L’ultimo episodio della quarta stagione di The Boys, popolarissima serie tv prodotta da Amazon Studios e Sony Pictures Television Studios, avrebbe dovuto chiamarsi Corsa per l’assassinio. Poi, a poche ore dalla messa in onda internazionale a fine luglio, è stato diffuso un comunicato in cui si spiega che il titolo è cambiato, è diventato soltanto Episodio finale, e il motivo: «In questa ultima stagione ci sono episodi inventati di violenza politica che però potrebbero turbare qualche spettatore, soprattutto dopo i feriti e la tragica morte di un uomo avvenuti durante l’attentato all’ex presidente americano Donald Trump».
Gli autori della serie hanno quindi dovuto ribadire agli spettatori che una serie tv, basata peraltro su un fumetto, non c’entra con la realtà e che tutti si oppongono e condannano la violenza, anche politica.
In America si è parlato molto di questo comunicato, considerato di eccessiva precauzione: The Boys, infatti, attinge a piene mani per tutte e quattro le stagioni dalla politica americana e dalla polarizzazione delle posizioni politiche odierne. La storia, ispirata a quella dei fumetti del 2006 di Garth Ennis e Darick Robertson, ruota tutta attorno a poche domande: cosa succederebbe se una classe di supereroi emergesse oggi, nel mondo moderno, tra spinte al profitto, influencer e potere della popolarità? E come sarebbe il supereroe più potente di tutti? È proprio lui, Homelander – in italiano Patriota – a rappresentare il personaggio più complesso e incredibilmente somigliante a Donald Trump. Homelander è il leader dell’élite di questi antieroi contemporanei. «È l’idolo a stelle e strisce, nichilista ed enormemente popolare dei Sette, una lega di supereroi a scopo di lucro prodotti attraverso la bioingegneria e le iniezioni di farmaci della Vought, una società fondata da uno scienziato nazista», ha scritto l’autorevole capo della critica televisiva del «New York Times», James Poniewozik. «Per il pubblico rappresenta la personificazione cesellata della virtù nazionale. Ma dietro le quinte è un bullo, un assassino, uno stupratore e, a partire dalla nuova stagione, forse l’imminente padrone dell’America».
Il motivo delle scuse non richieste da parte dei produttori, infatti, riguarda il piano di Homelander che si sviluppa durante l’ultima stagione: prendersi la Casa Bianca attraverso le menzogne, la manipolazione del pubblico e omicidi mirati in un colpo di stato folle ed estremamente articolato. Nella serie, e in particolare in quest’ultima stagione appena uscita, i riferimenti al dibattito americano contemporaneo sono continui, per esempio nella scalata ai maggiori media dell’informazione (come «Fox News») e nella produzione di fake news che polarizzano l’opinione pubblica e la fanno diventare violenta. Homelander è sotto processo e tutti i suoi sostenitori lo difendono, accusando il sistema giudiziario di essere «corrotto».
A un certo punto il team dei supereroi «buoni» è accusato di essere a capo di una rete di pedofili, come nella nota teoria del complotto cosiddetta «del Pizzagate», che circola negli ambienti trumpiani e di Qanon sin dal 2016, e che – meglio della fiction – sostiene ancora oggi che diversi rappresentanti democratici siano in realtà parte di una élite globale di pedofili e trafficanti di minori. In The Boys sono continui i rimandi a fatti realmente accaduti – come la ratifica dei risultati elettorali del 6 gennaio, che nel 2021 si è compiuta nonostante l’attacco dei manifestanti al Campidoglio americano – ed è forse anche questo il segreto del suo successo. Spiegare come può diventare lo scontro fra bene e male, se si traduce in uno scontro politico fra democratici e sostenitori di un sistema illiberale, come scrive Poniewozik. Solo che, dopo l’attentato contro Trump, agli autori deve essere sembrato tutto eccessivo, anche perché la serie è particolarmente violenta e splatter.
Non è la prima volta che una serie tv americana diventa talmente simile alla realtà da essere costretta a mettere dei confini, a spiegare al pubblico cosa sia reale e cosa no. Per esempio, dopo l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, erano state diverse le fiction televisive a parlare delle conseguenze dentro la società americana e di chi tentava di tenerla al sicuro, come 24 e Homeland. Ma l’America di oggi è quella che fa i conti con Donald Trump, le teorie del complotto, le accuse contro il «virus della mentalità woke», una parola traducibile anche semplicemente come modernità e diritti. E sempre più spesso un certo tipo di trumpismo si sovrappone con la propaganda russa. In un popolare programma tv politico che va in onda su Rossija 1, di recente Vladimir Solovyov, conduttore considerato tra i più fidati di Vladimir Putin, ha ospitato diversi commentatori per parlare dello stato del Partito democratico americano.
A un certo punto, dopo diverse battute sull’età del presidente americano Joe Biden che aveva da poco annunciato la rinuncia alla sua ricandidatura, è intervenuto Andrey Sidorov, preside della facoltà di Relazioni internazionali all’Università statale di Mosca, che ha parlato della vicepresidente Kamala Harris con una frase che ha fatto il giro del mondo: «Kamala con il pulsante nucleare è peggio di una scimmia con una granata».
Da quando si è fatta avanti l’attuale vicepresidente, in vista delle elezioni americane del prossimo novembre, la serie tv Veep, che è andata avanti dal 2012 al 2019, è tornata a essere di moda: parla di una vicepresidente incapace chiamata a correre le elezioni e del suo staff che fa i conti con la sua impreparazione. Il creatore della serie, David Mandel, ha dovuto dire chiaramente a «Vanity Fair»: «Capisco che le persone su internet non vedano l’ora di far passare la narrazione che Kamala Harris sia Selina, la protagonista del nostro show. Personalmente non lo accetto. È troppo semplicistico e non credo che sia divertente. Penso che lo stiano facendo per cercare di farla sembrare inferiore, e non mi piace». Intanto Kamala Harris avanza decisa: secondo un sondaggio dell’Associated Press, a fine luglio si era già assicurata il sostegno di un numero sufficiente di delegati democratici per diventare la candidata del suo partito contro Donald Trump.