutto il mondo.

Le ricerche puntano ad aumentare la sopravvivenza che, nel nostro Paese, è pari all’88% a 5 anni dalla diagnosi (dati Lega Svizzera contro il Cancro). Con un esame del sangue si può prevedere la recidiva della malattia, nei pazienti ad alto rischio, mesi o addirittura anni prima che si verifichi una ricaduta. Un team dell’Institute of Cancer Research di Londra ha utilizzato una biopsia liquida ultrasensibile, per rilevare la presenza di piccole quantità di DNA tumorale (ctDNA), rimaste nel corpo dopo il trattamento: sono state identificate fino a 1800 mutazioni. I campioni sono stati raccolti dalle donne al momento della diagnosi prima della terapia, dopo il secondo ciclo di chemioterapia, dopo l’intervento chirurgico e ogni tre mesi durante il follow-up per il primo anno. Successivamente, i campioni sono stati raccolti ogni sei mesi per i seguenti cinque anni.

I risultati hanno mostrato che il rilevamento del ctDNA in qualsiasi momento dopo l’intervento chirurgico o durante il periodo di follow-up era associato a un alto rischio di recidiva futura e a una sopravvivenza globale più scarsa. «Le cellule maligne possono rimanere nel corpo dopo l’intervento chirurgico e altri trattamenti, ma possono essere così poche da non potersi rilevare durante il follow-up» ha spiegato il dottore Isaac Garcia-Murillas, dell’ICR di Londra e primo autore dello studio. «Queste cellule possono causare ricadute nelle pazienti molti anni dopo il trattamento iniziale. Gli esami del sangue ultrasensibili potrebbero offrire un approccio migliore per il monitoraggio a lungo termine in cui la patologia è ad alto rischio di recidiva. La maggior parte delle biopsie liquide personalizzate attualmente utilizza il sequenziamento di migliaia e migliaia di geni per identificare le mutazioni. Ma questo approccio fa un ulteriore passo avanti e utilizza il sequenziamento dell’intero genoma, quindi abbiamo un test più sensibile».

«È molto emozionante vedere i progressi nella tecnologia, che stanno avendo un effetto trasformativo sulla diagnosi della malattia», sottolinea il professor Kristian Helin dell’ICR. Per quanto concerne le terapie invece un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato può cambiare lo standard di cura in prima linea del tumore della mammella metastatico, evitando la chemioterapia dopo la terapia anti ormonale. I dati per gli esperti sono senza precedenti: nei pazienti con bassa espressione della proteina HER2 (HER2-low), la cura ha ridotto del 38% il rischio di progressione di malattia o morte e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è stata di 13,2 mesi rispetto a 8,1 con la chemioterapia standard. Migliora anche il tasso di risposta oggettiva, che ha raggiunto il 56,5% rispetto al 32,3%. Nei pazienti con bassissima espressione della proteina HER2 (HER2-ultralow), questo parametro è più che raddoppiato rispetto alla chemioterapia (61,8% rispetto a 26,3%). Lo dimostrano i risultati dello studio di fase 3 «DESTINY-Breast06».

Ciò significa che i pazienti hanno vissuto più a lungo, senza progressione o peggioramento della malattia rispetto alla chemioterapia standard. Cure che fanno vivere di più e funzionano significa anche sicurezza dei farmaci e possibilità di pensare alla qualità di vita e di affetti, e anche a creare una famiglia nonostante la malattia. Un nuovo studio su 1213 pazienti under 40, infatti, ha scoperto che la maggior parte delle sopravvissute al cancro al seno dallo stadio 0 allo stadio III che cercano di concepire dopo aver completato il trattamento sono in grado di rimanere incinte e avere un parto vivo.

«I dati dimostrano non solo la possibilità ma anche la sicurezza della gravidanza e del parto vivo dopo il trattamento del cancro al seno. Tutte le giovani pazienti interessate alla preservazione della fertilità dovrebbero avere un accesso equo a tali trattamenti per preservare le future opzioni di fertilità», sottolinea Elizabeth Comen, oncologa del seno presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York. In particolare tra le pazienti che hanno tentato una gravidanza dopo il trattamento, il 73% è rimasta incinta almeno una volta e il 65% delle pazienti ha riferito di aver avuto almeno una gravidanza in cui il bambino è nato vivo.

Il tempo mediano dalla diagnosi dei pazienti alla prima gravidanza è stato di quattro anni. Altri dati importanti: Il 76% aveva una malattia positiva ai recettori ormonali; il 68% aveva ricevuto chemioterapia; il 57% aveva ricevuto una terapia ormonale entro un anno dalla diagnosi; il 13% aveva una mutazione genetica germinale BRCA1 e/o BRCA2; il 51% non era mai stata incinta e il 72% non aveva mai partorito a termine; il 28% era stato sottoposto a preservazione della fertilità al momento della diagnosi, in particolare al congelamento di ovuli o embrioni e infine il 15% ha riferito di aver sperimentato infertilità prima della diagnosi.

Infine, per restare in tema ginecologico, la buona notizia dello studio di fase 3 «CARACO», condotto in Francia con 379 pazienti, è che le donne con tumore epiteliale ovarico avanzato possono tranquillamente evitare di togliere i linfonodi durante un intervento chirurgico, volto a rimuovere la maggior parte possibile del cancro primario senza che ciò influisca sui risultati di sopravvivenza, contribuendo così a ridurre il rischio di complicanze postoperatorie. Il cancro epiteliale è il tipo più comune di cancro ovarico e rappresenta l’85-90% dei nuovi casi. In oltre il 75% delle persone viene diagnosticato in uno stadio avanzato.

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