Fosforo e cianobatteri, nodi gordiani del Ceresio

by Claudia

Ecosistema: si continua a registrare uno sviluppo abnorme di alghe microscopiche nel lago di Lugano, organismi autotrofi che, sedimentandosi, determinano un accentuato consumo di ossigeno

Il lago di Lugano è… malato. Non certo da oggi. Basti considerare, a mo’ di esempio, che già all’inizio del Novecento le autorità cantonali – preoccupate a causa di una grave e generale mortalità fra i pesci – avevano commissionato studi a eminenti ricercatori svizzeri e stranieri, prendendo atto che «il Ceresio ha un solo defluente, la Tresa, di modo che la rinnovazione dell’acqua non è possibile che in misura assai limitata, e poiché a Lugano tutte le fognature si versano nel lago, l’acqua in vicinanza delle cloache deve essere molto inquinata e anche la temperatura elevata dell’acqua del lago nella stagione calda potrebbe avere un effetto dannoso sull’organismo sensibilissimo degli agoni…» (batteriologo prof. dr. O.E. Vogel).

Previsioni, in un certo senso, di un’esattezza sconcertante, eppure allora non si mosse un sol dito. Nella seconda metà del secolo scorso, fra il coro di proteste e denunce sul degrado delle acque del lago (accentuato inquinamento) in conseguenza della scarsa volontà politica al cospetto di un «immenso tappeto di alghe che ondeggia mollemente e da cui si leva un odore acre di cose marce» (Antonio Maspoli), spiccano due eventi iconici: il «funerale del Ceresio» con un nugolo di barche e striscioni a Ponte Tresa (7 novembre 1981) e – due giorni dopo, il 9 novembre, nell’aula del Gran Consiglio – il clamoroso appello di Paolo Poma che, brandendo una bottiglia di acqua sozza prelevata nel golfo della dogana malcantonese, rivolgeva all’autorità un ennesimo appello a favore della salvezza del lago di Lugano. Quegli episodi, ma pure altri ovviamente, hanno scosso profondamente le coscienze della gente ma anche dei nostri governanti, imprimendo un’azione significativa, che è peraltro tuttora in atto, a livello di depurazione e di protezione delle acque.

Sensibile carenza di ossigeno

Ma i mali endemici del Ceresio – ricordando che il bacino imbrifero nord è di modeste dimensioni rispetto al volume per cui il tempo teorico di ricambio risulta parecchio elevato (12,3 anni) – sono lì da vedere: infatti, il processo di eutrofizzazione (in atto dagli anni Cinquanta!) ha provocato nelle acque profonde la scomparsa dell’ossigeno e l’aumento della densità salina. Fra le conseguenze più lampanti (drammatiche?), si registra ancora una sensibile presenza di fertilizzanti, in particolare il fosforo, che favorisce lo sviluppo abnorme di alghe microscopiche, le quali sedimentandosi determinano un accentuato consumo di ossigeno. Con la pesante conseguenza – nonostante i provvedimenti, in tempi recenti, nel conseguire una sensibile riduzione di apporti esterni di fosforo – che l’ossigenazione del Ceresio presenta dati tutt’altro che tranquillizzanti.

Secondo il rapporto 2020 sulle ricerche limnologiche, «i carichi esterni di fosforo (bacino nord con 18 tonnellate e bacino sud con 38,2 t) sono in rialzo e non ancora conformi agli obiettivi di risanamento. In entrambi i bacini del lago gli strati inferiori ai 50 metri rimangono permanentemente ipossici o anossici». Detto in parole più accessibili, l’ossigeno scarseggia e anzi a una determinata profondità è assente o comunque molto carente influendo sull’ecosistema lacustre e la sua biodiversità, mentre la presenza di fosforo determina una maggiore produzione di cianobatteri e di alghe.

L’anno scorso, come si ricorderà, ad agosto, in presenza di alte temperature, è balzato evidente un fenomeno piuttosto inquietante, ovvero in alcune zone (soprattutto a nord) si sono manifestate striature, anche ampie, di colore verde ma tendente al giallo ocra, colorazione anomala delle alghe provocata da cianobatteri. Una situazione tutto sommato sotto controllo, ma complessa. Con il rischio che in queste settimane di agosto, se continuerà il gran caldo, il copione si ripeta, magari a tinte ancora più fosche per la balneazione, la qualità delle acque, eccetera. Peggio di così!

Acque ricche di nutrienti

Illuminante, la relazione che Mauro Veronesi (capo dell’Ufficio della protezione delle acque e dell’approvvigionamento idrico alla Divisione dell’ambiente al Dipartimento del territorio) ha tenuto in una recente seduta della Sottocommissione italo-svizzera per la pesca (Cispp) sulla necessità di un adeguamento degli obiettivi sul fosforo nel lago di Lugano. Da oltre 40 anni, osserva, il Ceresio è monitorato nell’ambito delle attività di ricerca promosse dalla Commissione internazionale per la protezione delle acque italo-svizzere (Cipais; www.cipais.org). Un lago, come peraltro osservato anche sopra, che soffre di eutrofizzazione, con effetti indesiderati sulla qualità e la fruibilità delle acque: in primis, la mancanza di ossigeno sul fondo, ma anche la presenza di sostanze ridotte indesiderate (solfuri, metano, ammonio), fioriture, colorazione delle acque, eccetera.

Nel 2023, i cianobatteri – noti non soltanto per l’effetto ottico della colorazione delle acque, ma anche poiché producono tossine in grado di causare irritazioni cutanee, oppure gastroenteriti e disturbi epatici nel caso di ingestione d’acqua – sono stati protagonisti di «vistose fioriture in entrambi i bacini del lago: si tratta di microorganismi che trovano le loro condizioni ideali di crescita quando la temperatura dell’acqua supera i 25°C e quando ai periodi di forte irraggiamento solare si alternano fasi temporalesche in grado di veicolare nutrienti dal dilavamento dei terreni e delle canalizzazioni fognarie a sistema misto».

Depuratori da potenziare ma…

Da dove arriva tutto questo fosforo? «Proviene principalmente – risponde Mauro Veronesi – dalle economie domestiche, le cui acque di scarico sono trattate negli impianti di depurazione delle acque (IDA). Il Dipartimento del territorio, da oltre vent’anni, impone a tali impianti dei limiti allo scarico molto più restrittivi rispetto a quanto prevede l’Ordinanza sulla protezione delle acque [OPAc; 0.2 mg P/L (ndr. mg P/L = milligrammi di fosforo per litro) invece di 0.8 mg P/L], proprio nell’intento di limitare gli apporti di fosforo a lago. Orbene, la misura dipartimentale con limiti così restrittivi ha consentito il conseguimento di obiettivi di qualità per quanto concerne la concentrazione di fosforo nel Ceresio, fissata dalla Cipais a 30 µg P/L (µg P/L = microgrammi di fosforo per litro).

Questo traguardo non ha tuttavia migliorato in modo significativo la qualità delle acque del Ceresio: infatti, la produzione primaria rimane elevata (il doppio di quanto ci si propone), le fioriture sono purtroppo all’ordine del giorno e in profondità l’anossia è sempre presente (stabilmente nel bacino nord e stagionalmente in quello sud)». A questo riguardo, va sottolineato che «il progressivo aumento di temperatura delle acque dei laghi indotto dai mutamenti climatici agisce contro questa “cura dimagrante” a cui è sottoposto il lago, in quanto stimola il metabolismo e la capacità di alghe e cianobatteri di assimilare efficacemente il fosforo rimasto. Inoltre, gli inverni miti ostacolano il rimescolamento annuale della colonna d’acqua, accentuando l’anossia di fondo». Ecco perché, secondo Veronesi, è necessario ridurre ulteriormente la concentrazione del fosforo nel lago, abbassando il limite a 20 µg P/L.

Questo obiettivo, precisa, «può essere teoricamente raggiunto riducendo i carichi totali di fosforo a 16 tP/a (ndr. tP/a = tonnellate di fosforo all’anno) sul bacino nord e a 21 tP/a sul bacino sud». In verità, i margini di manovra sul fronte della depurazione sono estremamente limitati, anche se si stanno ristrutturando e potenziando taluni impianti di depurazione acque (Ida) nell’intento soprattutto di attivare nuovi trattamenti per microinquinanti (da non confondere con le microplastiche), costituiti essenzialmente da metalli pesanti, residui di prodotti chimici e farmaceutici, pesticidi e via dicendo.

In concreto, al depuratore di Bioggio nei prossimi 7-8 anni si spenderanno circa 75 milioni di franchi per il completo rinnovamento della linea acqua, dove verranno impiegati carboni attivi nel contesto della cosiddetta «quinta fase», mentre per l’impianto di Pizzamiglio l’ampliamento (circa 45 milioni in 4 anni) si punta alla biofiltrazione e alla lotta dei microinquinanti per avere acque più depurate. Tali ampliamenti beneficeranno di importanti sussidi cantonali e federali. E tutto ciò in un momento in cui le ristrettezze finanziarie da parte del Cantone ma anche dei Comuni ventilano minacciosi tagli alle spese, lasciano non solo spazi sempre più risicati ma pongono anche seri interrogativi sulle priorità negli investimenti.

Alla cassa anche i Comuni

Ma non basta lo sforzo a livello di depuratori. Occorre pure chiamare in causa i singoli Comuni, in particolare quelli rivieraschi. Essi sono chiamati ad aumentare gli sforzi per separare le reti delle canalizzazioni, costruire bacini per acque miste e adeguando i propri Piani generali di smaltimento delle acque (Pgs), spesso datati. Nel sistema misto confluiscono sia le acque luride domestiche sia quelle meteoriche: quando le piogge sono particolarmente intense e le canalizzazioni sono sovraccariche, si verificano degli sfioramenti di acque di scarico diluite direttamente nei ricettori (fiumi e laghi). La separazione di queste reti miste in condotte per acque luride e per acque meteoriche dedicate è molto onerosa (soprattutto nei centri abitati) e richiede lungo tempo per essere realizzata, ma consentirà di ridurre ulteriormente gli apporti di nutrienti al lago durante le forti piogge. Si stima infatti che il carico di fosforo proveniente dal sistema delle canalizzazioni miste costituisca circa il 25% del carico complessivo convogliato nel lago.

Limite da ridurre, e come!

E non è ancora tutto a proposito di fosforo, soggiunge il capo dell’Ufficio protezione acque e approvvigionamento idrico Mauro Veronesi riferendosi a una recente pubblicazione della Supsi, puntualizzando che la concentrazione di fosforo in grado di garantire una sufficiente ossigenazione per tutto l’anno dovrebbe essere di 12-14 µg P/L: «La concentrazione di 20 µg P/L costituisce, dunque, una tappa intermedia sulla via del risanamento del lago e non vi è da attendersi un miglioramento repentino della qualità delle acque con l’introduzione di questo nuovo limite. Parimenti, non vi è da aspettarsi una diminuzione significativa della biomassa algale, dello zooplancton e, di conseguenza, della produttività ittica. Il che significa, a mo’ di auspicio, che questo abbassamento del limite deve spingere i Comuni in riva ai laghi a migliorare ulteriormente lo smaltimento delle acque sul proprio territorio».

Accesso in acqua in sicurezza

Sempre in riferimento a pigmenti di alghe e fioriture di cianobatteri che incalzano e pesano addosso sempre più ai laghi, rendendoli minacciati e ponendo problemi non di poco conto dal profilo della salubrità delle acque di balneazione del Ceresio (mentre sinora il Verbano non è stato soggetto a questo fenomeno), i Dipartimenti della sanità-socialità e del territorio hanno messo in atto per quest’estate una campagna informativa per la sicurezza dei bagnanti, come pure una rete di monitoraggio per i due laghi da parte dell’Osservatorio ambientale della Svizzera italiana (Oasi).

Lo scopo è ampliare la sezione relativa ai dati sulla qualità delle acque e integrare quelli relativi ai due bacini sublacuali raccolti in continuo e in tempo reale da boe limnologiche e da sonde automatiche (nei pressi di Porto Ronco per il Verbano e a Castagnola sul Ceresio).

Il dispositivo presente nel lago di Lugano dispone, in aggiunta, di una sonda collocata a 15 metri di profondità; inoltre, a complemento delle due piattaforme di misura, alcune sonde installate sui moli galleggianti situati in territorio di Riva San Vitale, Vico Morcote e Magliaso consentono di ampliare la rete di monitoraggio a costi contenuti. Infine, grazie a ulteriori miglioramenti adottati, si è creato un sistema di avviso tempestivo, monitorando così l’evoluzione in tempo reale, in particolare per quanto riguarda i fenomeni di fioritura algale e la presenza di cianobatteri, a vantaggio dell’accesso all’acqua in sicurezza.

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